Congo, la guerra senza fine nell’Est

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Le radici di un conflitto storico

Dell’altro mezzo milione si persero quasi del tutto le tracce. Furono chiamati ad aderire all’Alleanza tutti i congolesi che si opponevano a Mobutu e alla sua politica, provocando la caduta del regime e l’ascesa al potere del presidente Laurent Desire Kabila. Da allora questa regione storicamente instabile, nel cuore dei Grandi Laghi, confinante con Ruanda e Uganda, è diventata l’epicentro di combattimenti ciclici tra una miriade di gruppi armati rivali e guerriglie locali, a partire dallo scoppio, nel 1996, della Grande guerra d’Africa. Il caos odierno a Goma affonda le sue radici proprio in questo conflitto – una delle pagine più buie della storia del continente – che vide combattere sul territorio congolese le truppe di ben sei paesi: Rwanda, Uganda, Angola, Zimbabwe, Namibia e Ciad. La Grande guerra d’Africa fu il risultato di un insieme di conflitti diversi, collegati tra loro attorno al nodo centrale del confitto tra il governo di Kabila padre – l’allora presidente della RD Congo – e i suoi ex alleati ruandesi. Dopo l’attentato in cui rimase ucciso Kabila, il figlio, suo successore Joseph, accettò di partecipare a negoziati col rivale ruandese, il presidente Paul Kagame, fino al raggiungimento di un Accordo globale e conclusivo nel 2002, con l’intermediazione dell’Onu e del Sudafrica. La fine della guerra, tuttavia, non ha segnato la fine dei combattimenti. A ogni elezione e sussulto politico in RD Congo, nell’est si sono riaccese tensioni e violenze: ogni gruppo armato ha un suo referente a Kinshasa, un uomo politico o una personalità facoltosa che si serve della milizia in questione per rafforzare la propria influenza mentre i vari gruppi armati puntano a proteggere le proprie rivendicazioni locali.

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