Il mondo cambia, le ore cambiano nel loro continuo rincorrersi, il giorno e la notte si alternano, salute e malattia sono gli stressor della vita. Viviamo sulla pelle gli effetti di un’economia fibrillante che non riscalda la casa, la solitudine degli ultimi. Aumenta in maniera vertiginosa la ricchezza dei ricchi e la povertà dei poveri. In nome del risparmio e dell’economia di guerra si tolgono risorse da settori delicati e vitali, bisogni essenziali con conseguente estensione delle aree di emarginazione. Liste d’attesa, sanità privata, fuga di camici bianchi, la mancata tempestività negli interventi di cura e prevenzione sottoscrivono la crisi della sanità e del benessere sociale. Chiudono i reparti di molti ospedali e il territorio soffre la mancanza dei medici di famiglia.
Ippocrate, padre della medicina moderna, al pari di un veggente, vive il presente e narra il futuro. La sua è un’appassionata ricerca dei termini fondanti il rapporto uomo-clima. Un rapporto plastico, linee mai ferme, interrogativo insonne che lo porteranno a concludere che la natura, nei molteplici fenomeni che la caratterizzano, è la causa efficiente dell’insorgenza di molte malattie.
Ippocrate insegnava l’arte medica riunendo i suoi discepoli in una pubblica piazza all’ombra di un platano, Il territorio era parte integrante del suo insegnamento. Sono i medici del territorio e, in particolare, i medici di famiglia sentinelle che monitorano l’insorgenza dell’influenza, ne seguono il decorso e così per altre forme di malattie infettive che si propagano sugli atomi volanti di Democrito. Il medico di famiglia entra nelle case. Si muove per strade e vicoli delle città. Vive della vita degli altri, ne condivide difficoltà e giorni di festa. Un vissuto che, ancora oggi, lo vede a debita ragione figura centrale, indispensabile per la tenuta del Sistema Sanitario Nazionale. Senza medicina del territorio c’è il rischio di un arretramento dello stato sociale solidale. Allora mi chiedo “Quanti e quali sono i costi nella quotazione della borsa immaginaria della salute quando con poca prudenza e in forma strumentale o con obiettivi politico-imprenditoriali ci si accanisce con ossessive campagne di stampa e su canali multimediali nel riportare -comportamenti all’indice- promuovendoli a indicatori di inefficienza quasi che il singolo accadimento sia la totalità o la faziosità della narrazione sia la verità e tutto malasanità, è difficile quantificarlo”. L’istituzione diviene fragile, perde materia e autorevolezza e gli iconoclasti colpiscono, anche fisicamente, al grido no-vax.
Non tutto a tutti ma quel tutti non dovrà essere la folla sempre più numerosa dei fragili e degli emarginati. Quel tutti inquieta, già al presente, la linea di demarcazione tra regioni del nord e del sud, la gola profonda degli egoismi, dei privilegi, delle etnie. Al di là di ogni teorema economico, la solidarietà non può togliere quanto è realmente essenziale, ragionevolmente possibile.
Ho visto sul piccolo schermo schierato il Gotha di tecno-oligarchi e politici. Una monotonia di abiti scuri e cravatte rosse… di quelle cravatte che contano. Tra saluti, strette di mano e abbracci si saldava un’alleanza trasversale tra potere politico ed economico che renderà tutti loro in grado di incrementare a dismisura la ricchezza, il potere, condizionare l’economia, le scelte politiche delle nazioni, la storia e il futuro del singolo e del mondo.
Permettetemi una riflessione: don Bastiano nel film Il Marchese del Grillo sale sul patibolo. La prossimità con la morte libera la coscienza da ogni condizionamento. Don Bastiano stratifica la società e consapevole delle paranoie che la contraddistingue parla:
“In primis, al Papa, che si crede il padrone del Cielo. In secundis, a Napulione, che si crede il padrone della Terra. E per ultimo al boia, qua, che si crede il padrone della Morte . Ma soprattutto, posso perdonare a voi, i miei figli, che non siete padroni di un cazzo! E adesso, boia, mandami pure all’altro mondo , da quel Dio Onnipotente , Lui sì padrone del Cielo e della Terra, al quale – al posto dell’altra guancia – io porgo… tutta la capoccia”.
Quale futuro? Forse non ci resta che piangere!
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