Dal 2010 a oggi il fatturato delle telecomunicazioni italiano si è ridotto del 35% per un ordine di grandezza prossimo ai 15 miliardi. Nonostante gli ingenti investimenti realizzati dagli operatori, il settore continua a essere penalizzato da una pressione costante sui prezzi. Una situazione insostenibile nel lungo termine, che rischia di compromettere la capacità degli operatori di continuare a investire in infrastrutture strategiche, come la fibra ottica e il 5G. Uno scenario che richiede una trasformazione radicale del settore, con investimenti rivolti a realizzare il passaggio da fornitori di pura connettività a provider di servizi Ict nell’ambito di un’architettura di rete cloud-to-edge.
Fastweb-Vodafone, Tim, WindTre, Iliad: quale futuro può avere la riorganizzazione avviata dai big delle tlc? Secondo Asstel, i ricavi da servizi Ict nel 2023 sono aumentati del 14% e corrispondono al 10% del fatturato complessivo del comparto, pari a 27 miliardi. Un mercato, quindi, ancora tutto da sviluppare. «Modernizzazione delle reti aziendali, infrastrutture di comunicazione alternative alle attuali. Per le telco la scommessa è realizzare lo stesso cambiamento avvenuto nell’IT, dove l’infrastruttura on-premise è progressivamente migrata al cloud», afferma Antonio Capone, professore di telecomunicazioni del Politecnico di Milano, nell’intervista a Industria Italiana. Se da una parte il focus delle tlc è la generazione di nuovo business, gli operatori rivendicano il “fair share”, quello che dal loro punto di vista è “l’equo contributo” che le piattaforme digitali devono pagare ai fornitori dei servizi di telecomunicazione, in quanto generatori di traffico dati sulle reti di banda ultra-larga. Una richiesta del tutto legittima, ma non sufficiente per rivitalizzare il settore. Così come non è sufficiente la sola costruzione di data center. Il rischio è infatti ricadere nella logica del passato: essere intermediari infrastrutturali dei servizi offerti dagli Ott (Over the top). «Con i nuovi data center si costruisce capacità di calcolo, ma poi i servizi e le piattaforme ce li mettono i vari Amazon, Google, Aws e Microsoft», dice Capone. Nuovi modelli di business vanno quindi ricercati nell’ambito di una collaborazione strategica con gli hyperscaler e nella definizione di una connettività cloud-to-edge a supporto della trasformazione digitale.
Essenziale, in questo scenario evolutivo, è rinnovare la filiera delle tlc, dando vita a un ecosistema industriale fondato sulla combinazione di una molteplicità di competenze, da quelle dei cloud provider a quelle di system integrator e software house, per sviluppare applicazioni basate su una connettività enterprise a valore aggiunto. Evoluzione, in cui entrano in gioco il 5G e le private network industriali, mercato dalle grandi potenzialità, ma ancora all’anno zero, che secondo Asstel nel 2025 potrebbe generare un volume d’affari di circa 200 milioni. Ecco lo scenario di mercato delle tlc e le riflessioni emerse dall’intervista con il professore del Politecnico, coordinatore scientifico di Restart, il programma di ricerca italiano per lo sviluppo del settore finanziato dall’Unione Europea.
La dimensione di fatturato di Tim, Fastweb-Vodafone, Windtre e Iliad e lo scenario di mercato delle tlc in Europa. Dal 2010 ad oggi l’Italia è il Paese dove si è registrata la maggiore contrazione di ricavi
Secondo il report Mediobanca, in Europa il primo mercato telco è quello tedesco, con un fatturato di 59,9 miliardi di euro nel 2023, in crescita dell’1,3% sul 2022, seguito da Regno Unito con 37,7 miliardi (+3,1%), Francia con 37,6 miliardi (+2,5%) e Spagna con 28,3 miliardi (-0,9%). L’Italia resta indietro. Si ferma in quinta posizione con un fatturato di 27,1 miliardi di euro, in recupero dello 0,8% sull’anno precedente, ma la sua ampia contrazione nel quinquennio (-9,7%) rappresenta l’unico ridimensionamento tra i principali paesi del vecchio continente. Nel periodo 2010-2013 il mercato delle tlc italiane ha perso il 35% del suo valore iniziale, seguita dalla Spagna che ha avuto una decrescita del 26, dalla Francia che ha perso il 12%, e dalla Germania (- 2%).
Riguardo al comparto italiano, dati 2023, Tim (attività italiane) è prima con un fatturato di 11,9 miliardi (+0,5% sul 2022) davanti a Vodafone con 4,8 miliardi (+0,4%), WindTre con 4,1 miliardi ( -3,4%) e Fastweb con 2,6 miliardi (+6,2%). In quinta posizione Iliad con 1,1 miliardi e una crescita del 16,5% su base annua. Mercato che si va consolidando. Dall’unione con Vodafone Italia, la nuova Fastweb svilupperà ricavi pari a 7,4 miliardi, con la previsione di estrarre sinergie per 600 milioni annui entro il 2029.
Le telco sono alla ricerca di una nuova identità per recuperare la redditività che si è persa da quando, oltre 30 anni fa, si è compiuta la liberalizzazione del mercato. La competizione, da allora giocata soprattutto sulla guerra dei prezzi, si sposta ora sui servizi a valore aggiunto. C’è chi sostiene che nell’arco dei prossimi 4 anni questi servizi possano rappresentare oltre il 30% del giro d’affari delle tlc, con un incremento medio annuo stimato al 20%. Cosa ci possiamo aspettare in futuro?
Per quanto venga enfatizzato, il mercato enterprise degli operatori è una frazione residuale del business delle telco, che continua a essere sostanzialmente fatto di connettività. Insomma, nonostante gli sforzi degli operatori la diversificazione del business non è così facile da ottenere. Sono convinto che il futuro delle tlc lo si debba ricercare nella connettività. In questa prospettiva gioca un ruolo fondamentale il 5G, connettività che potrebbe aprire la strada a un nuovo paradigma nella costruzione delle reti aziendali. L’idea è che le telco possano introdurre lo stesso modello di business introdotto dal cloud, che ha portato nel tempo a un’esternalizzazione dell’infrastruttura IT. Purtroppo, ci sono ancora molte resistenze. Le aziende non attribuiscono un valore sufficiente alla connettività fornita dagli operatori. Si preferisce continuare a investire in soluzioni cablate e wi-fi industriali. Insomma, il problema, come afferma Caputo, «È che la trasformazione digitale non è stata ancora accompagnata da una trasformazione della connettività. È un peccato perché si sta rinunciando a opportunità gigantesca e non ci sono segnali di cambiamento imminenti».
D: Si parla di edge to cloud, di micro datacenter che assolverebbero la funzione di potenza di calcolo alla periferia della rete. Un paradigma di comunicazione per accedere a servizi applicativi in modo più veloce con capacità di elaborazione locale. A che punto siamo?
R: I cambiamenti tecnologici della rete stanno trasformando un’infrastruttura che finora è stata fortemente basata su piattaforme hardware specializzate in un sistema principalmente basato su software e piattaforme hardware di uso generale. Il processo si è consolidato negli ultimi anni per quanto riguarda la core network e le piattaforme di servizio degli operatori di telecomunicazioni, ed ha portato alla nascita di piattaforme telco-cloud che costituiscono la componente tecnologica fondamentale per lo sviluppo di servizi di connettività e a valore aggiunto. Un cambiamento tecnologico che richiede investimenti in mini e micro-data center distribuiti sul territorio e che necessita di alleanze strategiche con gli hyperscaler. Si vuole realizzare un’architettura digitale di prossimità, il più vicino possibile alla fonte dove vengono generati i dati. Tuttavia, è un modello che non ha ancora trovato una chiara collocazione sul mercato. Anche in questo caseo il rischio creare infrastruttura di rete e di calcolo senza che vi siano reali applicazioni che le possano sfruttare.
D: E quindi, che fare?
R: Il vero potenziale sono le reti private. Ma perché si sviluppino si deve concepire la rete in modo diverso da quanto si fatto finora. Non più come infrastruttura privata ma come infrastruttura dell’operatore. Il problema è che questo modello al momento non decolla perché non si capisce come fare a venderlo. La verità è che le tempistiche di sviluppo sono decisamente più lente di quello che ci si poteva aspettare. Se ancora non si vedono i vantaggi, non sono però scomparse le opportunità. Per il momento il 5G è un fiasco. Lo sviluppo delle reti private è stato decisamente sotto le attese e questo ha una serie di motivazioni legate soprattutto al fatto che il mondo industriale è ancora fortissimamente affezionato alle proprie reti. All’alternativa telco non ci credono, prevale una logica conservativa. La Sim dentro la fabbrica prevede connettività pubblica e quindi la possibilità di estendere le soluzioni alla logistica e alla supply chain. Si ha la possibilità di utilizzare una connettività non solo dentro il sito industriale ma anche fuori. Ma per sviluppare questo modello deve esserci una domanda che ancora non è decollata.
D: Private network 5G, un mercato frenato. Quale il vero motivo? Forse perché nella maggior parte dei casi l’attuale connettività wireless viene ritenuta soddisfacente?
R: Non è vero. Come Restart abbiamo fatto un’indagine sulla domanda 5G. Ebbene, mediamente emergono alti livelli di insoddisfazione rispetto alle infrastrutture di comunicazione di cui si dispone. Tuttavia, questa insoddisfazione non è sufficiente a fare il salto verso un cambiamento radicale che contempli una connettività radiomobile. Rispetto all’alternativa telco c’è un atteggiamento conservatore. Ovviamente la colpa è anche dell’offerta che non riesce a percepire come impostare i progetti innovativi di connettività infrastrutturale. Cosa che invece è avvenuta per il cloud dove a un certo punto i data center e le applicazioni interne hanno mostrato i limiti e si è iniziato a investire per la migrazione. In linea teorica è una logica di transizione che potrebbe anche avvenire per le reti industriali. Credo che questo sia l’unico modo per smuovere la situazione. Certo, bisogna aver pazienza, ma non è possibile immaginare che il mondo industriale continui ad avere a che fare soltanto con connettività costruita e gestita internamente e non presa a servizio, che va benissimo per molte applicazioni, ma ha delle limitazioni.
D: Considerato che l’idea dei telco operator è proporsi come fornitori di soluzioni e servizi digitali nel breve e medio termine non potrebbe verificarsi una convergenza tra mondo telco, software house e system integrator del mondo IT? Insomma, è possibile che vi siano delle acquisizioni importanti in quest’area?
R: In linea di principio non sarebbe una cattiva idea, ma non vedo nessun segnale in questo senso. I telco hanno una capacità finanziaria estremamente ridotta, non la spendono sicuramente per fare acquisizioni di system integrator. Con questi soggetti puntano piuttosto a creare partnership più forti. Ma anche il fronte dei system integrator ha delle colpe nel ritardo che si è accumulato nella modernizzazione dell’infrastruttura di connettività aziendale. Non si sono sviluppate le competenze per far decollare le aspettative dei telco. Ancora adesso i fornitori Ict non sono perfettamente inseriti all’interno dell’ecosistema di offerta business degli operatori. Insomma, lo sviluppo di soluzioni innovative non c’è stato.
D: In uno scenario di questo tipo, quale sarebbe la funzione di chi sviluppa una rete aziendale a servizio, gestita da telco operator?
R: Spingere allo sviluppo di nuove applicazioni oppure fare retrofitting di applicazioni già esistenti grazie alla flessibilità dovuta al cambio da dare rete fissa a rete radio mobile. Gli scenari sono i più diversi. Creare soluzioni di realtà virtuale per operatori sul campo, offrire supporto per monitoraggio e manutenzione remota, per fare automazione con applicazioni di intelligenza artificiale. Tutte le applicazioni che sono state pensate per un aumento di produttività e di efficienza del mondo industriale non sono state finora associate a una strategia di connettività. Ogni esigenza di trasformazione digitale ha bisogno di avere una strategia di connettività che individui le tecnologie che possano supportare al meglio la modernizzazione dell’IT aziendale. Insomma, la trasformazione digitale non può essere disgiunta da una trasformazione della connettività. Senza quest’ultima non si colgono tutte le opportunità che possono derivare dallo sviluppo di nuove applicazioni.
Non è pensabile immaginare che non ci sia una connettività avanzata, non proprietaria. Il processo di cambiamento sta avvenendo lentamente, ma non è escluso che le cose possano prima o poi prendere una piega diversa.
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