La sindrome dello zio Ugo ha colpito a Cremona

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Narrano le cronache di famiglia che lo zio Ugo, ormai defunto e all’epoca non esattamente studente modello, alla vigilia dell’esame di quinta elementare, fosse stato chiamato – al pari dei suoi compagni di classe – a scrivere un componimento di prova. Le cronache non riportano quale fosse il tema, ma l’argomento è del tutto secondario. Certo è che, non avendo alcuna intenzione di impegnarsi, consegnò alla maestra due fogli scritti fitti in bella calligrafia (il senso estetico non gli mancava) in cui ha riportato a correre sempre la stessa frase: «Il folletto fa pitto potto, il folletto fa pitto potto…».

Ovviamente portò a casa un bel due come voto. Sempre per dovere di cronaca va però anche detto che alla fine fu promosso, seppur con la garanzia che non avrebbe proseguito negli studi ma sarebbe andato al lavoro. All’alba del secolo scorso era ancora possibile.

Dovremmo forse assegnare lo stesso voto a maggioranza e opposizione del Comune di Cremona, evidentemente colte da sindrome dello zio Ugo (niente da dire oppure nessuna voglia di farlo sono i due principali sintomi) di fronte alla provocazione lanciata dalle colonne del giornale La Provincia venerdì mattina da Chiara Capelletti che si chiede – e chiede alla politica – di sapere dove sia finita la leadership di Cremona capoluogo? Finalmente una sfida a un mondo, quello agli amministratori e ai partiti di entrambi gli schieramenti, troppo presi da dispute sul piccolo cabotaggio, come asfalti, marciapiedi, luci, parcheggi e altre per essersene accorti. Certo, sono questioni essenziali per la vita quotidiana del cittadino, la cui soluzione si deve dare per scontata da parte di quella che si vuole definire una buona amministrazione. Ne va della qualità della vita quotidiana. Ma per ben governare è necessario anche avere una prospettiva.

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La buona amministrazione si nutre anche di un disegno di città al quale ispirarsi. In alcuni Paesi occidentali sono in corso già da anni sperimentazioni interessanti.

La Svezia, per esempio, aveva addirittura istituito il primo Dicastero del futuro. Nessuno pensa di chiedere a Cremona di arrivare a tanto. Si può però fare pressione sulla sua classe dirigente perché sieda attorno a un tavolo per interrogarsi su dove si vuole andare, con quali mezzi e con quali risorse. In poche parole di provare a capire che cosa sta per succedere, prima che si verifichi, per gestire i problemi prima che esplodano. E alla società civile nonché ai vari portatori di interessi perché si chiedano quanti dei nostri politici e relativi partiti hanno davvero a cuore il futuro e adottano una prospettiva di lungo periodo? E quanti — come in passato ha sottolineato l’ex ministro nei governi Letta e Draghi, Enrico Giovannini nel suo saggio ‘Scegliere il futuro’ — al contrario, propongono ricette di corto respiro, pur di conquistarsi un facile consenso, sebbene consapevoli dell’insostenibilità, a medio e lungo termine, delle loro proposte?

«Cremona capoluogo dov’è, con chi si confronta?, Che rapporto ha con i 48 Comuni del Distretto cremonese con i quali condivide molte tematiche?», si chiedeva Capelletti commentando una notizia a suo modo epocale. E cioè che il Comune di Sesto e Uniti, a un tiro di schioppo dal capoluogo provinciale, a breve entrerà in Consorzio.it. Azienda, ricorda la consigliera comunale di FdI di Cremona, a partecipazione pubblica prevalentemente operante in zona cremasca a supporto delle amministrazioni locali nella gestione di appalti. Un esempio della virtuosa collaborazione tra Comuni cremaschi, che peraltro vantano una capacità più che cinquantennale nell’unirsi per affrontare nodi e questioni sovra comunali. Un approccio tanto più necessario oggi, con amministrazioni sulle soglie del collasso economico e con carenza di personale adeguatamente preparato ad affrontare la burocrazia sempre più asfissiante necessaria per partecipare a bandi pubblici.

Un Comune cremonese sceglie di guardare al Cremasco per avere un futuro. In un furore campanilista qualcuno sulle sponde del Serio potrebbe vederci una sorta di vendetta della storia: dall’assedio a Crema da parte dei cremonesi fedeli al Barbarossa (dopo sette mesi di incessanti battaglie, il 25 gennaio 1160 la città fu costretta alla resa) durante il quale ci fu il tragico sacrificio degli ostaggi cremaschi usati come scudi umani dagli assedianti, al moderno accerchiamento a parti rovesciate condotto con armi più moderne (leggasi competenze tecniche e capacità di pensare al futuro).

Senza arrivare a tanto, torna la domanda iniziale: perché nessuno a Cremona ha colto l’occasione fornita dalla provocazione di Capelletti e avviato un dibattito? Eppure entrambi gli schieramenti avrebbero potuto avere interessi, anche immediati, nell’aprire un confronto.

L’opposizione di centrodestra per dimostrare un ipotetico vuoto di prospettiva degli avversari, la maggioranza di centrosinistra per consolidare l’idea di avere strategie di lungo raggio. Invece silenzio di tutti i fronti. Eppure il sindaco di Cremona, Andrea Virgilio, qualche apertura in questo senso l’aveva fatta intravvedere.

In occasione del dibattito con il collega cremasco, Fabio Bergamaschi, alla Festa dell’Unità di Ombrianello, lo scorso 26 agosto: «La nostra azienda municipale ha sempre agito nel perimetro comunale — aveva detto Virgilio —. Ora l’obiettivo sarà quello di supportare i sindaci nelle esigenze quotidiane. Aem potrà avere un ruolo importante, poi si potrà aprire un dialogo con i Comuni della cintura».

Bergamaschi, con molta arguzia aveva puntualizzato che «il capoluogo ha la forza di stagliarsi come un faraglione, mentre Crema ha saputo fare virtù della propria debolezza demografica attraverso la forza della cooperazione».

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Una virtù che Cremona ancora non riesce a esprimere. Un impegno, quello di un ruolo più importante di Aem a favore dell’intero Cremonese, dimenticato al momento di insediare il nuovo consiglio di amministrazione della società: «Un augurio di buon lavoro al nuovo presidente e a tutti i nuovi componenti. Li attendono sfide importanti — ha dichiarato lo scorso dicembre Virgilio — a partire dall’obiettivo di coniugare le due missioni principali di questa azienda: essere il braccio operativo del Comune e supportare l’ente nelle sue scelte strategiche, con particolare attenzione a temi chiave come mobilità, gestione dei parcheggi e rilancio di alcuni settori cruciali della città». E tutto il resto del territorio? La sindrome dello zio Ugo che colpisce.





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