L’anno 2025 si è aperto per il personale della scuola con un aumento stipendiale: come abbiamo avuto modo di scrivere, l’incremento applicato si deve al mancato rinnovo del contratto di lavoro 2022/24 Istruzione, Università e Ricerca, per il quale siamo ancora in alto mare con l’atto di indirizzo fermo alla Funzione Pubblica, che ha portato ad applicare con l’inizio dell’anno solare una somma pari a 6,7 volte l’indennità di vacanza contrattuale già presente in busta paga dalla fine del 2023 in via ordinaria (cifra che varia da 6,84 euro a 17,41 euro). Dall’attuale mese di gennaio, dunque giunti nel cedolino dello stipendio – di fianco alla voce “975/ – Anticipo rinnovo CCNL 2022-2024” – tra i 45 euro lordi, destinati collaboratori scolastici precari o fino a 8 anni di anzianità, fino ai 116,65 euro lordi, assegnati ai dirigenti scolastici.
L’anticipo sugli incrementi economici che verranno introdotti con il nuovo contratto collettivo nazionale di lavoro è contrassegnato nel cedolino ogni dipendente della scuola ha oggi in busta paga questo elemento stipendiale con un codice aggiuntivo che identifica il proprio suo profilo professionale.
Ad aprile 2025, poi, scatterà un altro piccolo aumento: sarà collegato al mancato rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro del triennio successivo, il 2025-2028, la cui prima tranche di finanziamenti è stata già prevista nella Legge di Bilancio di fine 2024.
È bene ricordare che sia l’indennità di vacanza contrattuale di gennaio, sia quella del prossimo mese di aprile, rappresentano degli anticipi del nuovo contratto di lavoro: questo significa che quando si definirà nero su bianco il Ccnl all’Aran, i docenti e Ata si ritroveranno in busta paga solo circa la metà dell’aumento contrattuale pattuito con la parte pubblica; l’altra metà, infatti, è quella che stanno usufruendo in anticipo proprio attraverso l’indennità di vacanza contrattuale.
Considerando, inoltre, che stiamo parlando sempre di cifre lorde, anche stavolta l’incremento reale dello stipendio sarà davvero ridotto: soprattutto, se consideriamo che nel corso del triennio di riferimento, quindi tra il 2022 e il 2024, il costo della vita è cresciuto di oltre il 16%.
Per non parlare del gap rispetto ai docenti non italiani. “Il personale scolastico non merita aumenti così irrisori – ha detto Elvira Serafini, segretaria generale Snals-Confsal – , perché la sua valorizzazione deve essere validata a parole ma anche a fine mese, attraverso stipendi adeguati che continuano a rimanere troppo al di sotto rispetto ai livelli retributivi europei”.
Il sindacato è tornato a chiedere interventi di finanza pubblica: “occorrono ulteriori risorse economiche per arrivare a coprire almeno la metà della perdita del potere di acquisto dei salari, così come prevede la legge vigente – ricorda Serafini -: considerando che l’inflazione dal 2021 è cresciuta di quasi il 20%, occorre incrementare l’indennità di vacanza contrattuale di almeno tre punti percentuali”. Per questo, “auspichiamo che il rinnovo contrattuale nasca sotto una stella diversa, con incrementi più consistenti rispetto a quelli già previsti dall’ultima legge di bilancio. La scuola, lo ripetiamo da anni, non è un costo, ma un serio investimento di cui alla lunga beneficia ogni italiano”.
Ad intervenire è anche la Flc-Cgil, secondo cui anche con queste indennità “di fatto, in assenza di nuovi stanziamenti, gli stipendi del personale del comparto “Istruzione e ricerca” subiranno un drastico e ulteriore impoverimento”.
Il sindacato guidato da Gianna Fracassi, pertanto, “rivendica nuovi investimenti al fine di valorizzare pienamente il lavoro di chi presta servizio nella scuola e in tutti i luoghi del sistema pubblico di istruzione”.
L’Anief ha calcolato che “nel 2009 lo stipendio del personale dell’Istruzione e Ricerca prevaleva in media di circa mille euro rispetto ai dipendenti degli altri ministeri, mentre dal 2019, dopo la firma del CCNL 2016/18, si è posizionato 6 mila euro indietro”. Secondo il leader del sindacato nato a Palermo, Marcello Pacifico, la colpa è tutta “dei governi che hanno operato in quel decennio, con contratti bloccati e risorse ridotte ai minimi termini, ma anche dei sindacati, quando l’Anief non era ancora rappresentativa, che hanno detto sì a un contratto collettivo nazionale che ha portato appena il 3,5% di incremento stipendiale”.
“Dopo avere sottoscritto un anno fa il Ccnl 2019/22 con circa il 5,7% di aumento – continua il sindacalista – puntiamo a rinnovare un nuovo contratto con una percentuale di almeno il 6%. Inoltre, è obiettivo del nostro sindacato migliorare di molto la parte normativa”.
Nel frattempo, però, ancora l’Anief contesta la percentuale di indennità di vacanza contrattuale prevista per legge: l’incremento dovuto “al mancato rinnovo del Ccnl 2022-24 è di appena il 3,35%, mentre il Mef ci dice che l’inflazione dello stesso triennio è arrivata addirittura al 16,3%”. Dopo avere ricordato che l’indennità deve coprire per legge la metà del costo della vita fissato dall’Istat (quindi l’8,15%), l’Anief sostiene che “manca il 4,36%: una sottrazione indebita a un milione circa di lavoratori che ha sottratto loro tra i 59,53 euro ai 128,96 euro al mese. A cui si aggiungono tra i 3 mila e i 4 mila euro di arretrati. Per questi motivi, il sindacato “ha avviato dei ricorsi pilota in tribunale, con inclusa la richiesta di opposizione alla prescrizione, così da recuperare il maltolto e anche gli arretrati”.
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