Germania al voto, tutto quel che c’è da sapere in vista delle elezioni del 23 febbraio

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Il 23 febbraio in Germania si elegge un nuovo governo. L’ultimo, quello di Olaf Scholz, è caduto perché uno dei tre partiti che lo sosteneva non era disposto a fare nuovo debito pubblico per sostenere un pacchetto di aiuti da 15 miliardi di euro destinati all’Ucraina. Sono elezioni importanti anche per il destino dell’Europa: l’economia tedesca è tradizionalmente forte e trascina quella di tutto il continente, ma ultimamente una serie di fattori – in cima c’è il calo di vendite di automobili tedesche in Cina – ha fatto sì che l’economia si fermasse.

C’è anche un tema di scivolamento a destra del dibattito tedesco: in grande crescita c’è AfD, il partito di estrema destra, che propone cose come l’espulsione di parecchi migranti, di abbattere le pale eoliche e di riaprire i rapporti con Vladimir Putin

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A correre sono principalmente sei partiti. Del governo Scholz facevano parte i socialdemocratici del cancelliere, i Verdi e i liberali. Oltre a questi tre partiti, alle elezioni parteciperanno anche la Linke, una formazione di estrema sinistra, la Cdu di centrodestra e Alternative für Deutschland, estrema destra.

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Da una scissione della Linke guidata da un volto molto noto di quel partito, Sahra Wagenknecht, è nato anche il Bündnis Sahra Wagenknecht (BSW), che si posiziona nel campo rossobruno.

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A guidare la Spd è sempre Olaf Scholz, mentre il candidato cancelliere con più possibilità è attualmente Friedrich Merz che corre per la Cdu. Anche i partiti con meno possibilità hanno candidati per la guida del governo: AfD schiera Alice Weidel, BSW Sahra Wagenknecht e i Verdi Robert Habeck, che nel governo caduto faceva il ministro dell’Economia e del Clima. 

In vantaggio nei sondaggi attualmente c’è la Cdu, che si muove oltre il 30 per cento. Secondo è AfD, intorno al 20 per cento. Segue la Spd, intorno al 16-18 per cento, mentre i Verdi sono al 12-14 per cento. A rischio ingresso nel Bundestag – per cui serve almeno il 5 per cento dei voti – ci sono invece BSW, 5-6 per cento, Fdp, intorno al 4, e la Linke, sul 3-4 per cento.

Il rischio estrema destra

Tantissimi osservatori sono molto preoccupati dall’esplosione di consensi di AfD. La sua leader, Alice Weidel, è un’economista che ha lavorato per grandi banche come Goldman Sachs e Bank of China. Alternative für Deutschland, che prima delle europee è stato cacciato dal gruppo di Identità e democrazia (di cui all’epoca faceva parte anche la Lega) perché il suo capolista Maximilian Krah ha detto che le Ss non erano necessariamente criminali, è un partito di estrema destra. È nato oltre dieci anni fa per proporre che la Germania lasciasse l’euro. Poi, dal 2015 in poi, è passato a fare della lotta all’immigrazione «incontrollata» il suo cavallo di battaglia. 

Nelle recenti elezioni regionali, il partito ha raggiunto il 30,6 per cento dei consensi. Il congresso di Riesa, in Sassonia, uno dei Land dove AfD ha più consenso, è stato molto avversato, le manifestazioni fuori dal palazzetto in cui si teneva l’assemblea ne hanno ritardato l’inizio di oltre due ore. 

Durante il congresso, Weidel è stata scelta come candidata cancelliera ed è stato approvato un programma elettorale molto duro. I delegati hanno voluto inserire per esempio il concetto di “remigrazione”, cioè l’intenzione di espellere e rispedire nei propri paesi d’origine più migranti possibile.

Ma ci sono anche posizioni molto conservatrici sui diritti e sulla concezione di famiglia, nonostante Weidel stessa conviva con una donna e la coppia abbia adottato due figli. In termini economici, il programma è molto liberista e punta sul taglio delle tasse e la sburocratizzazione: poco importa che secondo l’autorevole istituto ifo la remigrazione rischia di danneggiare molto gli imprenditori tedeschi, che contano parecchio sull’impiego dei migranti.  

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Nelle ultime settimane prima del voto, alcuni parlamentari hanno proposto un divieto del partito. È un’opzione su cui decide la Corte costituzionale, ma rischia di essere un’arma a doppio taglio. In altri casi – come quello di NPD, un altro partito di estrema destra – la richiesta di divieto è infatti sempre stata respinta. In più, considerato che AfD ha ormai consensi altissimi, vietare il partito può rivelarsi un boomerang.

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Il fatto che il partito di Weidel abbia così tanto seguito è un caso anche perché lo stato tedesco ha investito negli anni molte energie nell’elaborazione del periodo della dittatura nazista: oggi, però, sembra che quel tipo di consapevolezza non sia più percepita come particolarmente attuale.

Ma AfD è cresciuta così tanto anche perché combina valori di estrema destra con tecniche comunicative molto efficaci: prima fra tutte, un’interpretazione del concetto di verità quantomeno sportivo. AfD usa continuamente fake news e post verità nella sua propaganda, come è avvenuto nella conversazione con Elon Musk su X, dove Weidel ha spiegato che Hitler era comunista.

Le regole del gioco

Per vincere le elezioni attualmente non c’è strada che aggiri il governo di coalizione. Il sistema elettorale prevede due voti: la Erststimme permette di scegliere il proprio candidato all’interno di collegi da 250mila persone ciascuno, cioè vincere un Direktmandat, mandato diretto. Con questa selezione vengono individuati i primi 299 deputati del Bundestag.

Il resto viene scelto con la Zweitstimme, che permette di esprimere la propria preferenza tra i listini proporzionali di ogni partito a livello di Land. Per accedere al parlamento, però, occorre superare la soglia di sbarramento del 5 per cento. O, in alternativa, conquistare almeno tre Direktmandat, obiettivo che si è prefissata per esempio la Linke, tornata nel Bundestag in questa maniera alle ultime elezioni federali. 

Il Bundestag, però, non ha una dimensione fissa: nelle ultime legislature si è continuamente allargato oltre la dimensione stabilita dalla legge, 598 membri. Nell’ultima legislatura i parlamentari erano addirittura 736. La ragione stava nei cosiddetti Überhangsmandate, i mandati “di riequilibrio” concessi quando un partito guadagnava attraverso i mandati diretti un numero di parlamentari eccessivo rispetto a quello che prevederebbe la percentuale raccolta attraverso le seconde schede.

In quel caso, gli altri partiti ottenevano altri seggi per ristabilire la giusta proporzione. Una recente riforma elettorale però dovrebbe aver risolto questo problema: ora infatti il mandato diretto viene assegnato soltanto se è “coperto” dai consensi raccolti col proporzionale.

Considerati i sondaggi, verosimilmente a esprimere il prossimo cancelliere sarà la Cdu: non è però in grado di governare da sola, motivo per cui deve rivolgersi a un junior partner. Molto probabilmente la scelta ricadrà sui socialdemocratici: si riproporrebbe in quel caso il classico schema della Grosse Koalition, con cui ha governato a lungo anche Angela Merkel.

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L’alternativa sarebbero i Verdi, una combinazione che esiste già a livello locale ma per il momento è sempre stata esclusa da uno dei volti più importanti della Cdu, il governatore bavarese Markus Söder: secondo lui, per esempio, l’esplosione di consensi per l’estrema destra austriaca FPÖ è dipesa dal fatto che i popolari hanno scelto di governare insieme agli ecologisti. 

Anche i liberali vorrebbero governare insieme alla Cdu, ma attualmente non è detto nemmeno che siano in grado di superare la soglia di sbarramento. Nella stessa situazione sono anche Linke e BSW, mentre AfD è al 20 per cento, ma nessuno vuole entrare in coalizione con lei. 

Il motore in stallo

La Germania è in recessione per il secondo anno consecutivo. Nel 2024, il Pil è calato dello 0,2 per cento, nel 2023 la contrazione era stata dello 0,3 per cento. La ragione sta principalmente nella crisi dell’export, che è stato l’asso nella manica dell’industria d’oltralpe per anni. Uno degli esempi più rilevanti è la situazione dell’automotive in Cina: dacché l’estremo oriente era diventato il perfetto luogo di produzione a basso costo e anche mercato affamato di auto tedesche, le vendite non bastano più per compensare gli alti costi di mantenere i posti di lavoro delle aziende in Germania.

Le aziende cinesi hanno a loro volta iniziato una produzione concorrenziale soprattutto per quanto riguarda l’elettrico a prezzi più convenienti di quelli praticate dalle aziende tedesche. Motivo per cui il centrodestra, da sempre sponda naturale dell’automotive tedesco, spinge per un rallentamento della transizione energetica verso l’elettrico per cui invece spinge Bruxelles. 

Altra questione che ha messo in seria difficoltà l’industria tedesca sono i costi dell’energia e l’alto livello dei tassi d’interesse. Ma l’economia arranca anche dentro i confini. Un ulteriore problema è infatti il calo dei livelli dei consumi sul mercato interno, dove si attendeva un aumento delle spese dei cittadini in seguito all’aumento degli stipendi reali.

In realtà, i soldi in più sono stati utilizzati per compensare le spese degli anni passati e per il resto messi da parte. In frenata anche il settore edile, bloccato da costi inaccessibili per chi vuole costruire la propria casa. Ciliegina sulla torta, l’incertezza politica, che trattiene gli investimenti: nel complesso la fiducia degli imprenditori a fine anno era ai minimi dai tempi della pandemia Covid. 

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La parabola dei Verdi

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Ultimo tema da tenere d’occhio è la performance dei Verdi. Nel 2021 gli ecologisti erano in fase di grazia. La loro candidata cancelliera Annalena Baerbock sembrava un candidato da prendere sul serio e il trend era più che positivo, tanto che con quasi il 15 per cento dei consensi, il partito ha portato a casa il miglior risultato di sempre. 

Unico problema, la tenuta. Nel corso della legislatura, i Verdi sono stati sempre più percepiti come il «partito dei divieti», motivo per cui col tempo nei sondaggi i livelli di gradimento sono scesi pericolosamente. Due sono gli aspetti più controversi: da un lato, il tentativo di Robert Habeck, che è stato ministro del Clima, di far installare le pompe di calore (per altro sovvenzionate dallo stato) ai cittadini per renderli più indipendenti da altri sistemi di riscaldamento, dall’altro, il sostegno indiscutibile all’Ucraina, anche con aiuti militari. Sembrano questioni che non cambiano la vita di tutti i giorni, ma contro le pompe di calore c’è stata una campagna politica e della stampa conservatrice così forte che alla fine da molti è stata considerata un’imposizione, così come il “wokismo” di cui sono spesso accusati i Verdi.

Per quanto riguarda l’Ucraina, il problema dipende principalmente dal contrasto della linea (filoamericana) del sostegno militare, che secondo molti elettori è in aperta contraddizione con i principi pacifisti con cui è nato il partito. Quest’anno, per i Verdi scende in campo Habeck: talento comunicativo, è considerato un ottimo oratore e un candidato capace di creare empatia, ma non è detto che basti per conquistare consensi. 

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