Quella mobilitazione forte che serve per salvare l’agricoltura europea

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Siamo chiamati a contrapporci. Al concorso di forze atte a desertificare la produzione agricola europea e italiana. E lo faremo. Daremo il via ad una mobilitazione permanente a partire dall’Italia

Caro direttore,

da quando sono alla guida della Coldiretti – principale organizzazione agricola del nostro paese – non mi era mai capitato di avvertire un disagio così marcato e così agevolmente individuabile nelle sue motivazioni, sale dalla nostra base associativa investendo progressivamente l’intera platea di coloro che fanno agricoltura in Italia e, temo, in tutta Europa.

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Che ciò accada nell’anno in cui l’agricoltura italiana è ai vertici europei per valore aggiunto non deve trarci in inganno: il grande lavoro fatto infatti non cancella le difficoltà incontrate lungo il cammino, né quelle che si annunciano per il futuro.

Motivi del disagio

La matrice di questo disagio – politica, sociale ed economica – intreccia una molteplicità di fattori, due principali: il tentativo di una parte influente dei decisori pubblici (soprattutto europei) di ridurre il fattore agricolo a merce di scambio; il silenzio che a partire dalla pandemia per arrivare all’aggressione russa in Ucraina, ha coperto le materialissime conseguenze che quel conflitto ha avuto, e ha, per la produzione agricola italiana ed europea.

Veniamo a quest’ultimo aspetto: gli indicatori relativi al prezzo dell’energia e dei mezzi utili alla produzione (a partire dai fertilizzanti) sono raddoppiati e danno segno di crescere ancora; tale aumento si è riverberato indirettamente e direttamente su una filiera di produzione del cibo che, direi storicamente, vede il produttore agricolo in condizioni di asimmetria, spesso di impotenza.

A ciò, come effetto collaterale, si è aggiunto un dilagare delle importazioni di derrate agricole nel nostro paese in ossequio ad una concezione del “libero commercio”, che nella declinazione più recente della globalizzazione, non prevede elementi di reciprocità sugli standard di produzione, di sicurezza, su quelli sociali e del lavoro, ma solo il prezzo più basso all’acquisto.
Contemporaneamente – e torniamo al primo “fattore”, quello della riduzione dell’agricoltura a merce di scambio – i grandi decisori europei in questi anni agiscono su più piani.

Sul lato delle erogazioni finanziarie, anche in tempi di inflazione e di alti tassi, abbassano i contributi della Politica agricola comune, pianificano una quota ancora più ridotta per il prossimo bilancio europeo e – è materia dell’ultima ora – ne ipotizzano una riduzione e uno spostamento di risorse legate agli armamenti.

Dal punto di vista del commercio internazionale, la Ue va senza indugio alla firma del Mercosur senza clausole specchio che tutelino le nostre produzioni. Di fatto – lo ribadisco – spalancando le porte alle importazioni selvagge senza tutele per i consumatori europei, senza contropartite per i produttori europei. Con un trattato come quello col Mercosur vengono danneggiate le piccole e medie imprese agricole Ue e sudamericane, e si mette a rischio la salute dei cittadini.

Impegno in Europa

Infine, le agricolture europee – quelle che hanno dato il più alto contributo alla riduzione delle emissioni globali del continente – non cessano di subire un’offensiva subdola e strisciante dal punto di vista di un presunto turbo-ambientalismo.

Iniziata con il cosiddetto Green Deal, proseguita con il via libera ai cibi da laboratorio, rafforzata dall’assenza totale di warning ai cibi ultra-trasformati e manipolati, tale impronta pseudo-ambientalistica è giunta – la conferma ci viene dalle rivelazioni di questi giorni – a “stornare” ingenti somme di denaro dai fondi europei, a favore delle ong ecologiste per supportare il lavoro di lobbying delle stesse e in particolare l’agenda green del commissario Timmermans. Tutto ciò sarebbe avvenuto con il beneplacito della Commissione europea, come candidamente ammesso dal commissario al bilancio europeo Piotr Serafin.

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È questo dunque il contesto “materiale” in cui si trova ad agire Coldiretti e le forze che organizzano i contadini nel resto d’Europa. Ed è a questo concorso di forze atte a desertificare la produzione agricola europea e italiana che siamo chiamati a contrapporci. E lo faremo. Daremo il via ad una mobilitazione permanente a partire dall’Italia. Non metteremo in strada qualche centinaio di trattori, ne metteremo decine di migliaia. Non agiremo in solitudine.

Daremo respiro europeo alla nostra protesta chiamando a raccolta gli esponenti di tutte le agricolture del continente. Non saremo da soli, perché sapremo raccontare all’opinione pubblica, che le nostre preoccupazioni su cibo, sicurezza e salute, sono le stesse loro.

Al di là della nostra mobilitazione, resta da interrogarsi su come la grandezza europea sia diventata miopia e come quest’ultima pregiudichi non già l’esistenza della Ue, ma il funzionamento stesso di ciò che noi occidentali chiamiamo democrazia.

*segretario generale Coldiretti

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