Morti sul lavoro, l’appello dell’operaio Marco Bazzoni: «Smettiamo di chiamarle morti bianche. Ognuno di noi ha il diritto di tornare a casa dalla sua famiglia a fine giornata»

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Michele Sergio, 57 anni, Eugen Daniel Vasiliu, 38 anni, Francesco Stella, 38 anni, Claudio Garassino, 54 anni, Patrizio Spasiano, 19 anni, Luca Guerrini, 52 anni, Roberto Zanoletti, 56 anni, Carmelo Longhitano, 51 anni, Gino Creuso, 62 anni, Rocco D’Ascanio, 68 anni, Luca Oldano, 32 anni, Mario Morina, 59 anni, Petre Zaim, 58 anni, Cheikh Ndiaie, 32 anni, Felice Ferrara, 44 anni. Sono i nomi di alcuni degli operai morti sul lavoro tra la fine del 2024 e l’inizio del 2025. Vittime del lavoro, ognuna con una storia, famiglie a casa rimasti ad aspettarli invano. «Non possono più bastare parole di sdegno: occorre agire, con responsabilità e severità. Gli incidenti mortali – tutti – si possono e si devono prevenire», aveva detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nel il tradizionale discorso di fine anno dal Quirinale. Ma poche ore dopo, la prima vittima: Francesco Stella. È morto a Lamezia Terme, in Calabria, cadendo dall’impalcatura su cui stava lavorando, nel cantiere di un azienda di profilati. È precipitato da un altezza di circa sei metri.

In base ai dati raccolti dall’Osservatorio di Bologna, il 2024 si è concluso con 1481 persone morte sul lavoro. «L’articolo 41 della Costituzione dice: “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana». Come mai, allora, le morti sul lavoro continuano ad accadere?». A parlare è Marco Bazzoni, operaio metalmeccanico di Barberino Tavarnelle, nei pressi di Firenze, delegato alla sicurezza all’interno della fabbrica in cui è occupato. Per il suo impegno a sostegno dei diritti degli operai e contro le morti sul lavoro ha ricevuto diversi riconoscimenti. «Dovremmo essere tutti profondamente indignati, quando nel 2025 accadono delle tragedie sul lavoro, ma non mi sembra sia così», continua Bazzoni che da diversi anni tiene un personale osservatorio delle vittime del lavoro con l’obiettivo di ricordare chi erano e le loro storie. «Un Paese civile non può permettersi tutte queste morti sul lavoro. In Italia, c’è sempre un’emergenza che viene prima della salute e sicurezza sul lavoro. Quando la salute e sicurezza sul lavoro dovrebbe essere al primo posto, nell’agenda di qualsiasi partito politico».

Quando ha iniziato a monitorare le morti sul lavoro?

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«Ho iniziato ad occuparmi di sicurezza sul lavoro dal 2003, avevo solo 29 anni. Tra poco ne faccio 51. Ma è da m aggio 2005 che ho iniziato a monitorare le morti sul lavoro. In pratica quasi 20 anni fa».

Perché ha iniziato?

«Su mezzi d’informazione se ne parlava raramente o solo quando accadevano grandi stragi sul lavoro. Se guardo ad oggi, rispetto a quando ho iniziato, la sensibilità dei media su queste tragedie è aumentata e se ne parla di più che in passato. Ma ancora tanto resta da fare, bisognerebbe parlarne di più e in fase preventiva e non solo a tragedie già avvenute. La sicurezza sul lavoro è molto importante. In un Paese civile, dovrebbe essere al primo posto nell’agenda di qualsiasi partito politico. Ma non mi sembra che sia così. Inoltre è a dir poco assurdo, che nel 2025 queste morti vengano definite ancora da troppi, con il termine ipocrita morti bianche».

Perché a suo parere?

«Non c’è mai nulla di bianco in una morte sul lavoro. Inoltre, basta parlare di numeri. Non sono fredde statistiche, sono persone. Invece c’è chi parla sempre e solo di numeri, quando accadono queste tragedie rovinano famiglie e rendono tanti giovani orfani e soli».

Lei è un operaio metalmeccanico. Qual è la sua esperienza in fabbrica?

«Lavoro in  fabbrica da quando avevo 20 anni e da oltre 30 anni in un’azienda che produce macchine enologiche e olearie. Sono Rsu e Rls, ovvero rappresentante dei lavoratori per la sicurezza dal 2003. È una figura che viene eletta dai lavoratori e si occupa di tutte le questioni attinenti alla salute e sicurezza sul lavoro nell’azienda in cui lavora».

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«In pratica fa da filtro tra l’azienda e i lavoratori per tutte le questioni che riguardano la salute e sicurezza sul lavoro. Non ha potere decisionale, se c’è qualcosa che non va nella sicurezza sul lavoro dell’azienda in cui lavora, può segnalarlo alla direzione aziendale. Ma non può obbligare l’azienda ad ascoltare le sue proposte».

Qual è oggi, vista da dentro, la situazione in termini di sicurezza per i lavoratori come lei?

«La situazione della sicurezza sul lavoro non mi sembra delle migliori, visto che ogni giorno tra i 3 e i 4 lavoratori (a volte anche di più), non fanno più ritorno a casa.È un bollettino di guerra sul lavoro, una mattanza quotidiana».

Cosa manca soprattutto?

«Abbiamo una bellissima legge per la sicurezza sul lavoro, che è il Dlgs 81/08 (Testo unico 81/08), entrato in vigore il 15 Maggio 2008. Da allora sono passati quasi 17 anni, e dopo tutti questi anni, mancano ancora diversi decreti attuativi. Purtroppo in Italia, manca un cultura della sicurezza sul lavoro in molte aziende. Ci vorrebbero molti più controlli per la sicurezza sul lavoro, però manca il personale ispettivo».

Non viene potenziato?

«A ottobre del 2021, invece di potenziare il personale ispettivo delle Asl (tecnici della prevenzione), l’ex governo Draghi, con un decreto legge ha dato in mano all’Ispettorato Nazionale del Lavoro i controlli per la sicurezza sul lavoro. Mentre fino ad allora svolgeva i controlli per la regolarità contributiva e il lavoro nero e aveva una piccola deroga per i controlli per la sicurezza sul lavoro per i cantieri. Ma la situazione non è affatto migliorata».

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C’è una storia in particolare che l’ha colpita in questi anni?

«Sono molte le storie che mi hanno colpito. Vorrei citarle tutte, ma purtroppo non è possibile. E se si parla di una tragedia sul lavoro, bisogna parlare anche di tutte le altre. Perché non esistono morti sul lavoro di serie A e B. Le morti sul lavoro sono tutte uguali».

Faccia una richiesta all’attuale governo.

«Al governo Meloni dico che ci vogliono fatti concreti per porre un freno a tutte queste morti sul lavoro. Basta parole o frasi di circostanza. Premesso che tante aziende rispettano e attuano la sicurezza sul lavoro, a quelle che non la rispettano dico, che la salute e la sicurezza sul lavoro sono molto importanti e ogni lavoratore ha diritto dopo una giornata di lavoro, di tornare sano e salvo a casa, dalla sua famiglia».



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