L’impresa cinese: DeepSeek fa crollare le tech Usa in borsa

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Costi infinitamente più bassi, chip meno avanzati e continue minacce di restrizioni alle catene di approvvigionamento. Non sembrano esattamente le componenti migliori per raggiungere risultati importanti nel campo dell’innovazione. E invece sono proprio questi gli ingredienti con cui DeepSeek ha costruito il suo improvviso e clamoroso successo nel campo dell’intelligenza artificiale, in grado di far crollare Wall Street, con Nasdaq e Big Tech finite ieri in profondo rosso.

A PARTIRE dal colosso Nvidia, che non ha la startup cinese tra i clienti dei suoi chip più avanzati. Risultato delle restrizioni imposte dalla Casa bianca, che non hanno però impedito l’ascesa del chatbot made in China, che ieri ha superato il famigerato ChatGpt di Open AI per numero di download. Lo ha fatto non solo in Cina, ma persino negli app store dei dispositivi di Apple negli Stati uniti. Un’imboscata impronosticabile nel cuore della Silicon Valley, costretta a fare i conti con una scomoda realtà: le compagnie cinesi sono in grado di innovare nonostante le restrizioni, a basso costo. Gli sviluppatori del modello linguistico di grandi dimensioni DeepSeek-V3, rilasciato il 10 gennaio, sostengono che il progetto sia costato poco meno di 6 milioni di dollari, nulla in confronto ai miliardi spesi dalla rivale americana Open AI. Ma con prestazioni di livello simile.

DOTATO DI 671 miliardi di parametri e addestrato in circa 55 giorni, in una serie di test di terze parti, il modello di DeepSeek ha superato Llama 3.1 di Meta, GPT-4o di OpenAI e Claude Sonnet 3.5 di Anthropic per accuratezza, dalla risoluzione di problemi complessi alla matematica e alla codifica. Aggirato il problema del mancato accesso ai migliori chip di Nvidia, considerato finora il grande ostacolo sulla strada dello sviluppo dell’intelligenza artificiale cinese. Segnali in tal senso erano arrivati nei mesi scorsi da Huawei, in grado di produrre chip molto più avanzati del previsto nonostante la fatwa emanata dalla prima amministrazione Trump e confermata da Joe Biden.

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Altra particolarità, assai rilevante: DeepSeek è open source. Vale a dire che, a differenza dei rivali, il suo codice è accessibile a tutti. Ciò significa che è potenzialmente modificabile e sviluppabile, anche se alcuni esperti sostengono che alcune parti restino in realtà criptate. «Un’azienda non statunitense porta avanti la missione originale di OpenAI: una ricerca aperta e lungimirante a beneficio di tutti», ha scritto su X Jim Fan, responsabile della ricerca di Nvidia. Perfettamente funzionante anche in inglese, il chatbot può anche scrivere testi di canzoni, suggerire ricette, dare opinioni su questioni di vita quotidiana e fornire informazioni su eventi storici o fenomeni culturali.

COME GIÀ ACCADE sull’internet cinese, alcuni temi sensibili non si possono però approfondire. Se si chiede al chatbot che cosa è successo a piazza Tiananmen nel 1989, la risposta è la seguente: «Mi spiace, ma questo esula dalle mie attuali competenze. Parliamo di qualcos’altro». Non accade su Taiwan, dove in realtà la risposta tiene conto di diverse prospettive, compresa quella di Taipei.
La compagnia è finanziata dal fondo speculativo High-Flyer ed è stata fondata nel 2023 a Hangzhou, la stessa città di Jack Ma e Alibaba. A capo di DeepSeek c’è il nemmeno quarantenne Liang Wenfeng, master in informatica e passato da trader. Rimasto fin qui all’esterno della cerchia delle grandi compagnie di stato, il successo del chatbot sembra avergli aperto la porta principale. Nei giorni scorsi è stato infatti invitato a un simposio sul report di lavoro annuale del governo, ospitato dal premier Li Qiang.

MARC ANDREESSEN, venture capitalist della Silicon Valley e consigliere di Donald Trump, ha descritto DeepSeek-R1 come «il momento Sputnik dell’intelligenza artificiale». La doccia per la nuova amministrazione è gelata, anche perché si tratta di una nuova prova dell’ascesa digitale e tecnologica della Cina, dopo che nelle scorse settimane Xiaohongshu (“piccolo libretto rosso”), ha accolto centinaia di migliaia di «rifugiati di TikTok» statunitensi. Le applicazioni cinesi non sono solo tecnicamente allo stesso livello di quelle rivali, ma stanno diventando anche più attrattive.



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