La start-up ha realizzato il suo ultimo chatbot, lanciato la settimana scorsa, che vanta prestazioni simili se non superiori a quelle delle aziende americane. Ci è riuscita utilizzando una quantità di chip notevolmente inferiore, spendendo molto meno e nonostante i limiti all’export tecnologico di Washington. Si apre una nuova fase nella corsa all’IA
27/01/2025
La nuova preoccupazione che arriva dalla Cina si chiama DeepSeek. L’ultimo chatbot (DeepSeek R1) rilasciato dalla start-up di intelligenza artificiale con sede a Hangzhou ha letteralmente gettato nel panico le concorrenti americane, eguagliando o addirittura superando in termini di prestazioni i modelli sviluppati da OpenAI, Meta e Anthropic.
Il risultato sta nei numeri, estremamente negativi per i giganti statunitensi. A rimetterci di più è stata Nvidia, che dovrebbe perdere 300 miliardi di dollari di valore di mercato, il calo più grande mai registrato da un’azienda. Nelle contrattazioni pre-mercato le sue azioni sono scese dell’11%, ma anche le altre non ridono. ASML, produttore europeo di semiconduttori, è sceso del 10%, Microsoft ha perso il 6%, Meta il 5%. Anche la giapponese SoftBank, che avrà un ruolo centrale nel mega-progetto di IA Stargate promosso dalla nuova amministrazione statunitense, ha perso l’8%. In sofferenza c’è l’intero comparto, con i future azionari che presagivano un -4,2% nel Nasdaq. Anche le aziende collaterali sono in difficoltà. Siemens Energy, che fornisce hardware elettronico per le infrastrutture di IA, ha subito un pesante -22%, mentre la francese Schneider Electric specializzata in servizi per data center ha contato un -9,2%.
Lanciato appena una settimana fa, il chatbot di DeepSeek è in vetta alla classifica dei download di Apple Store. Marc Andressen, investitore molto vicino al presidente Donald Trump, non si è frenato nei paragoni parlando di una svolta per l’intelligenza artificiale simile a quella rappresentata al tempo dal satellite sovietico Sputnik. “DeepSeek R1 è una delle scoperte più incredibili che abbia mai visto”, ha scritto su X.
Il motivo, come anticipato, sta nelle prestazioni a dir poco performanti. Come gli altri, si basa su un modello linguistico di grandi dimensioni, ma con la differenza che è open source. Pertanto è accessibile a tutti. È capace di generare un testo qualsiasi, anche una canzone; può suggerire ricette da cucinare a seconda degli alimenti che si hanno a disposizione; è in grado di risolvere le incombenze quotidiane; può parlare diverse lingue – sebbene preferisca il cinese. Quando però gli si chiede conto dell’operato del governo cinese, preferisce “parlare di qualcos’altro” come molti altri chat-bot sviluppati all’ombra del Dragone.
Soprattutto, ciò che ha lasciato stupiti, è che tutta questa potenzialità è stata raggiunta con un numero molto più basso di chip rispetto a quelli usati dalle aziende occidentali. Il costo complessivo per il progetto si aggira intorno ai 6 milioni di dollari (5,6 milioni, ha dichiarato l’azienda). Una cifra a dir poco irrisoria se paragonata con quelle sborsate dalle rivali. Secondo qualcuno una minor spesa ha i suoi riflessi negativi: il modello cinese non può ad esempio tenere traccia di lunghe conversazioni, per cui è richiesto un investimento maggiore, così come per il chatbot di DeepSeek gli scienziati hanno saltato il processo di fine-tuning, ovvero il passaggio dell’apprendimento umano per renderlo più simile a noi.
Ad ogni modo, il suo successo apre un nuovo capitolo nella corsa all’intelligenza artificiale di Stati Uniti e Cina. E forse rischia di chiuderne anche un altro. Fino a oggi Washington ha cercato di limitare lo sviluppo di Pechino vietando un numero sempre maggiore di strumenti tecnologici, in modo tale che la rivale potesse non avvantaggiarsene. Non tutto però è andato come gli americani avrebbero voluto.
La Cina, tramite interlocutori terzi (alcuni anche occidentali), è riuscita comunque a reperire il materiale che le serviva per assottigliare il gap tra le due superpotenze. Ma soprattutto, ha dato sfoggio della sua creatività. Il governo centrale ha dato ordine ai suoi migliori talenti di mettersi al lavoro per trovare soluzioni con le poche risorse che avevano. Come osservato da Axios, “la scarsità stimola l’innovazione”. Questa potrebbe essere la più grande lezione da trarre per le aziende occidentali.
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