Il gioco libero e all’aperto serve a sviluppare nei bambini consapevolezza spaziale, coordinazione, tolleranza dell’incertezza e sicurezza. Uno studio mostra che è anche d’aiuto per la formazione della resilienza e previene problemi di salute mentale
Arrampicarsi sugli alberi, correre e saltare, senza preoccuparsi del pericolo. I bambini sono così: impavidi e poco consapevoli dei rischi, a differenza dei genitori, che passano il loro tempo a ripetere i soliti mantra: «Fai attenzione, potresti farti fale» o «È pericoloso». I piccoli, però, hanno bisogno di mettersi alla prova e di giocare senza preoccupazioni, perché le attività libere, talvolta anche un po’ rischiose, sono un’ opportunità per sviluppare consapevolezza spaziale, coordinazione, tolleranza dell’incertezza e sicurezza. Lo dimostrano gli studi scientifici.
Il gioco all’aperto, quello che si pratica al parco o nei giardinetti dietro casa, tra altalene, scivoli e dondoli, è collegato a bassi livelli di stress, perché insegna ai bambini a controllare l’eccitazione fisiologica, caratterizzata da adrenalina e battito cardiaco accelerato, sintomi che accompagnano anche l’ansia. Lo dimostra uno studio osservazionale dall’Università di Exeter, condotto nel Regno Unito su più di 2.000 genitori di bambini tra 5 e 11 anni, durante il primo lockdown per COVID-19. L’obiettivo della ricerca era testare le teorie secondo cui il gioco avventuroso offre opportunità di apprendimento che aiutano a sviluppare la resilienza nei bambini e a prevenire problemi di salute mentale.
I ricercatori hanno scoperto che i bambini che trascorrono più tempo a giocare all’aperto hanno meno «problemi di interiorizzazione», caratterizzati da ansia e depressione, e proprio questi bambini sono stati in grado di affrontare meglio il lockdown. Helen Dodd, professoressa di psicologia infantile presso l’Università di Exeter, che ha guidato lo studio, afferma: «Siamo più preoccupati che mai per la salute mentale dei bambini e le nostre scoperte evidenziano che potremmo essere in grado di contribuire a proteggere il loro benessere mentale assicurandogli numerose opportunità di gioco avventuroso», prosegue. «Questo è davvero positivo perché il gioco è libero, istintivo e gratificante per i bambini, disponibile a tutti e non richiede competenze speciali. Ora abbiamo urgente bisogno di proteggere gli spazi naturali e di investire in parchi ben progettati e avventurosi, per supportare la loro salute mentale». Lasciare che i piccoli giochino liberamente non significa, però, non supervisionare o lasciare che si facciano male. «Il ruolo degli adulti è quello di fornire un ambiente favorevole e poi farsi da parte, o al massimo, fare il tifo gentilmente. Cessa di essere un gioco nel momento in cui un adulto dice a un bambino di farlo», spiega Dodd.
Come si può distinguere un gioco libero e positivo da uno semplicemente pericoloso? Si può trovare una risposta nello studio Running the risk: The social, behavioral and environmental associations with positive risk in children’s play activities in outdoor playspaces, in cui sono state condotte osservazioni di gioco rischioso in due diversi contesti ambientali: in uno spazio gioco naturalizzato, «The Backyard», al Museum of Natural History di Santa Barbara in California e in otto asili nido di Vancouver (Canada). Emerge che giocare su superfici irregolari, con sentieri non asfaltati, con ciottoli o pendii ripidi (tipici dei parchi), favorisce i comportamenti a rischio positivo rispetto al gioco su aree pianeggianti. Come mai? Perché il bambino si mette alla prova e cerca di sviluppare capacità di gestione del rischio. E, ancora una volta, quello che emerge è la necessità di progettare spazi di gioco all’aperto che supportino questi comportamenti, che difficilmente possono essere messi in pratica nelle scuole e in ambienti chiusi.
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