CORTE di CASSAZIONE, sezione tributaria, Ordinanza n. 30818 depositata il 2 dicembre 2024 – In tema di imposta armonizzata, che la violazione del limite previsto per legge alla compensabilità equivale al mancato versamento di parte del tributo alle scadenze previste, sanzionato dall’art. 13 del D.Lgs. n. 471 del 1997, la cui misura tuttavia, nei processi ancora in corso ed in ossequio al principio del favor rei, di cui all’art. 3 del D.Lgs. n. 472 del 1997, deve tener conto dell’innalzamento del limite d’importo compensabile dei crediti IVA, disposto dalla normativa successiva, così da determinare la riduzione della condotta sanzionabile all’omesso versamento di importi eccedenti il più elevato tetto.

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CORTE di CASSAZIONE, sezione tributaria, Ordinanza n. 30818 depositata il 2 dicembre 2024

Tributi – Atto di recupero – Indebita compensazione crediti IVA – Art. 34, comma 1, L. n. 388/2000 – Innalzamento limite massimo dei crediti di imposta e dei contributi compensabili – Accoglimento

Fatti di causa

La contribuente svolge l’attività di fabbricazione di strutture metalliche e parti assemblate di struttura.

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L’Agenzia delle entrate, in relazione agli anni 2009 e 2010, con atto di recupero, contestava ad A. l’indebita compensazione di crediti Iva ex art. 34, comma 1, L. n. 388 del 2000.

La contribuente impugnava l’atto alla CTP di Perugia, che con sentenza n. 600/01/14 del 7 luglio 2014, lo rigettava compensando le spese.

A. proponeva appello rigettato dalla CTR dell’Umbria.

Il ricorso della contribuente è stato affidato a cinque motivi e illustrato con memoria.

L’Agenzia ha resistito con controricorso.

Ragioni della decisione

Con il primo motivo si lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., avuto riguardo al fatto rappresentato dalle modalità concrete di attuazione della compensazione e alla perimetrazione dei limiti del plafond disponibile in capo al contribuente.

Con il secondo motivo si lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art 112 c.p.c., dell’art. 36, co. 2, n. 3, D.Lgs. n. 546 del 1992, anche con riferimento all’art. 111 Cost., in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., non essendosi il giudice d’appello espresso sulle compensazioni dei crediti annuali ed essendo stato il plafond superato di soli Euro 59.725,28.

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Con il terzo motivo si assume la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 8, comma 1, L. n. 212 del 2000 e dell’art. 1241 c.c. nonché dell’art. 36, comma 2, n. 3, D.Lgs. n. 546 del 1992, anche con riferimento all’art. 111 Cost., in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., per avere la CTR erroneamente escluso l’applicabilità alla fattispecie dell’art. 8, comma 1, L. 212 del 2000 e dell’art. 1241 c.c.

Con il quarto motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 183 Direttiva CEE 28/11/2006 n. 2006/112/CE nonché del principio generale di neutralità di quell’imposta in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per avere il giudice d’appello trascurato di rilevare il contrasto fra l’art. 34, co. 1, L. n. 388 del 2000 e la disciplina comunitaria in materia di compensazione dei crediti.

Con il quinto motivo si contesta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 13 D.Lgs. n. 471 del 1997 e dell’art. 3 D.Lgs. n. 472 del 1997, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., per avere il giudice d’appello ritenuta corretta l’applicazione alla fattispecie del predetto art. 13, escludendo l’applicabilità della c.d. definizione agevolata. Il primo motivo è fondato.

La CTR ha testualmente osservato che “Il limite imposto dall’art. 34,1 c., della legge 388/00 è stato superato di Euro 172.708,32, tenuto conto che il credito iva trimestrale del 2010, pari ad Euro 75.317,10 va considerato, non essendo escluso dal computo in base alla norma suddetta ed a quella di cui all’art. 17 del D.Lgs. 24/97. (ndr art. 17 del D.Lgs. 241/1997).

In ogni caso, pur includendolo, vi è comunque il superamento dell’importo massimo stabilito dal legislatore”.

La CTR ha trascurato di soffermarsi sull’incidenza nella fattispecie rimessa al suo esame dell’evoluzione normativa afferente l’art. 34, comma 1, L. n. 388 del 2000.

Giova, infatti, richiamare l’indirizzo espresso condivisibilmente da questa Corte, a tenore del quale “In materia di IVA, l’innalzamento del limite previsto dall’art. 34, comma 1, della L. n. 388 del 2000 per i crediti di imposta e dei contributi compensabili ovvero rimborsabili ai soggetti intestatari di conto fiscale, sancito per l’anno 2021 dall’art. 22 del D.L. n. 73 del 2021, conv. con modif. dalla L. n. 106 del 2021, reso permanente a decorrere dall’1/1/2022, ex art. 1, comma 72, della L. n. 234 del 2021, comporta una abolitio criminis parziale, in quanto incide sulla fattispecie sostanziale alla base della compensazione ampliando la liceità della condotta, con conseguente applicazione non di un principio di favor rei in senso stretto ai fini del trattamento sanzionatorio, bensì direttamente della retroattività della novella” (Cass. n. 18377 del 2024).

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In buona sostanza, il giudice d’appello ha sorvolato sull’applicazione retroattiva della norma che ha alzato la soglia dello splafonamento ad Euro 2 milioni.

La cornice normativa è quella di seguito tratteggiata. L’art. 25, comma 2, D.Lgs. n. 241/1997 fissa, per ciascun periodo d’imposta, un limite quantitativo alla possibilità di compensazione, stabilendo che “il limite massimo dei crediti d’imposta e dei contributi che possono essere compensati, è, fino all’anno 2000, fissato in 500 milioni per ciascun periodo d’imposta”, soglia successivamente elevata a norma dell’articolo 34, comma 1, della L n. 388/2000, il quale prevede che “a decorrere dal 1 gennaio 2001 il limite massimo dei crediti di imposta e dei contributi compensabili ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, ovvero rimborsabili ai soggetti intestatari di conto fiscale, è fissato in Lire 1 miliardo per ciascun anno solare”.

In tema di agevolazioni tributarie, la compensazione di un credito di imposta superiore al limite massimo previsto dalla legge equivale al mancato versamento di parte del tributo alle scadenze previste, sicché si applica la sanzione prevista dall’art. 13 del D.Lgs. n. 471 del 1997, così come accade ogniqualvolta sia utilizzata la compensazione in assenza dei relativi presupposti (Cass. n. 10708 del 2019).

L’art. 34 della L. n. 388 del 2000, sancendo un limite massimo dei crediti d’imposta e dei contributi compensabili, ai sensi del art. 17 del D.Lgs. n. 241 del 1997, per i soggetti intestatari di conto fiscale, ha inteso introdurre per ogni periodo d’imposta un limite invalicabile alla compensazione di crediti IVA e debiti relativi ad altre imposte, al fine di non squilibrare eccessivamente le previsioni di gettito fiscale annuale (Cass. n. 35385 del 2022).

Inoltre, la violazione del superamento del plafond annuale compensabile non è una violazione meramente formale, in quanto non rispondente ai due concorrenti requisiti di non arrecare pregiudizio all’esercizio delle operazioni di controllo e, al contempo, di non incidere sulla determinazione della base imponibile dell’imposta e sul versamento del tributo (cfr. Cass. n. 22430 del 2014).

Il combinato disposto delle previsioni sulle soglie di compensabilità trova coerente conseguenza sul piano sanzionatorio nell’art.13, 4 comma, D.Lgs. n. 471/1997, il quale dispone: “Nel caso di utilizzo di un’eccedenza o di un credito d’imposta esistenti in misura superiore a quella spettante o in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti si applica, salva l’applicazione di disposizioni speciali, la sanzione pari al trenta per cento del credito utilizzato”.

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Tale soglia è stata poi resa oggetto di un ulteriore innalzamento da Euro 516.546,90 a Euro 700.000,00 per la compensazione dei crediti IVA, in forza dell’art. 9, comma 2, del D.L. n. 35 del 2013, conv, in L. n. 64 del 2013.

La Sezione ha stabilito che tale innalzamento ha determinato una riduzione della condotta rilevante ai fini dell’applicazione della sanzione ex art. 13 del D.Lgs. n. 471 del 1997, che risulta pertanto circoscritta all’omesso versamento di importi eccedenti il più elevato tetto, con conseguente applicazione, ai processi ancora in corso, del regime sanzionatorio più favorevole per il contribuente, in ossequio al principio del “favor rei” di cui all’art. 3 del D.Lgs. n. 472 del 1997 (Cass. n. 18367 del 2021).

Successivamente, il limite è stato ulteriormente aumentato a 1 milione di Euro per il solo anno 2020 dall’articolo 147 del Decreto Rilancio, D.L. 34/2020. 6.5. L’art.22 del D.L. 25 maggio 2021 n. 73, c.d. Decreto Sostegni Bis, ha ulteriormente elevato il limite a 2 milioni di Euro per ciascuna annualità, estendendo la soglia annuale dei crediti compensabili o rimborsabili ai soggetti intestatari di conto fiscale per l’anno 2021.

Un’ultima precisazione, rilevante sul piano sistematico della ricostruzione normativa, è necessaria.

L’incremento della soglia a 2 milioni di Euro ai fini dell’abolitio criminis parziale è stato operato da parte dell’articolo 22 del Decreto Sostegni Bis, per il solo anno 2021.

Tale perimetro temporale è stato mantenuto dalla legge 23 luglio 2021, n. 106 recante la “conversione in legge con modificazioni, del D.L. 25 maggio 2021, n. 73, recante misure urgenti connesse all’emergenza da COVID-19, per le imprese, il lavoro, i giovani, la salute e i servizi”.

Tale misura è stata stabilizzata dall’art.1, comma 72, della legge 30 dicembre 2021, n.234 (legge di bilancio 2022): “A decorrere dal 1 gennaio 2022, il limite previsto dall’articolo 34, comma 1, primo periodo, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, è elevato a 2 milioni di euro”.

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Solo la legge di bilancio 2022 ha dunque permanentemente modificato, con decorrenza dal 2022, a 2 milione di Euro il limite massimo dei crediti di imposta e dei contributi compensabili, ovvero rimborsabili ai soggetti intestatari di conto fiscale.

Quanto al versante interpretativo della novella legislativa, la Sezione (Cass. n. 35385 del 2022) ha affermato, in tema di imposta armonizzata, che la violazione del limite previsto per legge alla compensabilità equivale al mancato versamento di parte del tributo alle scadenze previste, sanzionato dall’art. 13 del D.Lgs. n. 471 del 1997, la cui misura tuttavia, nei processi ancora in corso ed in ossequio al principio del favor rei, di cui all’art. 3 del D.Lgs. n. 472 del 1997, deve tener conto dell’innalzamento del limite d’importo compensabile dei crediti IVA, disposto dalla normativa successiva, così da determinare la riduzione della condotta sanzionabile all’omesso versamento di importi eccedenti il più elevato tetto.

Tale orientamento, condiviso dal Collegio e a cui merita dare ulteriore continuità per le ragioni che seguono, porta a fare applicazione dello ius superveniens più favorevole, secondo il quale non costituisce violazione sanzionabile la compensazione effettuata sino alla soglia di Euro 2.000.000,00, ed è pacifico che nella fattispecie la compensazione è stata effettuata per importi contenuti entro il limite consentito dalla legge più favorevole sopravvenuta.

Il motivo va, pertanto, accolto, con assorbimento delle altre censure.

La sentenza d’appello va cassata, in relazione al motivo accolto, e la causa rinviata per un nuovo esame e per la regolazione delle spese del giudizio alla Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado dell’Umbria, in diversa composizione.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbite le altre censure; cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia la causa per un nuovo esame e per la regolazione delle spese del giudizio alla Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado dell’Umbria, in diversa composizione.

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