È il 1860, Garibaldi sbarca in Sicilia per la spedizione che porterà all’Unità d’Italia, vittoriosa sull’esercito regio grazie anche alla manovra diversiva concertata con il colonnello palermitano Vincenzo Giordano Orsini, ufficiale ribelle che nelle sue file di garibaldini recluta anche i poveri e i maramaldi. Garibaldi è Tommaso Ragno, Orsini è Toni Servillo e i maramaldi Ficarra e Picone. Il film è L’abbaglio, il regista, naturalmente, Roberto Andò, che ritrova i protagonisti del suo mirabile successo La stranezza. Tra le truppe di sbandati, i veri idealisti e gli eroi per caso su cui si formò l’Italia, si insinua una suora che tanto santa non è, Assuntina, interpretata con brio da Giulia Andò, figlia e complice dell’autore, cinque film insieme, una candidatura ai David e un Nastro d’Argento Speciale. Elle li ha riuniti per una conversazione tra cinema e sentimenti, non senza qualche baruffa. A ritrarli per noi, Lia Pasqualino, fotografa nota e allieva di Letizia Battaglia, moglie di Roberto e mamma di Giulia.
Una famiglia artistica, siciliana nel cuore. Come lavorano assieme un padre e una figlia, il regista e la sua attrice speciale?
Roberto: È stata una sorpresa, Giulia da ragazza non sembrava destinata a fare l’attrice, preferiva scrivere, come chi ha bisogno di una propria zona d’ombra in cui esprimersi. La folgorazione è arrivata a Siracusa, con La terra desolata di T.S. Eliot, spettacolo interpretato da Fiona Shaw interamente in inglese. Ho poi scoperto che lo stava studiando parola per parola come a sfidare la timidezza. È nata qui a nostra complicità.
Giulia: Quella sera non ho capito una parola, avevo solo 14 anni, ma Fiona mi comunicava grande forza. Questo è il mestiere più potente del mondo-ho pensato-devo impararlo. Quella donna era una maga e volevo scoprirne i trucchi. Sono molto timida, è stata una vera sfida scegliere di fare l’attrice, ha vinto il desiderio fortissimo di imparare a comunicare come lei, oltre ogni ostacolo.
Assuntina è interessante, scaltra, ribelle ma non idealista. Un’idea di entrambi?
Roberto: Nasce da un mio disagio, il film era tutto maschile e questo mi sembrava spaventoso, così mi sono inventato Assuntina nutrendomi di tanti racconti femminili. Mi ha colpito quello di Maria Grammatico, 83 anni, che gestisce la storica pasticceria di Erice: la madre vedova l’abbandona giovinetta nel convento dove compravano i dolci, diventa novizia e non esce più. La sua è però una straordinaria storia di liberazione perché proprio lì dentro impara l’arte da pasticcera. Volevo che la mia Assuntina fosse irriverente: ruba e mente per emanciparsi.
Giulia: Era talmente divertente che tutto mi sembrava perfetto, stavolta non ho aggiunto nulla.
Roberto: (sorride)
Con Giulia siamo diventati una ditta. The Firm, come i reali inglesi. Sul set litigate?
Giulia: All’inizio, con i primi film, non tutto è andato liscio. Oggi abbiamo raggiunto un equilibrio magico, è il vantaggio di conoscersi molto bene e quindi di comunicare velocemente.
Roberto: In realtà continuiamo a litigare, ma da padre e figlia, mai da regista e attrice. All’inizio, sul set, prevaleva il disagio reciproco, Giulia ha sofferto il peso di questo padre regista. Anche se la vicinanza le ha consentito di far gavetta di scrittura.
Giulia, però, ha recitato soprattutto con papà. C’è una difficoltà?
Giulia: A lungo, sugli altri set, non mi sono sentita completamente libera, avvertivo l’ansia di dimostrare quanto ero capace, autonoma. Sospetto che il disagio fosse nel mio sguardo.
Roberto: Giulia ha cominciato nel momento in cui andava molto il proletariato romano. Una specie di must: quel tipo di calata, quel mondo, mentre lei racconta un altro universo e il cinema italiano non ha quei personaggi.
Voi comunicate una Sicilia forte, profonda. L’abbaglio è anche un film sulla sicilianità, un viaggio in luoghi da scoprire: Erice, Ficuzza, il monastero di Fragalà dove incontriamo Assuntina…
Roberto: Location di natura molto potente, complessa come l’anima della regione. Bellolampo sospeso tra bellezza assoluta e discarica abusiva, illegale. Il convento di Santa Maria del Bosco nella Sicilia delle sconfinate distese di grano e la piazza da western di Palazzo Adriano dove fu girato Nuovo Cinema Paradiso.
Il Risorgimento per alludere all’attualità. In questo gioco rientra anche la figura di Assuntina?
Giulia: Assuntina è più moderna del contesto in cui si muove, ha un’ intelligenza istintiva. Sogna l’amore romantico ma è disposta a tutto pur di migliorare la sua condizione di donna, è spregiudicata.
Roberto: (ride) Praticamente finisce biscazziera in un bordello, più di così…
Giulia: l’Unità d’Italia è fatta, su giocatori e clienti si alza solenne il coro del Nabucco, ma anche il suono amaro di quella parola, “l’abbaglio”…
Roberto: L’Italia purtroppo è quella bisca, dove si fa ancora uno strano commercio della propria vita, si conta molto sull’illegalità. Il movimento di fondo del nostro Paese, storicamente, mi sembra questo.
La vostra è una famiglia coesa, che condivide arte e lavoro. Quasi un’enclave, una forma di protezione…
Roberto: (divertito) è una bella fortezza. La Fortezza Andò.
Giulia: Ma no! Semplicemente stiamo bene in famiglia. Nonno, con le marionette, mi raccontava fiabe dalla mattina alla sera, quindi le storie mi hanno proprio salvato la vita. Tutti insieme abbiamo sempre giocato a immaginare altri mondi.
Roberto: C’è una condivisione profonda e perfino anomala, non tutti i padri sono amici dei figli e forse non è neppure giusto. Io credo di essere padre fino in fondo, ma s’è aperto uno spazio di intimità con Giulia che riguarda più l’amicizia. Abbiamo alle spalle una storia complicata, abbiamo vissuto cose molto dolorose. Le abbiamo condivise e superate. Sento Giulia molto vicina, conosce il codice Andò.
Giulia: Ma che cos’è questa cosa del Codice Andò? Non mi piace e non mi piace neppure l’idea della fortezza. C’è solo il piacere di fare le cose insieme.
Roberto: Hai ragione, sbaglio i vocaboli! Codice, per me, significa la trasmissione di certi valori anche creativi. Io ci credo, ma tu fai bene a rifiutare l’idea di un mondo chiuso che si compiace delle proprie regole.
Forse il codice per Andò è lo stile che ha messo a fuoco negli ultimi anni, un cinema civile, anche amaro, che integra senza pregiudizi la comicità.
Roberto: Per me la commedia non è in contraddizione con il dramma, è una forma icastica, che dal passato arriva a illuminare le contraddizioni dell’oggi. Il mio film prova a cogliere gli aspetti di una realtà sfuggente, quella del potere, della politica, o del paradosso siciliano come chiave per entrare nel paradosso italiano.
Giulia nel suo futuro cosa c’è?
Giulia: Mi sono dedicata molto alla scrittura. Ho finito la sceneggiatura di un film con Vincenzo Pirrotta, da un mio soggetto. Si intitola Tre madri, ci sono solo donne protagoniste e, no, non è ambientato in Sicilia ma in una cittadina del Nord Italia.
L’intervista si chiude su un messaggio chiaro, Giulia è fuori dalla fortezza.
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