La tregua a Gaza e in Libano è precaria, gli sfollati palestinesi tornano nel nord Striscia

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La tregua nella regione del Medio Oriente continua ad apparire precaria, malgrado gli accordi di cessate il fuoco nella Striscia di Gaza e nel sud del Libano. Nell’enclave palestinese, la tenuta della tregua è rimasta nelle ultime ore appesa attorno al nome di Arbel Yehud, la donna di 29 anni tenuta in ostaggio dai miliziani islamisti dal 7 ottobre 2023 e inizialmente inserita nella lista delle prime persone da liberare lo scorso 19 gennaio, per poi essere sostituita all’ultimo momento.

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Israele ha minacciato Hamas di non consentire il ritorno degli sfollati palestinesi nel nord della Striscia senza prima il rilascio della 29enne. Grazie alla mediazione del Qatar, le parti sono poi riuscite a raggiungere un’intesa, preservando così i termini dell’accordo per il cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi. Yehud sarà infatti riconsegnata giovedì, 30 gennaio, insieme ad altri due ostaggi, consentendo così ai palestinesi di fare ritorno nell’area settentrionale dell’enclave. Centinaia di migliaia di persone provenienti dal sud avrebbero già attraversato il corridoio Netzarim, che taglia in due parti la Striscia di Gaza. Secondo Hamas, “il ritorno degli sfollati alle loro case dimostra ancora una volta il fallimento dell’occupazione (Israele) nel raggiungere i suoi obiettivi aggressivi di sfollare il popolo e spezzare la volontà di resistere”.

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Il leader del partito israeliano Otzma Yehudit, Itamar Ben Gvir, ha definito la vicenda “umiliante”. “Questo non è l’aspetto di una vittoria totale, è l’aspetto di una sconfitta totale”, ha scritto sul suo profilo X, aggiungendo: “Gli eroici soldati delle Idf non hanno dato le loro vite nella Striscia per questo (…) dobbiamo tornare in guerra e distruggere (Hamas)”. Ben Gvir è uno dei più fermi oppositori all’accordo di cessate il fuoco tra Israele e Hamas entrato in vigore il 19 gennaio e ha lasciato il governo del primo ministro Benjamin Netanyahu come forma di protesta contro l’intesa. Nel frattempo restano aperti gli interrogativi sulle sorti dei circa 90 ostaggi che si trovano ancora nella Striscia di Gaza. La prima fase dell’accordo tra Hamas e Israele prevede la liberazione di 33 persone in totale. Nella giornata di oggi, il portavoce del governo israeliano, David Mencer, ha tuttavia fatto sapere che otto dei 33 ostaggi sono morti. Nell’ambito della prima fase dell’accordo, sono già state rilasciate finora sette donne: Romi Gonen, Doron Steinbrecher ed Emily Damari, liberate il 19 gennaio, e Karina Ariev, Daniella Gilboa, Naama Levy e Liri Albag, riconsegnate sabato scorso. Pertanto, sono ancora in vita solo 18 degli altri 26 ostaggi che dovrebbero liberati secondo quanto previsto dall’intesa.

Il ministro della Difesa israeliano, Israel Katz, ha ribadito che lo Stato ebraico “continuerà a far rispettare rigorosamente” gli accordi di cessate il fuoco nella Striscia di Gaza e in Libano, aggiungendo che “chiunque infrangerà i termini o minaccerà le Forze di difesa di Israele ne pagherà l’intero prezzo”. Nella giornata di ieri è arrivato a scadenza l’accordo di cessate il fuoco tra Israele e il movimento libanese filo-iraniano Hezbollah. Una data attesa con trepidazione dagli sfollati del sud del Libano, ma anche con apprensione dato il mancato ritiro delle forze israeliane dalle postazioni occupate oltre la Linea blu, la linea di demarcazione che costituisce il confine de facto tra i due Paesi. Le Idf hanno aperto il fuoco contro i civili che tentavano di tornare alle loro case malgrado un via libera ufficiale, uccidendo 24 persone, tra cui sei donne, come ha riferito il centro operativo di emergenza del ministero della Sanità libanese, aggiungendo che sono state anche ferite 134 persone, tra cui 14 donne e 12 minori. Gli attacchi si sono ripetuti nella giornata di oggi, con almeno due morti e una decina di feriti in diversi villaggi meridionali. Nonostante questo, la tregua è stata rinnovata e le truppe israeliane avranno tempo fino al 18 febbraio per ritirarsi.

L’esercito libanese, da parte sua, ha annunciato che sta dispiegando pattuglie e arrestando “persone sospette” dopo che ieri sera il partito sciita Hezbollah ha organizzato dei convogli armati a Saida e Maghdouché, nel sud del Libano, e in varie zone della capitale libanese Beirut, in particolare nei quartieri di Ain Mraissé, Sakiet el Janzir, Furn el Chebbak e Gemmayzé, per celebrare il ritorno degli sfollati ai villaggi meridionali. “In risposta agli incidenti che ieri sera hanno coinvolto individui alla guida di motociclette e con bandiere di partito, che hanno tenuto raduni in diverse parti del Libano, con spari e provocazioni che minacciavano la pace civile, le unità dell’esercito hanno condotto pattugliamenti per prevenire azioni che minano la sicurezza e la stabilità”, hanno fatto sapere in un comunicato le Forze armate libanesi, che hanno esortato la popolazione ad agire con prudenza e responsabilità per “preservare l’unità nazionale e la coesistenza”.

 

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