La piazza serba ottiene un primo risultato, dopo mesi di proteste contro la corruzione nel governo di Belgrado scatenate dall’incidente alla stazione di Novi Sad, dove il crollo di una pensilina della stazione ha provocato la morte di 15 persone il 1° novembre 2024. Una tragedia che è diventata l’innesco di malumori sociali e politici cresciuti in 13 anni presidenza del nazionalista Alexander Vucic.
Il primo ministro serbo Milos Vucevic ha annunciato le sue dimissioni in un discorso alla nazione, martedì. Belgrado è bloccata da 24 ore per l’ennesima mobilitazione che riunisce studenti, professori e avvocati, insieme ad alcuni sindacati e forze di opposizione, che da mesi chiedono che le autorità si assumano la responsabilità dell’incidente di Novi Sad.
La procura ha accusato 13 persone per il crollo della tettoia, tra cui un ministro del governo e diversi funzionari statali. Ma l’ex ministro dell’edilizia Goran Vesić è stato rilasciato, alimentando i dubbi sull’indipendenza delle indagini. La stazione ferroviaria principale di Novi Sad è stata ristrutturata due volte negli ultimi anni, da un consorzio di aziende che includeva anche imprese statali cinesi.
I manifestanti hanno additato il disastro come un esempio della corruzione e della negligenza delle autorità, ma anche di mancanza di trasparenza e autoritarismo, in un Paese che sotto Vucic ha moltiplicato cantieri edilizi e i grandi opere. Vucic è accusato di aver impresso una svolta autoritaria alla Serbia e limitare le libertà democratiche, nonostante abbia formalmente cercato di far aderire la Serbia all’Unione Europea.
Il movimento di protesta ha chiesto la pubblicazione di tutti i documenti relativi alla ristrutturazione della stazione, che era appena stata completata, l’arresto di chi ha attaccato fisicamente studenti e insegnanti dall’inizio delle proteste, la revoca delle accuse contro gli studenti arrestati, ma anche un aumento del 20% del bilancio destinato all’istruzione superiore.
La settimana scorsa il governo serbo aveva pubblicato gli ultimi 925 documenti relativi alla costruzione della stazione ferroviaria di Novi Sad. “Abbiamo consegnato letteralmente tutto ciò che abbiamo. Non c’è più alcuna documentazione non pubblicata riguardante la costruzione della stazione ferroviaria di Novi Sad”, ha detto Alexander Vucic.
Durante questi mesi di manifestazioni non sono mancate tensioni, arresti e violenze. Decine gli episodi di scontri tra manifestanti pro e anti-governativi. In due casi, due guidatori hanno lanciato l’auto sui blocchi stradali, ferendo gravemente alcuni manifestanti.
Il presidente serbo ha accusato i manifestanti di essere agenti stranieri e in più occasioni ha convocato contro-manifestazioni di sostenitori del suo “Partito progressista serbo” (Snc), a dispetto del nome vicino all’estrema destra in Europa e, secondo i critici, ispirato al movimento Russia Unita di Vladimir Putin a Mosca. Anche il premier dimissionario Vucevic ha fatto esplicito riferimento a manifestazioni organizzate dall’estero, durante il suo discorso di martedì.
Vucevic, 51 anni, era alla guida del governo serbo dal maggio scorso, dopo essere stato ministro della Difesa e in precedenza a lungo sindaco di Novi Sad, seconda città della Serbia nel nord del Paese, capoluogo della Voivodina, la regione più ricca e sviluppata del Paese balcanico. Alla guida del governo era subentrato a Ana Brnabic, prima donna premier in Serbia, capo del governo per due mandati nel corso di sette anni. Annunciando le sue dimissioni, Vucevic ha detto di aver preso la decisione allo scopo di non complicare ulteriormente la già difficile e tesa situazione sociale nel Paese.
Nelle settimane scorse il presidente Vucic aveva già annunciato un rimpasto di governo: una “ricostruzione ampia e urgente” del governo. Secondo Vucic: “In questi tempi politici difficili, è diventato evidente chi è disposto a combattere e chi no, chi è pronto a lavorare e chi preferisce nascondersi. Per questo motivo, mi aspetto che più del 50% degli attuali ministri venga sostituito in una riorganizzazione molto urgente”. La presidente dell’Assemblea nazionale, Ana Brnabić, aveva già annunciato che il parlamento avrebbe discusso la fiducia al premier Vucevic.
La Serbia non fa parte né della Ue né della Nato, essendo militarmente neutrale, ed è l’unico nel continente europeo a non aver aderito alla sanzioni contro la Russia. Il Paese ospiterà l’Expo nel 2027 a Belgrado.
Il presidente ha rifiutato la richiesta di amnistia per i manifestanti venuta dall’opposizione, ma ha dichiarato che lo stato soddisferà anche la richiesta degli studenti di aumentare del 20% i fondi per l’istruzione universitaria, portando il totale a 72,06 miliardi di dinari, circa 615 milioni di euro.
La crisi politica in Serbia è giunta a soli tre giorni da un atteso vertice intergovernativo con l’Italia, in programma a Belgrado il 31 gennaio con la presenza della premier Giorgia Meloni e di diversi ministri italiani. Un vertice del quale si attende ora conferma.
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