Bergamo. “La Memoria non si deve relegare al passato: va attualizzata diventando spunto di riflessione”. Così il professor Roberto Calvo, docente ordinario di diritto privato all’Università della Valle d’Aosta, invita a essere consapevoli della storia per evitare che avvenimenti come quelli accaduti durante l’esperienza nazifascista possano ripetersi.
In occasione dell’80° anniversario della liberazione del campo di concentramento di Auschwitz, l’Università degli studi di Bergamo organizza, lunedì 27 gennaio dalle 16.30 alle 18 alla Sala Galeotti nella sede di via dei Caniana, 2, un incontro dal titolo “Diritto e memoria. L’ordinamento criminale della deportazione”, per favorire un momento di approfondimento sulle distorsioni del diritto che hanno condotto alle politiche di sterminio attuate durante l’Olocausto.
Il professor Calvo, autore del volume “L’ordinamento criminale della deportazione” (Laterza), interverrà concentrandosi su queste tematiche: lo abbiam o intervistato per saperne di più.
Le deportazioni naziste sono state il risultato di un’escalation su un piano prima di tutto umano e sociale, quindi politico e giuridico. Com’è stato possibile arrivare a quel punto?
Il procedimento amministrativo e giuridico di deportazione si è fondato su una logica antisemita. Era la logica su cui si basava il Terzo Reich ed era stata preannunciata da Hitler nel Mein Kampf, il libro in cui espose il suo pensiero politico e delineò il programma del partito nazista. Era un’idea dello Stato incentrata sull’odio razziale, che divenne anche il fondamento del suo ordinamento giuridico.
Ci spieghi
Il sistema giuridico che si è instaurato con l’ascesa di Hitler al cancellierato nel 1933 si fondava sull’attivazione di pieni poteri al governo. Avvenne per effetto di una norma contenuta nella Costituzione di Weimar che, in presenza di uno stato di emergenza, prevedeva questa possibilità. E l’emergenza in questione venne creata deliberatamente dai nazisti con l’incendio del Reichstag, sede del Parlamento tedesco. In virtù di una norma costituzionale, così, il governo divenne titolare del potere legislativo oltre che di quello esecutivo.
Fu un passaggio fondamentale, ma Hitler non si fermò a questo
Esattamente. Accentrò nelle sue mani anche il potere giudiziario: nella logica degenerata del totalitarismo, il cancelliere supremo in quanto vertice assoluto, era anche giudice. A quel punto Hitler disponeva di tutti i poteri della tradizione tripartita risalente a Montesquieu. Li concentrava su di sé come un monarca assoluto che aveva come base da un lato l’etica degenerata e bestiale dello sterminio dell’odiato ebreo e dall’altro la cancellazione di ogni traccia di ciò che avesse a che fare con la cultura ebraica e con quello che non era ritenuto ariano, dunque veniva considerato inferiore. Affermava la supremazia del popolo tedesco, che nella sua logica aveva anche il diritto di invadere e occupare gli altri Stati autonomi: avvenne cominciando con Austria e Polonia, proseguendo con ulteriori espansioni come la storia ci ha insegnato e ha documentato. La cancellazione delle regole del diritto internazionale è un altro tratto caratteristico del regime nazista: lo aveva già scritto nel Mein Kampf quando si trovava in carcere in seguito al tentativo di Putsch (colpo di Stato) che aveva ordito.
I contenuti del Mein Kampf vennero sottovalutati?
Questo è il grande dilemma. Col senno del poi, possiamo dire che evidentemente sono stati sottovalutati. L’epilogo della Prima guerra mondiale ha avuto pesanti strascichi sulla Germania, che uscì umiliata dal conflitto. In questo contesto, al suo interno, si diffuse un forte odio nei confronti delle potenze vincitrici e si identificava nell’ebreo il titolare del potere economico, culturale e politico. Questa ostilità trovava una base piuttosto diffusa nella popolazione e fece sempre più presa. L’uomo forte che esaltava la potenza assoluta dell’arianesimo impersonificato dalla genìa tedesca consentiva di revisionare gli equilibri che erano stati profondamente alterati dopo la Grande Guerra. A tutto ciò va aggiunto lo spauracchio del bolscevismo, perché il Partito Comunista aveva un certo potere.
L’immagine dell’uomo forte risultava particolarmente attrattiva in quel contesto
Dopo la Prima guerra mondiale, in un contesto segnato da parecchie difficoltà, nella popolazione c’era una certa sensibilità ad essere affascinata dall’uomo forte che disprezzava tutte le minoranze e le situazioni politico-giuridiche ed economiche che venivano additate come portatrici di una condizione di debolezza e instabilità.
Sul piano giuridico, che differenze ci sono fra quanto fatto nell’Italia fascista e nella Germania nazista? Potrebbe illustrarci i principali passi e le distorsioni del diritto in questi regimi?
L’Italia, il fascismo italiano e lo stesso Mussolini non erano antisemiti e nemmeno antiebrei. Anzi, nell’Italia fascista per un certo periodo molti ebrei erano iscritti al partito e occupavano posizioni importanti nella struttura dello Stato. Nel partito fascista c’erano anche antisemiti ma fino al 1938 ebbero una posizione marginale. Tutto è cambiato con la firma del Patto d’Acciaio, che venne siglato fra Hitler e Mussolini, dando vita all’Asse Roma-Berlino.
Cosa accadde?
Mussolini doveva dimostrare a Hitler la sua totale fedeltà e così vennero varate le leggi razziali in Italia. Fu un rovesciamento nei rapporti fra i due, perché in precedenza Hitler si era considerato allievo di Mussolini e lo riteneva un riferimento, mentre a quel punto gli equilibri mutarono. Il maestro si genuflesse all’allievo e quei provvedimenti ne diedero prova. L’antisemitismo italico, però, non era radicato nella cultura del Paese e non era diffuso nella popolazione come in Germania: si trattava di un antiebraismo per convenienza politica, anche se questo non rende meno grave la decisione di Mussolini.
Fu l’inizio di un’escalation su un piano giuridico
Con l’emanazione delle leggi razziali che imitarono le leggi di Norimberga si è assistito al razzismo di Stato. Fu un antiebraismo meno devastante di quello germanico, perché in Italia non si è mai arrivati alla sottrazione del diritto di cittadinanza per gli ebrei, ma fu comunque grave. Un passaggio ulteriore si ebbe con la fondazione della Repubblica di Salò, in cui lo Stato fantoccio imposto e tutelato da Hitler aveva come credo ideologico la sconfitta del nemico ebreo. Era un obiettivo che legittimava lo Stato attraverso atti amministrativi governativi volti a consegnare gli ebrei ai gerarchi nazisti per la deportazione verso i campi di concentramento. Nella Repubblica di Salò il capo del governo aveva potere assoluto ed era di fatto un monarca. In precedenza, con il fascismo, sulla carta era rimasto il parlamento, mentre nella fase repubblichina non c’era più. C’è una corrispondenza totale, quindi, fra la Repubblica di Salò e il Terzo Reich: i loro partecipanti hanno le stesse responsabilità.
Potrebbe spiegarci meglio?
Non c’è alcuna possibilità di alleviare le responsabilità degli uomini della Repubblica di Salò, perché parteciparono a pieno titolo al disegno di sterminio dell’odiato ebreo messo in atto dalla Germania nazista di Hitler. Secondo la sua visione, gli ebrei erano oggetti da usare, abusare e distruggere: la disumanizzazione era legge. Anche in Italia la deportazione avvenne sotto l’egida della legge, che fu denaturata e snaturata dei suoi valori giusnaturalistici. La Repubblica di Salò era fondata su un ordinamento criminale: veniva tradita la funzione della legge, che deve essere orientata a un obiettivo di giustizia universale.
Su un piano giuridico, era possibile fare qualcosa di diverso per scongiurare questa deriva?
La grande maggioranza della magistratura italiana sotto il ventennio fascista ha fatto tutto il possibile per arginare il pericolo che poi sarebbe diventato dirompente con le leggi razziali. La Costituzione vigente all’epoca, ossia lo Statuto Albertino, era debole, cioè si poteva modificare con leggi ordinarie. Attraverso una semplice deliberazione ordinaria, una maggioranza parlamentare ne poteva minare le fondamenta, così per esempio venne abolito il senato che venne convertito in camera delle corporazioni.
Per concludere, che misure sono state messe in atto per evitare che simili distorsioni possano ripetersi?
Sulla base dell’esperienza vissuta sotto il nazifascismo, la Costituzione venne blindata attraverso una regola che consente di poterla modificare solo con una legge costituzionale, ossia sottoposta a procedimenti particolari, più articolati di quelli di una legge ordinaria. Inoltre, la Carta non è modificabile nei suoi fondamenti: ci sono principi che non si possono alterare, alcuni espressi e altri impliciti. Sono stati posti limiti che derivano dalla visione giusnaturalistica, ossia non è possibile snaturare l’idea di giustizia e tutela della dignità umana in tutte le sue sfaccettature. Altro baluardo è la Corte costituzionale, che può intervenire su leggi ordinarie in contrasto con i principi della Carta. Possiamo affermare, dunque, che la Costituzione sia figlia dell’esperienza della Memoria.
Passa il tempo, ma il ruolo della magistratura resta scomodo e per questo spesso subisce attacchi da esponenti di varie forze politiche
Il potere giudiziario, di fatto, costituisce un limite a quello esecutivo e a quello legislativo. È nella logica della tripartizione dei poteri da cui si alimenta e trae vita la democrazia. Fra queste componenti può esserci contrapposizione, un confronto che parte da un modo diverso di vedere determinate questioni o la realtà sociale, ma il fatto che siano distinte è garanzia della libertà del cittadino. Si potrebbe tornare a un imbarbarimento del potere solo ricorrendo a una cancellazione del sistema.
Possiamo essere certi che simili escalation non accadano di nuovo in futuro?
No, non possiamo escludere che fatti simili si possano ripetere, perciò dico sempre che non si tratta di tematiche relative solamente al passato. È importante attualizzare il significato della Memoria per evitare che nel prossimo futuro possa riproporsi quanto accaduto. In linea generale, quando un’escalation porta all’illegalità e si esce dallo Stato significa sopprimere lo Stato stesso e questo rappresenta sicuramente un campanello d’allarme.
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