L’Associazione nazionale magistrati risponde alla spiegazione di Giorgia Meloni sulle cause della liberazione del generale libico Almasri, rimpatriato con un volo di Stato. La presidente del Consiglio, sabato, aveva sostenuto che era stato rilasciato “non per scelta del governo” ma “su disposizione della magistratura” e poi espulso perché, come aveva già affermato il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, “soggetto pericoloso”.
La spiegazione non è andata giù al sindacato dei magistrati: “In realtà, Almasri è stato liberato lo scorso 21 gennaio per inerzia del ministro della Giustizia che avrebbe potuto – perché notiziato dalla polizia giudiziaria il 19 gennaio e dalla Corte d’appello di Roma il 20 gennaio -, e dovuto, per rispetto degli obblighi internazionali, chiederne la custodia cautelare in vista della consegna alla Corte penale internazionale”, è stata la dura risposta della Giunta esecutiva centrale dell’Anm.
La corte de L’Aja, rimarca, che “aveva spiccato, nei suoi confronti, mandato di cattura per crimini contro l’umanità e crimini di guerra commessi nella prigione di Mitiga”. L’associazione ha quindi insistito per “amor di verità”, come si legge nella nota, nella “scelta politica” dietro il suo rimpatrio e nel “silenzio del Guardasigilli” che era “il solo deputato a domandare all’autorità giudiziaria una misura coercitiva”. Per questo, sottolinea l’Anm, Almasri è stato liberato e riaccompagnato in Libia “seppur indagato per atroci crimini”.
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