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Abitare. Vivere in condizioni abitative soddisfacenti è uno degli aspetti più importanti della vita. L’alloggio è essenziale per soddisfare le esigenze di base, come il riparo, ma non si tratta solo di quattro mura e un tetto. L’abitazione deve offrire un luogo dove dormire e riposare, ma anche dove sentirsi al sicuro, dove avere spazio personale e poter crescere una famiglia: tutti questi elementi contribuiscono a fare una casa. E naturalmente sorge il problema se le persone possono permettersi un alloggio adeguato. I dati disponibili ci dicono che il problema abitativo sta diventando sempre più preoccupante, e questo non vale soltanto per il nostro paese dove si stima che al di là delle difficoltà di accesso alla casa, la qualità della soluzione abitativa è largamente insufficiente per un milione e mezzo di famiglie. Problemi assai rilevanti si manifestano in tutta l’Unione Europea e anche in altri paesi.

Il mercato della casa. La casa è una merce scarsamente riproducibile o la cui produzione richiede tempo. Il prezzo delle merci riproducibili, in una società industriale, è determinato dal costo unitario di produzione, il prezzo per le merci non riproducibili, è soggetto ai capricci della domanda e dell’offerta. Pensiamo al prezzo di un’auto Panda ad esempio. Il prezzo è fissato dai costi e dalla concorrenza internazionale: se si presenta un acquirente come Amazon, che richiede improvvisamente molte auto panda per la flotta aziendale, aumenterà l’offerta di questa automobile, saranno assunti lavoratori per produrla, ma il costo e il prezzo resteranno pressoché fissi. Non così per il mercato degli alloggi o di altre merci non riproducibili come un quadro d’autore o un vino a lungo invecchiato. 

Se si presenta nel mercato un nuovo intermediario tipo Airbnb che “facilita” l’incontro della domanda con l’offerta per gli affitti brevi, si assiste a un grande aumento della domanda e il prezzo degli alloggi salirà rapidamente. L’offerta si adeguerà lentamente, ma essendo limitato il numero degli alloggi sul mercato, si avrà un aumento della rendita. Il prezzo delle locazioni è determinato dalla scarsità e riferendosi al compenso del locatore si parla appunto di rendita e non di profitto.  

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Alcune conseguenze e considerazioni:

  1. Gli affitti a breve termine generano opportunità di reddito aggiuntive e le proprietà residenziali possono ora essere utilizzate per l’uso più redditizio, cioè per gli affittuari a breve termine. Questo può essere visto come un guadagno di efficienza che stimola la domanda di alloggi, ma fa aumentare i prezzi delle case, poiché l’offerta complessiva aumenta limitatamente nel breve periodo.
  2. Gli affitti a breve termine generano di conseguenza una riallocazione dello stock abitativo esistente, che si sposta dal mercato degli affitti a lungo medio termine (residenti e studenti) a quello degli alloggi a breve termine, con conseguente aumento dei canoni di locazione per tutte le forme di locazione.
  3. Gli affitti a breve termine possono creare esternalità negative, abbassando i valori delle proprietà vicine. Se i vicini temono che la presenza di turisti porti alla trasformazione del luogo in cui vivono con la scomparsa di negozi di vicinato, attività di vita associativa, servizi e altro assisteremo a una riduzione della domanda di alloggi per locazioni non turistiche e a una sostituzione tra attività turistiche e non, sostituzione degli abitanti di ceto popolare con borghesi, processo che va sotto il nome di gentrificazione.

Si può sempre affermare che il mercato funziona anche per i beni non riproducibili eguagliando domanda e offerta, ma non svolge nessun ruolo di efficienza nella allocazione delle risorse, specie in presenza di esternalità negative né ha un significato di benessere in un’ottica di lungo periodo. Il prezzo si limita a certificare la scarsità momentanea degli alloggi, del quadro raro, del vino pregiato.

In una città turistica, con elevata domanda per affitti brevi, la richiesta espressa dalle famiglie per soddisfare il fabbisogno primario di servizi abitativi, date le possibilità di reddito, appare razionata, con perdita di benessere per la collettività. Il mercato è uno strumento inadeguato per soddisfare le esigenze sociali e si ricercano differenti soluzioni allocative. Questo spiega il ricorso da parte di diverse città a strumenti che agiscono sull’offerta come la costruzione di case popolari, la leva fiscale e i regolamenti che limitano gli affitti brevi.

Cenni al potere normativo in merito alla locazione turistica: parlamento, regione e comune. Il parlamento europeo ha approvato l’introduzione del Codice Unico che verrà applicato a tutti gli immobili a destinazione turistica, ha aumentato la trasparenza delle procedure e deliberato una raccolta dati a livello comunitario (18 marzo 2024). 

Il parlamento italiano, con il decreto legge n. 50/2017, ha introdotto una specifica disciplina fiscale per i contratti di locazione “brevi” (<30 giorni) degli immobili a uso abitativo. Dal 2021 si può applicare ad essi la cedolare secca se il contribuente (persona fisica) destina a locazioni brevi al massimo quattro appartamenti: sul primo appartamento l’aliquota è del 21 per cento, sugli altri del 26 per cento. Oltre ai quattro appartamenti la prestazione è riconducibile a attività di impresa. 

La legge di conversione 91 del 15 luglio 2022 ha previsto una disposizione finalizzata a Venezia. L’articolo 37bis «Misure per favorire l’incremento dell’offerta di alloggi in locazione per uso residenziale di lunga durata nella città storica di Venezia», consente al Comune di agire per favorire l’incremento dell’offerta di alloggi in locazione per uso residenziale di lunga durata nel rispetto dei principi di proporzionalità, di trasparenza, di non discriminazione e di rotazione, tenendo conto della funzione di integrazione del reddito esercitata dalle locazioni brevi per i soggetti che svolgono tale attività in relazione a una sola unità immobiliare, attribuisce al Comune la facoltà di intervenire limitando a 120 giorni il periodo di affitto breve nell’anno senza mutamento di destinazione d’uso, e permette al comune di porre limitazioni al numero degli immobili destinati all’uso turistico a seconda delle aree della città in cui sono collocati.

In questo ambito esiste anche una competenza della regione, ribadita dalla Corte Costituzionale con due sentenze, n. 84, 2019 e 94, 2024. La Regione Veneto aveva deliberato in merito ancora nel 2013 (n. 11 del 14 giugno) con una legge sullo sviluppo e sostenibilità del turismo basata sull’assunto che le locazioni turistiche riguardano immobili non classificati come strutture ricettive e quindi assoggettate a procedure semplificate. La Regione è impegnata, tra le altre cose, ad apprestare dei piani strategici sul turismo e, proprio nell’ allegato alla delibera n. 41 del 22 marzo 2022 relativa al piano strategico del turismo 2022-2024,  si leggono accorate parole con cui si descrive come il Veneto venisse “da un periodo felicemente orientato alla “promozione”[del turismo], non [avesse] ancora sviluppato uno spirito di reazione e strumenti idonei verso un “sovra-escursionismo” e flussi “mordi e fuggi”….lamentando la vendita di prodotti dequalificati e una certa sudditanza nei confronti del “Dio Mercato”. A queste inflessibili argomentazioni nulla è seguito. 

Avrà posto rimedio il comune di Venezia che abbiamo visto essere stato finalmente dotato di potere di intervento? Macchè. Il 24 ottobre di quest’anno la Giunta ha con solerzia (data la presenza della missione Unesco in città) avviato la discussione di una proposta di “Regolamento per lo svolgimento di attività di locazione esclusivamente per finalità turistiche per un periodo superiore a 120 giorni anche non consecutivi ad anno solare”. Si deroga al limite di 120 giorni nel caso in cui il locatore si prodighi in una serie di “buone maniere”: l’accoglienza deve avvenire di persona, devono essere forniti sacchetti colorati per le immondizie, devono essere esposti i n. telefonici per le emergenze e simili. Indoviniamo come andrà a finire! Locatari educatissimi e Il “Dio Mercato”, come lo chiama il piano strategico regionale del turismo, può stare tranquillo.

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Con maggiore  incisività lo scorso 31 dicembre 2024 la Regione Toscana ha promulgato il Testo unico sul turismo (legge n. 61) dove per i comuni ad alta densità turistica (Istat) sono previsti criteri specifici per le locazioni brevi (art.59): devono essere tutelate la residenza, la sostenibilità ambientale, la struttura urbanistica. Tra i limiti la possibilità di limitare le autorizzazioni  alla locazione a 5 anni, sia essa esercitata in forma imprenditoriale che non. Lo scorso 2 ottobre Il Consiglio comunale di Firenze aveva approvato una delibera che prevedeva il divieto di utilizzo degli immobili con destinazione residenziale per affitti turistici brevi nel centro storico della città, area sottoposta a vincolo Unesco, e prevedeva l’azzeramento dell’Imu sulla seconda casa, per tre anni, in favore di coloro che avrebbero rinunciato alle locazioni brevi a favore di quelle ordinarie.

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I fatti. Nel centro storico di Venezia oggi vivono circa 48.000 residenti e ci sono circa 50.000 posti letto ad uso turistico distinti in 23.000 nelle 5.770 locazione turistiche 27.000 negli alberghi e altre strutture. L’incremento dei posti letto nelle locazioni turistiche è stato molto forte nei tre anni 2016-2019 con l’affermarsi della piattaforma Airbnb che ha visto quasi raddoppiati i posti letto iscritti al sito con un tasso di aumento annuo poco inferiore al 30 per cento: un incremento così rapido può derivare solo in piccola parte dal restauro di abitazioni in precedenza inabitabili, ma è dovuto al cambio di destinazione. Alloggi prima abitati da residenti o da studenti sono ora rivolti ad uso turistico con relativamente piccoli lavori di adattamento, senza cambiare la loro destinazione che resta “residenziale”.

Gli interventi legislativi che hanno promosso gli affitti turistici lo hanno fatto basandosi sul presupposto che si tratti, in buona parte, di una attività che genera forme integrative di reddito. Ma si tratta di un presupposto non vero: le locazioni turistiche sono attività economiche a tutti gli effetti, che molto spesso fanno capo a soggetti che possiedono più alloggi. I dati di cui disponiamo non sono ideali per studiare il problema: si riferiscono agli inserzionisti, che non coincidono con i proprietari, ma possono aiutano a delineare le coordinate del fenomeno. Nel 2019, data a cui risale la indagine sui dati di Inside Airbnb elaborata da Ocio, a Venezia il 71 per cento delle offerte del portale facevano capo a inserzionisti multi alloggio, tipicamente titolari di attività professionali. Dai dati, infatti, emerge che gli inserzionisti che indicano un solo alloggio sul mercato della locazione breve rappresentano una minoranza e all’interno dei multi host, inoltre, si stanno facendo strada i “corporate host”, cioè operatori professionali, imprese che fanno della locazione turistica degli appartamenti una vera e propria attività economica. Complessivamente i corporate-host gestiscono il 30 er cento di tutti gli immobili messi in affitto a fini turistici. Non è nemmeno verificato il presupposto della sharing economy su cui era fondata all’origine Airbnb, perché nel 76 per cento degli alloggi offerti nel comune, gli annunci pubblicati su questo portale si riferiscono all’affitto di interi appartamenti, in cui non abita nessuno e quindi non si tratta di condivisione. Né si tratta di attività occasionali, dal momento che la maggior parte degli annunci si riferisce ad appartamenti disponibili per lunghi intervalli temporali. 

La locazione turistica è una attività che produce molta ricchezza: il valore aggiunto del comune di Venezia dovuto al turismo è stimato attorno ai tre miliardi, di cui circa 1/10 riconducibili alle locazioni turistiche (riprendendo Istat, Il conto satellite del turismo). Il costo medio per un pernottamento è oggi di 224€ nel comune, con punte di 300€ nella città storica. Oltre alla ricchezza prodotta da questa attività è importante capire come essa è distribuita. Nel 2019 il 5 per cento dei multihost si sono divisi il 34 per cento degli utili generati attraverso la piattaforma. In alcuni casi i multihost offrono semplicemente servizi di intermediazione per i veri proprietari, e lo fanno anche se si trovano lontano da Venezia, ad esempio gestendo i check-in e le pulizie degli alloggi, in cambio di una quota dell’incasso solitamente attorno al 30 per cento. Ci sono host con indirizzo straniero, Londra, Parigi, le Mauritius, San Francisco, Chicago, Boston e altre città. Si tratta quindi di una ricchezza elevata, probabilmente concentrata nelle mani di pochi.

Dai dati veneziani emerge che l’host più “ricco” ha offerto 130 alloggi, tutti in centro storico. Il secondo ne ha pubblicizzati 118. Il terzo 81. Sono 1809 gli alloggi, il 30 per cento del totale, che fanno riferimento a host che gestiscono più di dieci alloggi ciascuno, ed è probabile che siano riconducibili ad “agenzie”. 

Altro fenomeno è quello dovuto agli appartamenti in locazione turistica, gestiti di fatto da alberghi. Gli appartamenti in questione usano diversi servizi dell’hotel, dall’accoglienza alle colazioni, dalle prenotazioni alle pulizie, ma mantengono la destinazione d’uso residenziale, configurando così una chiara elusione del divieto comunale di aprire nuovi alberghi. Se consideriamo il centrale sestiere di San Marco notiamo che i letti in locazione turistica sono aumentati negli ultimi cinque anni del 25 per cento, mentre esercizi alberghieri ed extralberghieri hanno perso una cinquantina di letti. In realtà non è stato così perché interi palazzetti “residenziali” sono gestiti da alberghi. Ne sono esempio Rosa Salva Hotel (aggiunge tredici letti con le adiacenti locazioni turistiche), Palazzo Paruta (+9), Egò Boutique (+13), Savoia e Jolanda (+7) e tanti altri in questo e in altri sestieri.

C’è poi il caso di alcune istituzioni che hanno destinato a locazione turistica alcuni palazzetti trasformati in spregio dell’art 42 del regolamento edilizio del comune che richiede che negli edifici costituiti da più unità immobiliari vi possano essere più attività di B&B o locazione turistica purché «non siano tra loro in comunicazione fisica o poste in continuità diretta”. Questo articolo esprime la volontà di evitare che allo stesso piano di un edificio ovvero in un intero palazzo si installino prevalentemente, se non esclusivamente, attività di ospitalità turistica. Un palazzetto è proprietà di Banca d’Italia (12 locazioni turistiche per 54 posti letto), uno di Assicurazioni Generali (19 locazioni turistiche con 81 posti letto uno di Alfasigma (9 per 39 posti letto). Banca d’Italia è una istituzione pubblica che non si fa problema nel contribuire al fenomeno controverso degli affitti turistici, con le sue pesanti ripercussioni sociali. Inquietante poi che Generali, creatrici nel 2017 della fondazione The Human Safety Net con lo scopo “aiutare le persone a costruire un futuro più sicuro e sostenibile prendendosi cura delle loro vite e dei loro sogni” non percepisca lo stridio tra tali parole e la realtà dei fatti che ha contribuito a creare. Infatti sostenibilità significa garantire la coesione sociale della comunità e la residenzialità ne è il presupposto, la locazione turistica senza regole, l’antitesi. Tra le Fondazioni dispiace annoverare anche la Querini Stampalia che forse potrebbe fare dell’affitto a residenti un esempio di tutela della struttura sociale, invece di fare cassa attraverso alcune locazioni turistiche, depauperando in questo modo la città.

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Concludendo. A Venezia sono numerose le case vuote abbandonate e in stato di degrado, l’edilizia pubblica è molto marginale e il mercato è lasciato in mano ad acquirenti, in molti casi, stranieri. È un mercato florido, che macina profitti, dove i prezzi delle zone pregiate salgono alle stelle, che ha emarginato la domanda per destinare alloggi in locazione a studenti e a residenti.

Si dice che la domanda da parte dei residenti è bassa, che gli abitanti di Venezia si sono ridotti a 1/3 di quanti erano cinquant’anni fa a causa di una molteplicità di fattori di cui molto si discute e che l’abbandono della città ha preceduto l’impennata degli arrivi turistici degli ultimi decenni. Tutto vero, tuttavia esiste una domanda da parte di residenti a Venezia che lavorano in città, degli studenti, di coloro che operano nel campo delle arti, della musica dello spettacolo. C’è poi una domanda crescente di alloggi da parte di lavoratori che operano da remoto per lunghi periodi di tempo con tecnologie digitali e che desiderano trascorrere parte della loro vita a Venezia.  È una domanda che va potenziata, creata, e che ha alla base un diverso progetto di città. È sulla base di questo progetto che assume significato un intervento sul mercato immobiliare.

Vanno incentivati lo sviluppo di attività economiche compatibili con il ruolo della città nell’economia e della cultura, dedicando degli spazi a attività di co-working, alla formazione di start up in Venezia, attività che trasformino chi vive da utente della città a partecipante alla sua vita. Ricordiamo l’esperimento Venywhere con ottimi risultati iniziali, chiuso per la difficoltà di reperire alloggi: la domanda da parte dei “nomadi digitali” c’è stata, la città si è dimostrata fortemente attrattiva, sono mancati gli alloggi!

E’ necessario promuovere la permanenza in città di studenti che presentino interessanti progetti di attività, che vengano cofinanziati, con la possibilità di sviluppare il capitale che hanno costruito con i loro studi in ambito culturale, artistico, assicurando che possano partecipare alla assegnazione di alloggi in edilizia sovvenzionata, accanto e in misura limitata rispetto ai meno abbienti. E’ necessario pensare a spazi che valorizzino esperienze legate al polo medicale che dovrebbe sorgere al Lido, a un porto che superi le titubanze, scelga finalmente di affacciarsi al mare, ma sviluppi un insieme di attività logistiche che lo incardinino fortemente al territorio, al retroporto, al Nord Est e all’Europa centrale. Attività che possono prendere posto sulle vecchie banchine portuali e rivitalizzare la città, portare nuove energie. E pensare a tante altre attività in connessione alle università e agli altri istituti di istruzione superiore, agli studi classici rispetto ai quali la vita a Venezia costituisce una esperienza unica e che sarebbe opportuno, e non difficile, valorizzare. Una presenza turistica può convivere ed essere volano prezioso per molte di queste pratiche, qualora sia mantenuta entro adeguati binari di sviluppo e non stravolga l’equilibrio sociale della città.

(Ringrazio A. Corona a G. Menegus per info e suggerimenti e rinvio a www.ocio.venezia.it  per approfondimenti).

immagine di copertina: Una Venezia immaginaria (da Chatgtp)

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Abitare Venezia, affittare Venezia was last modified: Gennaio 27th, 2025 by GUIDO MOLTEDO

Abitare Venezia, affittare Venezia
ultima modifica: 2025-01-27T11:50:59+01:00
da GUIDO MOLTEDO

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