Catania, la rabbia degli sfollati di via Gualandi “sballottati” alla Plaia: «Rivogliamo le nostre case e la nostra vita»

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Trentadue famiglie “a mare” alloggiate in quelle che sono poco più che cabine: «Stare qui è come stare sotto gli Archi»

«Siamo a mare. Ed è come stare sotto gli Archi della marina». Parola di Sebastiano, quasi 80 anni, residente in via Fratelli Gualandi. Una casa che ha però dovuto lasciare dopo 60 anni la sera del 21 gennaio, quando un’esplosione dovuta a una fuga di gas ha fatto crollare una palazzina e danneggiato molte altre. Dal suo alloggio provvisorio in un villaggio turistico alla Plaia, una sola stanza che condivide con la moglie e la figlia, dice: «Siamo vivi, chi l’avrebbe detto visto quel che è successo. Ma io e mia moglie abbiamo gravi problemi di salute, e ci sentiamo sballottati. Spero in una sistemazione vera, come era la casa dove sono arrivato con mia madre poco più che bambino. In via Gualandi ricordo ancora le bandiere americane». Già perché a quel che raccontano alcuni dei più anziani tra le circa cento persone oggi ospiti provvisoriamente in attesa che la situazione rientri «le case di quella zona erano prima destinate ai militari statunitensi. Poi cambiarono destinazione in alloggio popolare, e in queste case piccole, che all’epoca ospitavano famiglie anche di dieci persone, siamo cresciuti. E vogliamo tornarci», dice la figlia di Sebastiano, Maria, oggi sessantenne.

Sono in totale 32 le famiglie provvisoriamente alloggiate dalla Protezione civile in quelle che sono «poco più che cabine», a due passi dal mare. Ma di “villeggiatura turistica”, nonostante il nome della struttura, c’è ben poco. «Guardi, abbiamo questa stanza, il bagno e la cucina. E anche qui manca il gas», dice Maria, non nascondendo una certa ironia nel sottolinearne l’assenza dopo quanto avvenuto a Trappeto Nord.

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Una esplosione alla quale ha assistito in tempo reale, dalla propria auto: «Erano le 7 circa, l’area era già transennata e mi hanno fatto passare perché residente, con la raccomandazione “si chiuda in casa, e chiudete le finestre perché l’aria è piena di gas”. Ho percorso forse 25 metri in auto, ho visto quelli che credo siano dei tecnici o dei vigili del fuoco con torce e un grosso attrezzo con il quale martellavano a terra vicino a un tombino. Un attimo dopo li ho visti saltare in aria. Poi un secondo boato e ho visto le tegole che volavano. Ero con mio figlio, che abita in una casa sempre nella stessa via, e siamo andati a piedi senza meta nelle zone di campagna vicine, insieme ad altri vicini di casa che nel frattempo non sapevano cosa fare. Se ci fossimo chiusi in casa forse saremmo morti».

Lo shock tra questi cittadini ritrovatisi da un momento all’altro sfollati è tanto. «I bambini penso abbiano bisogno di un supporto psicologico», afferma una donna con il figlio di pochi mesi in braccio. «Quel che ci ha detto la Protezione civile – racconta il signor Massimo, anche lui qui con la famiglia al completo – è che staremo qui ancora un paio di giorni, forse fino a martedì. Per dopo non c’è certezza, vorremmo la sicurezza soprattutto per i nostri bambini, qualcuno ancora neonato e qualcun altro malato. Siamo disastrati».

«Questo non è un luogo opportuno per abitare, c’è umidità e la sera anche cattive frequentazioni», dice la signora Alessandra. Non è la prima volta che parla con la stampa: nella palazzina esplosa abita sua madre «ed è viva per miracolo, insieme ai suoi due fratelli. Uno è ora ustionato gravemente in ospedale, l’altro ha una malattia psichiatrica e deve poter stare in una struttura, non qui con nessuna possibilità di assistenza. Chiediamo urgentemente di poter trovare almeno un posto per mio zio. Poi appena ridaranno un tetto a mia madre lei tornerà ad occuparsi con lui», afferma.

Nella mattina di ieri le famiglie hanno ricevuto anche una visita, quella del vice presidente del Consiglio comunale Riccardo Pellegrino. «Sono qui perché credo sia giusto vedere come stanno queste persone in difficoltà. Purtroppo, come ho spiegato a loro – prosegue – il Comune non può fare molto. Ho parlato con il sindaco e si provvederà a chiedere dei fondi speciali alla Regione per vedere come aiutarli per un periodo più lungo».

«Che sia chiaro: noi vogliamo le nostre case, non una cifra per pagarci un affitto provvisoriamente. Non abbiamo più nulla, ma lavoriamo e possiamo riprenderci la nostra vita con una casa», afferma ancora un’altra residente, che è voluta rimanere anonima. E non è la sola che, pur nell’anonimato, non vuole perdere l’occasione per raccontare il proprio punto di vista: «Mia madre io l’ho portata qui oggi: ha la sua casa per fortuna ancora in piedi in via Gualandi, ma è invalida e qui non c’è nemmeno una sedia a rotelle. Dall’entrata del villaggio ha dovuto fare centinaia di metri a piedi per trovare la sua sistemazione, qui al villaggio ci dicono che non hanno autorizzazione per provvedere a usare anche i loro mezzi per accompagnarla». «Per fortuna siamo vivi, ma ci sono famiglie sballottate a destra e sinistra. Dateci di nuovo le nostre case, poi le sistemiamo pian piano. Muovetevi, fate il vostro dovere». «Se la situazione non si sblocca, potremmo anche occupare la chiesa durante Sant’Agata. Che ci ha fatto il miracolo, ma per avere la nostra casa siamo disposti anche a farci arrestare».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA





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