anche adulterazione e ibridazione mettono a rischio la produzione del miele

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L’apicoltura anche in Sicilia, come in tutta la penisola, morde il freno. In una regione come la nostra, la terza in Italia per patrimonio apistico, conta una produzione di miele pari al 20% della produzione nazionale, una risorsa quindi da tutelare e sostenere.

Come abbiamo visto questo come gli altri settori hanno sofferto tantissimo la crisi idrica. Un anno che ha visto difficoltà su vari fronti, clima avverso, piogge tardive, caldo torrido e incendi.

Negli ultimi mesi dello scorso anno, soprattutto, si è registrata una perdita notevole di prodotto, oltre il 95%, una situazione spiacevole per chi soprattutto vive di questa preziosa risorsa. L’apicoltura siciliana, importante segmento economico del settore agricolo, versa tuttora in una situazione di una grande sofferenza per le conseguenze ormai strutturali che le avversità climatiche stanno determinando anche in questo settore. La produzione è stata fortemente condizionata dallo sfasamento tra le stagioni, con un prolungamento dell’estate con alte temperature fino a dicembre.

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Gli innegabili eventi negativi hanno influito pesantemente sul ciclo biologico delle api. La Sicilia è ormai caratterizzata da un andamento meteorologico fortemente anomalo dal punto di vista termico, con ondate di calore molto intense e prolungate. Queste condizioni hanno determinato necessariamente gravi conseguenze agronomiche e fisiologiche su diverse colture e sono aggravate anche dai numerosi e diffusi incendi a carico della vegetazione erbacea, arbustiva ed arborea in molte aree della regione. Alla distruzione di interi apiari si aggiunge la distruzione dei “pascoli” estivi ed autunnali delle api, al punto tale che si interviene con l’alimentazione straordinaria per consentire la sopravvivenza degli sciami.

Negli ultimi mesi, soprattutto superata la “sfida” dei calabroni siamo in una fase di fermo con le api, in glomere ad oggi nel periodo invernale e a breve inizierà la stagione apistica 2025“, è quello che afferma Elisa di Fedeapicoltrice di Mezzojuso, in provincia di Palermo. Le problematiche esistenti sono sempre le stesse e rispecchiano tutto il periodo annuale, non solo questo in particolare.

L’eredità che ci portiamo dalla fine del 2024, che viviamo in questo primo periodo è l’emergenza dell’Aethina Tumida“. In Sicilia, esiste il decreto che blocca la fuoriuscita di animali vivi al di fuori della Sicilia. Si tratta di un’emergenza sanitaria a livello europeo e il servizio veterinario deve attuare le misure per il contenimento.

L’Aethina Tumida è un piccolo coleottero dell’alveare che fino a questo momento non era ancora presente in Europa. Si tratta essenzialmente di un parassita dell’alveare che dà origine a una particolare malattia, l’Aethiniosi, che deve essere obbligatoriamente denunciata. Questo parassita proviene dal Sudafrica e in alcune zone del continente africano coesiste senza particolari problemi con Apis mellifera scutellata e Apis mellifera capensis. Quest’ultima sembra infatti aver sviluppato un atteggiamento particolarmente aggressivo nei confronti del parassita, che riesce ad avere la meglio sull’alveare solo quando questo è già debole e in cattive condizioni. Il problema nasce quando l’Aethina tumida fa la sua comparsa al di fuori del suo “habitat naturale”.

Nel 1996 è stato individuato negli Stati Uniti. Dopo due anni, aveva già creato notevoli danni in Florida, quantificati a circa 3 milioni di dollari. Da lì si è poi diffuso in tutti gli Stati Uniti, in Egitto, Australia e Canada. Nel 2004 è stato individuato in Portogallo, la prima segnalazione avvenuta in Europa. In Italia, fa la sua comparsa nel 2014 prima in Calabria, a Gioia Tauro, e in Sicilia, a Melilli, in provincia di Siracusa. In seguito a questi ritrovamenti, il Ministero della Salute si è attivato per la distruzione degli alveari infetti e per il monitoraggio della diffusione del parassita tramite specifici piani di sorveglianza nazionale. Questa attività di controllo, confermata anche per il 2021, prevede controlli ciclici randomizzati e basati su calcoli specifici di rischio.

Dopo le strategie di contenimento erano riusciti a debellarla e quindi anche il quel periodo la Sicilia risultava essere bloccata per l’esportazione e la vendita di sciami, nuclei, ecc ecc. La Sicilia diventa successivamente indenne con massima libertà di commercio“. Ma fine novembre/dicembre 2024 i nuclei sentinella hanno dato riscontro positivo a questo coleottero, la Sicilia, quindi, è purtroppo ricaduta in questa emergenza. Mezza Sicilia bloccata nella prima fase, per poi espandersi dappertutto con il nuovo decreto, soprattutto nel Catanese e nel Messinese. “Eredità che ci portiamo nel 2025. Sperando che si riesca a contenere“.

L’Aethina tumida vive normalmente negli alveari, dove riesce a recuperare cibo e protezione dalle minacce esterne. Una volta entrati all’interno di un nuovo alveare, le femmine iniziano a deporre le uova, che si schiudono nell’arco massimo di 6 giorni. Sono proprio le larve a creare i danni maggiori all’alveare perché, scavando la cera alla ricerca di cibo, sia esso miele, polline o covata, compromettono i favi e le feci lasciate lungo il loro percorso portano alla fermentazione del miele. Uno dei segni rivelatori della presenza del parassita, infatti, è proprio l’odore di arance marce, tipico del miele fermentato, che si diffonde all’apertura dell’arnia.

Ma non basta. Uno dei problemi, che si ripercuote da anni è quello dell’adulterazione, dove al posto del prezioso miele i consumatori si trovano quello “falso“. L’industria agro-alimentare moderna produce sciroppi con composizioni molto simili a quelle del miele e per questo si prestano molto bene alla falsificazione dello stesso. Questi sciroppi vengono molto utilizzati nell’industria alimentare, delle bevande e vengono offerti anche per l’alimentazione delle api. In questo periodo tramite alcuni test per rilevare le frodi è venuto fuori come in realtà ci sia un’altissima possibilità di falsificazione ed è stata proprio l’organizzazione apicoltori ad affermare che gli enti di controllo alimentare e l’industria hanno fallito nel combattere il fenomeno.

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Per poi passare all’ibridazione.Nonostante sia accertato che le sottospecie di api che sono specifiche di un determinato territorio sono più resistenti e meglio adattate al territorio e quindi ai cambiamenti climatici e a tutto ciò che riguarda l’ambiente, nonostante già questo sia affermato da studiosi e ricercatori, c’è sempre qualcuno che per una questione di smania, preferisce non gestire gli ecotipi o le sottospecie che sono tipiche del territorio ma preferisce utilizzare degli ibridi, come le buckfast. C’è quindi un’ibridazione, una compromissione genetica della popolazione di api a livello nazionale e soprattutto regionale che è preoccupante perché incentiva il declino delle api“.

Un aspetto che continua ad esistere nonostante il rischio è quello di inquinare il patrimonio genetico delle razze autoctone, o comunque con buone caratteristiche. Pericoloso anche per chi decide di non puntare sull’ibridazione, “c’è sempre una contaminazione nel territorio che porta ad avere delle difficoltà in materia genetica”. e ciò va a rendere difficile il lavoro degli onesti apicoltori”.

Una serie di problematiche, quindi, che rendono il lavoro dell’apicoltore sempre più difficile, a maggior ragione per chi vive di questo mestiere, che ha come obiettivo quello di proteggere il miele e la sua qualità.



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