«Calabria tra le regioni più sedentarie, far capire ai giovani i benefici dell’attività fisica»

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In un convegno a Cosenza medici ed esperti hanno evidenziato il potere salvifico del movimento sulle nuove generazioni. La psichiatra Maria Rosaria Telarico: «Può aiutare contro la depressione che ormai il male del secolo»

L’era digitale ha sicuramente abbattuto le barriere geografiche e reso possibile una connessione globale, ma al tempo stesso ha amplificato un fenomeno dai tratti inquietanti: l’isolamento sociale.
È con questa premessa che si è tenuto presso la sede cosentina di “Sport e Salute” un interessante convegno dedicato all’ansia e ai disturbi dell’umore nella società contemporanea, approfondendo il ruolo dello sport come strumento per combattere e prevenire le patologie mentali.

L’appuntamento – organizzato da Sport e Salute in collaborazione con Leading Med, l’Ordine dei Medici chirurghi e degli Odontoiatri della provincia, ESSE Volontariato (rappresentato da Sante Blasi) e il Centro Studi ESSE – ha visto la presenza di diversi professionisti, oltre che di una nutrita scolaresca.

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Tra di loro Maria Rosaria Telarico, professoressa di Psichiatria all’Università della Calabria: «I dati su depressione e ansia dimostrano che sono due patologie in forte aumento. L’Oms definisce la depressione come il male del secolo. La nostra è una società metropolitana in cui prevalgono digitalizzazione e individualismo. I ragazzi, soprattutto i più giovani, sono sottoposti ad isolamento e a una restrizione dei contenuti emotivi».

Non è, infatti, una novità che l’accesso pervasivo a smartphone, social media e piattaforme di intrattenimento abbia trasformato il tempo libero e i modelli di socializzazione. Tuttavia, queste nuove modalità di interazione tendono delle pericolose trappole alle nuove generazioni – soprattutto ai cosiddetti nativi digitali. Molti adolescenti trascorrono, infatti, ore sui social a osservare le vite “perfette” degli altri, confrontandosi con standard irraggiungibili e sviluppando un senso di inadeguatezza.

Ne deriva, soprattutto per i caratteri più introversi e meno esuberanti, un abbassamento dell’autostima e l’attuazione della strategia del riccio. Un adolescente che si sente isolato tende a rifugiarsi sempre di più nella dimensione digitale, alimentando un circolo vizioso che riduce ulteriormente le occasioni di confronto reale.

Lo sport, in tal senso, può diventare uno speciale antidoto a questo veleno interiore: «La letteratura – dice sempre Telarico – ha ormai dimostrato che sport e movimento hanno un’azione preponderante sulla prevenzione primaria della depressione e dell’ansia, ma anche sulla prevenzione terziaria in quanto attività riabilitativa. Bisogna favorire e invitare i giovani ad uscire dalle loro camerette e dalla loro condizione di isolamento, utilizzando lo sport come mezzo di impegno».

La nostra Regione come sta da questo punto di vista? Risponde Antonio Gradilone, medico dello sport e professore all’Università “Magna Grecia” di Catanzaro: «La Calabria è una delle regioni più sedentarie d’Italia, con tutte le varie conseguenze negative che ne derivano. Bisogna, perciò, fare un grande gioco di squadra e far capire ai ragazzi i benefici che può portare l’attività motoria e sportiva nella loro crescita sia fisica che mentale».

Sì, perché l’attività fisica stimola il rilascio di endorfine (conosciute come “ormoni della felicità”) che alleviano lo stress e migliorano l’umore, ma contribuisce anche a ridurre i livelli di cortisolo, l’ormone legato allo stress. Inoltre, in una società in cui l’immagine di sé gioca un ruolo centrale, lo sport aiuta a sviluppare una percezione positiva del proprio corpo, diminuendo il rischio di insicurezze.

È poi un supporto alla socializzazione, oltre che uno straordinario strumento di resilienza: gestire fallimenti e sconfitte, in un’epoca che non ammette errori, gioca incredibilmente a favore. 

L’ultimo appello è alle istituzioni: come evidenziato ancora da Gradilone «sarebbe un bene favorire tutta una serie di iniziative che possano creare per loro [i giovani, ndr] una rete. E poi mettere a disposizione delle strutture adeguate, che spesso ci sono ma non vengono utilizzate».

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