E’ la stessa storia da mesi: le uniche cose che Sala d’Ercole vorrebbe fare subiscono slittamenti umilianti
La riforma della dirigenza dalla porta di Sala d’Ercole non è mai passata: s’è fermata prima, su richiesta del presidente Schifani che non voleva correre il rischio di ritrovarsi l’ennesima norma confezionata ad hoc per qualche (rac)comandato; ma anche la riscrittura del disegno di legge sulle province è rimasto fuori dal dibattito, in attesa di capire se e come il parlamento nazionale concederà una deroga alla Sicilia. L’altro rinvio con cui deve fare i conti l’Assemblea regionale è la riforma dei forestali, al centro di una protesta la settimana scorsa: non s’è ha da fare (per il momento) nonostante le promesse seminate dal centrodestra in questi anni.
Anche questa, a palazzo dei Normanni, rischia di essere una settimana infruttuosa. Si comincerà, oggi, dalle comunicazioni e della discussione di un disegno di legge sulla disciplina delle strutture ricettive. Nulla che possa dare un impulso deciso alle fortune di questa regione. La Sicilia attende che i 70 deputati offrano qualcosa di concreto all’agenda della legislatura, ma la carne al fuoco – per usare una vecchia espressione del presidente Galvagno – rimane pochina. I tentativi prodotti in questi mesi dal parlamento siciliano, al netto della sessione finanziaria che ha portato in dote una manovra da quasi un miliardo (e un maxiemendamento parlamentare da 80 milioni), non hanno condotto a niente.
Sui forestali, ad esempio, il tentativo non s’è neppure fatto. Si parla di una riforma giunta allo striscione del traguardo dai tempi di Sammartino, che non è più assessore all’agricoltura da aprile 2024 (quando si dimise a seguito di un’inchiesta giudiziaria). A lui è subentrato Schifani con una gestione ad interim di qualche mese, e infine Salvatore Barbagallo, espressione ‘tecnica’ della Lega. Eppure non s’è mossa una foglia, tanto da indurre gli operai forestali, all’inizio della scorsa settimana, a presentarsi a Palermo per inscenare una protesta. “Da anni rivendichiamo una legge di riorganizzazione – hanno scritto in una nota i sindacati – che assicuri a tutti i siciliani la presenza stabile di specialisti della difesa ambientale al servizio del territorio. Dissesto idrogeologico, incendi, lo spopolamento delle aree interne e siccità si combattono anche così. Non a chiacchiere. Il testo normativo è pronto, ma non trova inspiegabilmente la strada per approdare in sala-giunta e, poi, all’Ars. Il presidente Schifani chiarisca cosa sta accadendo, cosa vuol fare”.
A chiarirlo ci hanno pensato i due assessori competenti in materia. La prima è Giusy Savarino, con delega a Territorio e Ambiente: “Abbiamo confermato l’intenzione del governo di realizzare un’importante riforma di settore affrontando con serietà i problemi degli operai, ma anche garantendo la copertura finanziaria per un triennio. Per questo motivo abbiamo convocato i segretari generali dei sindacati per il prossimo 3 febbraio, per avere certezza della tempistica e delle risorse, con il contributo dell’assessore all’Economia, Alessandro Dagnino”. Barbagallo ha aggiunto qualche frase di rito: “Non posso che riaffermare la volontà di portare a compimento questa riforma”. Ma il dato di fatto è che i soldi non ci sono. Quanti ne servirebbero? Non si capisce bene: secondo alcuni una quarantina, secondo altri di più. Dagnino darà le carte.
E’ a un punto fermo anche la reintroduzione del voto diretto nelle ex province, dopo che la Corte Costituzionale ha impugnato l’emendamento al ddl urbanistica con cui l’Ars ha rinviato ulteriormente le elezioni di secondo livello (già previste il 15 dicembre) e prorogato i commissari. Sarà l’ultima proroga, giurano da Fratelli d’Italia. Il nuovo disegno di legge c’è ed è fermo in commissione Affari istituzionali all’Ars: questa volta, però, nessuno oserà tirarlo fuori finché da Roma non scioglieranno l’arcano della deroga alla Legge Delrio (cioè quella che impone di celebrare le elezioni facendo votare sindaci e consiglieri comunali). Nell’emendamento presentato in commissione Bilancio e Ambiente, a Montecitorio, dalla leghista Sudano, pur di giustificare il ritorno diretto alle urne si tira in ballo una “migliore e più efficace gestione delle emergenze” siciliane, a partire dalla siccità: anche se non è chiaro il legame fra la proposta di redistribuire 300 poltrone e l’acqua carente negli invasi. Le competenze sulla rete idrica sono della Regione – che ha creato persino una cabina di regia – e tutt’al più dei consorzi di bonifica.
Ma non è il solo interrogativo che affligge l’Ars. Dopo vent’anni di profonde anomalie e varie pronunce da parte degli organi preposti (dal Tribunale del Lavoro alla Corte Suprema di Cassazione) nessun governo ha provveduto a eliminare la cosiddetta terza fascia dirigenziale (che non esiste in nessun’altra regione d’Italia). Nell’accordo Stato-Regione del 2021, quello che serviva a riscrivere i termini del rientro dal disavanzo da parte della Regione siciliana, fra i compiti a casa che il governo Musumeci avrebbe dovuto svolgere c’era una richiesta esplicita: “eliminare le distinzioni tra la prima e la seconda fascia dei dirigenti di ruolo, superare la terza fascia dirigenziale avente natura transitoria con l’inquadramento nell’istituenda unica fascia dirigenziale, agli esiti di una procedura selettiva per titoli ed esami (…) con espresso divieto a regime di inquadramenti automatici o per mezzo di concorsi riservati per l’accesso alla dirigenza”. Oggi, a distanza di tempo, quella indicazione è rimasta lettera morte. Fino a qualche settimana fa, quando si è deciso di ripescarla.
Ma se la politica vorrebbe tener fede alla fascia unica, i sindacati spingono per averne due, così da garantire il transito dalla terza alla seconda (oggi svuotata) a tutti i dirigenti che negli anni – pur non potendo – hanno assunto la guida dei dipartimenti apicali. E sono davvero tanti, quasi tutti. Il risultato è un’altra stasi e la situazione è addirittura peggiorata da quando qualche furbetto ha provato ad agganciare alla proposta legislativa un emendamento per consentire la stabilizzazione all’assessorato alla Salute di alcuni dirigenti (molti medici e farmacisti) comandati da altri enti. Gli uffici della burocrazia fanno gola, ma Schifani ha stoppato il tentativo e ottenuto dall’assessore alla Funzione pubblica, Andrea Messina, di “congelare” (ma non ancora ritirare) la discussione. Un rallentamento è necessario perché la proposta della fascia unica, stando ai bene informati, sarebbe andata incontro a una infelice bocciatura dell’aula con l’ausilio del voto segreto, lo stesso che ha rotto le uova nel paniere della maggioranza la prima volta che si era parlato di province (un anno fa).
Le uniche cose che l’Ars vorrebbe fare – purtroppo per Galvagno e per i settanta deputati – non si possono fare. Non ancora. E allora, viva il collegato alla Finanziaria. Presto su questi schermi.
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