Come il fisco e l’Ai distruggono la borghesia | Lo dico al Corriere

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#finsubito

Conto e carta

difficile da pignorare

 


 Caro Aldo,
ho ricevuto dal mio avvocato la richiesta di pagamento, per un appello avviato a suo tempo per un omesso pagamento pari a 777 euro, da parte di Equitalia Giustizia Spa. Pagamento dovuto, nulla da eccepire. Mi ha colpito invece cosa succede se paghi in ritardo (dopo i 30 giorni dalla data di consegna): se pago dopo un giorno post i 30 indicati, ed entro i 60 giorni dalla notifica, l’importo è del 33% in più! Se pago tra il 61° e 80° giorno dalla data di notifica pago il 150% in più. Se pago oltre l’81°giorno, diventa un bel 200% in più. Ma che tassi applicano, peggio degli usurai?Ennio B.

 Caro Ennio,
La sua mail mi ha riportato in mente due cose. Qualche giorno fa ho ricevuto una lettera da una signora novantenne, che mi ha raccontato la sua storia pregando di non fare il suo nome. Tre anni fa è rimasta vedova, ha pagato con leggero ritardo le tasse legate alla morte del marito, e da allora viene perseguitata da una multa che continua a lievitare. Qualche settimana fa, due donne le hanno suonato al citofono, sostenendo di dover definire con lei una questione di tasse. All’evidenza, è una scusa che funziona; molti pensionati onesti hanno questioni aperte con lo Stato italiano. Le due erano ladre — italianissime —, che le hanno rubato l’orologio del marito che lei portava al polso e l’anello di fidanzamento. Racconta la signora che i carabinieri sono stati molto gentili ma non hanno piste investigative aperte. La signora vorrebbe mettere le telecamere, perché teme che le ladre possano tornare, ma non ha fiducia che, se pure assicurate alla giustizia, la giustizia sappia punirle. Questa vicenda ci pone molti motivi di riflessione: ad esempio, come possano esistere persone che impunemente campano rubando anelli alle vedove novantenni; ma anche, non secondariamente, come possa campare uno Stato che si accanisce su una vedova novantenne, mentre molti nostri compatrioti milionari e miliardari spostano la residenza (reale o fittizia) nei paradisi fiscali. Il secondo episodio è accaduto a me. In un bar ho avuto una discussione con uno dei suddetti italiani residenti all’estero per motivi fiscali. Potete immaginare i rispettivi argomenti. «I politici rubano, lo Stato non garantisce i servizi, è giusto o comunque legittimo non pagare le tasse, se potessero farebbero tutti come me»; «se facessero tutti come lei, non avremmo ospedali, scuole, strade, protezione civile, carabinieri poliziotti militari». So bene di essere in minoranza; la maggioranza degli italiani la pensa come il signore. Quel che mi ha colpito non è l’argomentazione. È il disprezzo che il signore dimostrava verso noi contribuenti. Un disprezzo da Ancien Régime, da aristocratico di prima della Rivoluzione francese, che scoppiò anche perché i borghesi pagavano le tasse pure per i nobili e il clero. Il signore parlava di noi come di vecchi citrulli che non hanno capito come va il mondo. E forse ha ragione. Però oggi il fisco — che tassa al 43% più addizionali un lavoratore dipendente o un pensionato che guadagna 50 mila euro lordi l’anno — è uno dei fattori che stanno distruggendo la piccola e la media borghesia. E l’Italia non è stata fatta da Elon Musk e dai suoi fratelli. È stata fatta dalla piccola e media borghesia, che dopo l’8 settembre fece in maggioranza la scelta dell’antifascismo, che il 2 giugno votò (al Nord) per la Repubblica, che il 18 aprile fece vincere la Dc e non i comunisti, che ha ricostruito l’Italia dopo la guerra, ha fatto il miracolo economico e tuttora con le sue tasse tiene a galla il Paese. Almeno fino a quando ci riuscirà. Perché i padroni della Rete stanno distruggendo il piccolo commercio, e l’intelligenza artificiale cancellerà quei mestieri — dalle banche alle assicurazioni, dagli studi professionali a quelli medici — che tradizionalmente svolgeva la piccola e media borghesia.




















































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28 gennaio 2025



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