Bari e la droga della mafia nigeriana: 8 arresti della polizia

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BARI – Era un narcotraffico parallelo a quello gestito dai clan mafiosi storici della città quello in mano ai nigeriani del quartiere Libertà. Il loro giro – hanno accertato le indagini della Dda – era quello dei pusher connazionali, a Bari ma anche in altri territori della Puglia, della Basilicata e della Campania. Ieri all’alba la Squadra Mobile ha sgominato la banda di trafficanti: otto persone sono finite in carcere, altre dieci risultano indagate in stato di libertà. I reati contestati sono traffico e spaccio di sostanze stupefacenti.

i luoghi dello spaccio L’organizzazione criminale, hanno documentato le indagini dei poliziotti guidati dal primo dirigente Filippo Portoghese e coordinati dal pm Antimafia Daniela Chimienti e Federico Perrone Capano, aveva base operativa nel quartiere Libertà, tra via Calefati e via Ettore Fieramosca, dove stoccavano la droga, la custodivano in casa e la distribuivano alla rete dei pusher. Uno dei principali luoghi di ritrovo tra i sodali per la gestione dei traffici illeciti, poi, sarebbe stato un negozio etnico in via Principe Amedeo. Nel capoluogo le piazze di spaccio principali sotto il controllo dell’associazione ruotavano intorno alla stazione centrale, piazza Moro e piazza Umberto.

la nuova droga Il sodalizio criminale, composto principalmente da cittadini di nazionalità nigeriana, commercializzava prevalentemente marjuana, ma non disdegnava il business di altri fiorenti traffici, come il tramadol, un farmaco antidolorifico oppiaceo, molto diffuso tra i combattenti in Nigeria per non sentire la fame e somministrato qui a pusher e corrieri per aumentarne le prestazioni.

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I fatti contestati risalgono agli anni 2019-2020. Complessivamente sono 73 gli episodi di spaccio documentati. Al vertice del gruppo – stando a quanto emerso dalle indagini – c’erano i coniugi Ifieanyi John Ezeiru e la moglie Becky Oluchi Okoye: lui gestiva il traffico, tenendo i rapporti con fornitori e i clienti, lei la cassa e lo stoccaggio della droga, che avveniva in casa di un altro sodale.

la rete dei narcos L’indagine è partita da una segnalazione della Direzione centrale per i servizi antidroga del Ministero dell’Interno a dicembre 2018 dopo l’arresto a Monaco di Baviera di un cittadino nigeriano trovato con oltre 2 chili di marijuana che, rivelò l’arrestato, gli era stata fornita nella stazione di Bari da un connazionale residente in Puglia, poi identificato in Ezeiru I narcotrafficanti nigeriani – hanno quindi scoperto gli investigatori nei due anni di indagini – vendevano all’ingrosso, rifornendo direttamente spacciatori, in gran parte stranieri, attivi nelle piazze di spaccio delle province di Bari, Taranto, Matera, Salerno e Napoli, ma è stato anche riscontrato un canale di rifornimento estero, grazie a contatti con spacciatori nigeriani in Germania e anche con personaggi della criminalità brindisina.

il linguaggio criptato L’indagine è stata ribattezzata «Short Nica», espressione che, nel linguaggio utilizzato dai narcos nigeriani e captato dagli investigatori, significa «pantaloncino», riferendosi alla quantità di sostanza stupefacente solitamente ceduta agli spacciatori, pari a mezzo chilo. Analizzando decine di conversazioni, infatti, i poliziotti hanno decodificato i termini usati per criptare i messaggi: food, big e small Peroni (come la birra barese, ma ad indicare in questo caso le dosi di droga), pantaloni e pantaloncini, solo per citarne alcuni. Oltre alle intercettazioni, l’inchiesta si è avvalsa di video-registrazione e attività di pedinamento, supportati dalle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia nigeriano, lo stesso che aveva rivelato gli abusi e i traffici dei suoi connazionali all’interno del Cara di Palese. In totale, sono stati sequestrati 25 chili di sostanza stupefacente e 1000 pasticche di tramadol. Nel corso dell’attività di indagine, inoltre, sono emersi collegamenti di alcuni componenti della gang con la confraternita nigeriana di matrice cultista dei «Black Axe – Aye».

l’allarme della politica L’inchiesta, secondo il senatore barese Filippo Melchiorre, componente della Commissione parlamentare antimafia, dimostra «che la mafia nigeriana è un gruppo criminale attivo nel nostro Paese e che dispone di un vero è proprio esercito di immigrati soprattutto irregolari utilizzati come spacciatori nelle nostre piazze». E annuncia che chiederà «in sede di Commissione parlamentare antimafia una seduta monotematica sulla portata di questo fenomeno in Italia, una mafia che si sta impossessando delle nostre città».



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