Roma
di FRANCESCO PROVINCIALI
27 gen 2025 10:44
Il 27 gennaio 1945 l’Armata Rossa varcava i cancelli del più grande campo di sterminio nazista, ad Auschwitz, in Polonia. Apparve subito agli occhi di chi entrò uno spettacolo sconvolgente: macerie, cumuli di cadaveri coperti dalla neve e dal fango. Il campo di concentramento era stato aperto Il 20 maggio del 1940, quando vi aveva fatto il suo ingresso il primo prigioniero ebreo. Insieme a Chelmo, Belzec, Sobibor, Treblinka, Majdanek. Buchenwald, Dachau, Jasenovac, Varsavia il complesso di Auschwitz-Birkenau rappresenta nella memoria storica tramandata il più grande campo di raccolta e di sterminio del Terzo Reich.
Dal giorno della sua apertura fino al funzionamento a saturazione della sua capienza Auschwitz ospitò stabilmente una media giornaliera compresa tra i 15 mila e i 20 mila prigionieri, tra militari e popolazione civile: uomini, donne, bambini e anziani.
Al termine del secondo conflitto mondiale le cifre della Shoah ci riferiscono di oltre 6 milioni di vittime nei campi di concentramento nel periodo compreso tra il 1933 e il 1945, di cui circa un milione e mezzo nel solo punto di internamento di Auschwitz, passato alla Storia come il simbolo dello sterminio del regime nazista.
Calcolando anche le centinaia di migliaia di ebrei uccisi tra la popolazione inerme nelle città e nei villaggi di Polonia, Ucraina, Bielorussia, Russia, nonchè i morti del ghetto di Varsavia il conto delle vittime dell’Olocausto sale a 7-8 milioni. Si stima che tra campi di lavoro, di transito, di internamente, e di sterminio furono almeno 55 i punti di raccolta dei prigionieri del regime nazista.
“Arbeit macht frei”: il lavoro rende liberi. Questo il monito che accoglieva i prigionieri nei campi di internamento. Dovremmo ricordarcene oggi, a 80 anni di distanza da quando fu scoperchiato il velo che aveva nascosto per anni orrori di ogni tipo, torture, camere a gas, violenze disumane.
Un ricordo quanto mai necessario in un momento storico in cui l’umanità è ancora alle prese con conflitti bellici, violazioni delle libertà dei popoli, rapimento di ostaggi, stupri, sequestri di bambini, bombardamenti a tappeto, distruzioni di città e villaggi, spettacoli agghiaccianti di sangue, morte, mutilazioni, macerie. Parole come nazismo, comunismo, discriminazione etnica e religiosa assumono significati ancora una volta paradossali che mai avremmo immaginato di ascoltare: si ripetono orrori, aberrazioni, olocausti del passato mentre le dittature si camuffano con sembianze diverse ma ripetono i disastri delle tirannie che tanto male e tanto odio hanno seminato.
Per rappresentare alla nostra epoca come le parole possano avere significati diversi, se usate in modo strumentale e come la realtà e l’evidenza dei fatti spieghino assai bene invece il sinistro senso retorico e aberrante che se ne può fare, richiamando principi e valori che si collocano totalmente al di fuori della civiltà e del rispetto dell’essere umano. Che in fondo vuol dire che a parole condivise possono corrispondere fatti ben diversi.
Come quelle pronunciate il giorno precedente l’apertura campo di Auschwitz”, spacciato come luogo di redenzione e libertà in nome del lavoro, appunto. Il 19 maggio di quel 1940 a Milano, il Ministro degli esteri del regime fascista, Conte Galeazzo Ciano – in occasione del 1° anniversario del Patto d’Acciaio, ebbe a dire: “Questa solenne adunata… assume un significato e un valore che a nessuno potrà sfuggire. Essa si compie mentre vicende di singolare grandezza creano, ora per ora, il nuovo destino dell’Europa e del mondo… (…) Quali siano questi compiti voi lo sapete al pari di me, essi sono dettati dalla difesa dei nostri diritti di Stato sovrano in terra, aria e sul mare, dalla necessità di realizzare le nostre aspirazioni che sono naturali perché eque e indispensabili alla vita stessa del Paese”. Sfogliando le pagine della Storia sappiamo oggi come andò a finire. Quanti anni dovranno ancora passare per conoscere le tragedie del presente, le vittime delle guerre e dell’insensatezza umana che ciclicamente si ripetono e alle quali non si riesce a porre un freno, dimenticando colpevolmente il passato?
@Foto Calvarese/Sir
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