Quei tanti significati della parola «studente»

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Finanziamenti e agevolazioni

Agricoltura

 


Nella feroce cronaca dei giorni che stiamo vivendo si palesano parole ferrigne, termini bellicosi, vocaboli spaventosi che rinviano alla guerra: battaglia, bombardamento, prigionieri, ostaggi, terrore, vendette, rappresaglie, giustizie sommarie, se non infinite. Ma la storia che ha il compito di documentare, narrare e interpretare anche parole che, fuori dal fumigante contesto della barbarie e della violenza, suonano innocue, pacifiche. Scelgo nel campionario della cronaca, oltre che nella denominazione che i titolari di una burocrazia spietatamente tassativa impone: «studenti». Si tratta dei Talebani, presentati nelle traduzioni impervie di quelle plaghe linguistiche come «studenti della religione islamica». Sono quei giovinotti musulmani che, da anni, stanno impensierendo le opinioni pubbliche e la politica del pianeta, non con gli studi e la cultura islamiche, come avrebbero detto le cronache d’altri tempi, ma con terribili prodezze dettate dalla condanna a vita delle donne e del loro universo. E in tutto il mondo civile inorridiscono le cancellerie. Una parola simpatica che fa venire in mente la scuola, i pennini, il sillabario, le asticciole, la lavagna e il cancellino introvabile, il bidello. E, invece, denomina il compendio linguistico che serve a dire: diplomazie, politica estera, scacchiere (di guerra e non degli scacchi. Duttilità delle parole!) Ma torniamo a studente.

Bella parola nei paesi civili: colui che studia, colui che sta studiando. A memoria mia scholasticus è detto di chi frequenta le lezioni di un maestro. Per onorare il lemma, consulto l’impeccabile Zingarelli: Studente. Voce dotta, dal latino ‘studente(m)’, participio presente di ‘studere’, “occuparsi, applicarsi agli studi”. Chi è iscritto ad un corso di studi e lo frequenta regolarmente.

Il vocabolario, a parte ignorare che sono tanti gli studenti sulla cui regolarità non si può scommettere, continua nella dissertazione e fornisce dettagliate note ricche d’applicazioni e di luoghi idiomatici che ogni studioso studente pratica e conosce. A parte qualche riottosa ed esigua minoranza, tutti siamo stati studenti, anche per poco tempo, ma lo siamo stati. È vero: alle elementari ci chiamavano alunni, ma sempre studenti eravamo. Certo, gli studenti veri, a pieno titolo erano gli universitari, quelli grandi e arrivati alla meta o quasi, ma tutti coloro che hanno studiato sanno che la qualifica di studente ci piaceva. Ci piaceva, sia per quella indicazione del cursus studiorum che faceva di noi dei futuri buoni cittadini, sia perché ci metteva al riparo dalle sanzioni più severe in caso di scapestrataggini o di condotte troppo vivaci. Si diceva, infatti, non senza un bonario ammicco d’indulgenza, «So’ studenti» con un tono che, al tempo stesso, invocava tolleranza e radunava attenuanti, sia che stessero, gli alunni e le alunne, saccheggiando bar e caffè, sia che s’intruppassero in cortei di protesta, sia che andassero a far l’amore. Ma della condizione di studente ho goduto saporitamente in tutte le varianti per una stagione malinconicamente troppo breve, anche se, a detta di mio padre, pareva che io stessi facendo di tutto per protrarla all’infinito. Si chiamava andare fuori corso. Studente fuori corso. Si diceva con un misto di deplorazione e di strana deferenza per lo scavezzacollo che doveva essersela proprio goduta. La simpatia descritta era irrobustita da una vasta aneddotica che, partendo dagli acquarelli deamicisiani, si enfatizzava nella leggenda risorgimentale di Curtatone e Montanara, battaglie in cui gli studenti avevano combattuto eroicamente per l’idea nazionale sacrificando le punte dei cappelli goliardici per mirare meglio contro i soldati austriaci. Altri studenti anche loro.

Sconto crediti fiscali

Finanziamenti e contributi

 

E altri studenti, molto «altri», sono questi «Talebani». La parola significa, appunto, che stanno studiando qualcosa. Nella fattispecie i «Talebani» stanno studiando la teologia islamica. Disciplina seria, non c’è dubbio, ispirata e monumentale. Pur non essendo un esperto, immagino che ci voglia inclinazione, tenacia, buona volontà. Finiranno, comunque, prima o poi, mi dicevo già anni fa, quando cominciarono a farsi conoscere in giro. Prenderanno questo benedetto titolo di studio, il pezzo di carta invocato dalle nostre mamme. Diventeranno dottori. Smetteranno di darsi al bel tempo alternando esami e feste goliardiche. Prima o poi metteranno la testa a posto.

Beh, questo lo fanno spesso, pare, solo che la testa non è la loro, ma di «altre», e il posto è il canestro del boia. E, quanto a smettere di studiare per limiti d’età, i Talebani non ci pensano proprio, vogliono, a quel che sembra restare studenti a vita. Veramente loro direbbero a morte. E, attenzione, niente bisbocce, niente feste della matricola, soprattutto niente lauree o diplomi, ma solo una lunga, interminabile, orrenda frequenza. Barbara e noiosissima scuola. E non c’è uno che la marini questa scuola dell’ottusità e della ferocia. E dell’ignoranza. Questi, sì, che sono fuori corso. Della Storia.



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link