Perché la ministra Santanchè non si è ancora dimessa

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Da una settimana dentro Fratelli d’Italia si discute in maniera animata delle sorti di Daniela Santanchè, ministra del Turismo. Da quando è stata rinviata a giudizio dal tribunale di Milano con l’accusa di falso in bilancio, nel partito ci si è interrogati sull’opportunità che lei si dimettesse, e in maniera criptica ma eloquente vari dirigenti del suo partito l’hanno invitata ad andare dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni per dare le dimissioni. Giovedì è stato il deputato Giovanni Donzelli, coordinatore nazionale di FdI e molto vicino a Meloni, a sollecitare «una riflessione» da parte di Santanchè.

Lo scenario più probabile è che nel giro di qualche giorno o di qualche settimana Santanché rinunci al suo ruolo, ma l’esito di questo conflitto politico non è scontato, anche per via degli importanti incarichi svolti dalla stessa Santanchè nel partito e della sua vicinanza al presidente del Senato Ignazio La Russa, di cui fu collaboratrice.

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Forte di questi suoi legami, Santanchè per ora sta facendo resistenza, rifiutando di dimettersi spontaneamente e anzi dichiarando pubblicamente la sua insofferenza. Venerdì ha detto di non aver mai preso in considerazione l’ipotesi di dimettersi per l’accusa di falso in bilancio. La questione quindi è abbastanza delicata per Meloni e per il suo partito.

Già durante la conferenza stampa del 4 gennaio scorso, Meloni aveva fatto capire che la posizione di Santanchè non era proprio solidissima. Interrogata sulle conseguenze politiche di un suo eventuale rinvio a giudizio, Meloni aveva risposto così: «Sulla Santanchè vediamo, diciamo non sono la persona che giudica queste cose prima che accadano, per cui vediamo che cosa deciderà la magistratura e poi ne parlerò ovviamente col ministro Santanchè». Era stata una risposta notevole perché non aveva escluso, come in tanti si attendevano, possibili ripercussioni legate all’evoluzione delle questioni giudiziarie di Santanchè.

Nel governo c’è ad esempio un sottosegretario alla Giustizia, anche lui di FdI, che è stato rinviato a giudizio nel novembre del 2023.

Andrea Delmastro è accusato di rivelazione di segreto d’ufficio per la vicenda di Alfredo Cospito: ma in quel caso Meloni non ha mai preso in considerazione le sue dimissioni, e ha anzi reagito con fastidio alla sua imputazione, agitando anche il sospetto di una sorta di macchinazione ostile della magistratura nei confronti del governo. In maniera informale, cioè senza dirlo pubblicamente ma alludendo al caso con cronisti e colleghi parlamentari, Santanchè nelle scorse ore ha fatto proprio riferimento a questa incoerenza. Il ragionamento di Santanchè è che la presunzione di innocenza vale sempre, se vale. E su questa contraddizione ha insistito Matteo Renzi mercoledì al Senato, con un passaggio del suo intervento che ha indispettito alcuni senatori vicini a Meloni perché secondo loro sarebbe stato ispirato da Santanchè stessa, che con Renzi ha un buon rapporto.

Almeno in parte questo imbarazzo deve percepirlo anche Meloni, dal momento che, stando a quanto dicono informalmente i suoi collaboratori, aspetta che sia proprio Santanchè a dimettersi. La permanenza al governo della ministra del Turismo del resto potrebbe a breve generare ulteriori impacci, perché le vicende giudiziarie che la riguardano sono diverse.

La scorsa settimana è stata rinviata a giudizio per presunte irregolarità nella gestione dei bilanci tra il 2016 e il 2022 di Visibilia Editore, società editrice che pubblica varie importanti riviste, di cui Santanchè è stata presidente e amministratrice delegata fino al 2022.

C’è poi un’altra vicenda più delicata, che vede Santanchè indagata per truffa aggravata ai danni dell’INPS, e per la quale la procura di Milano lo scorso maggio aveva chiesto il rinvio a giudizio (il tribunale ancora non si è espresso). L’accusa, in questo caso, ha un peso diverso per un’esponente di governo: è di avere usato in modo illecito i fondi della “Cassa Covid”, cioè quelli che tra il 2020 e il 2022 il governo aveva stanziato per le imprese costrette a non far lavorare i propri dipendenti a causa della pandemia. Secondo la procura, Santanchè avrebbe chiesto questi fondi in qualità di amministratrice di Visibilia per alcuni suoi dipendenti, che in realtà però lavoravano regolarmente.

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Il 29 gennaio la Corte di Cassazione deciderà se accogliere o meno la contestazione dei legali di Santanchè che hanno chiesto il trasferimento del procedimento da Milano a Roma, perché la procura milanese è considerata ostile dai consiglieri di Santanchè: se la richiesta fosse accolta, i tempi si allungherebbero molto; in caso contrario, tutto andrebbe più spedito.

Per queste ragioni, è circolata l’ipotesi che proprio la data del 29 gennaio sarebbe decisiva: se il trasferimento a Roma venisse negato, Santanchè sarebbe indotta a desistere, e dunque a dimettersi. L’ipotesi è accreditata anche dai dirigenti di FdI più vicini a Meloni, ma Santanchè venerdì l’ha smentita.

Intervenendo al Motor Bike Expo, una fiera motociclistica a Verona, ha escluso che il procedimento per falso in bilancio possa indurla alle dimissioni. Ha detto che l’accusa è molto discutibile e che vuole difendersi «nel processo», al termine del quale «sono certa che sarò assolta». E «quindi su questa cosa non ho mai detto a nessuno che avrei pensato di dimettermi». Quanto all’altro procedimento, Santanchè ha detto che ne capisce «le implicazioni politiche» e per questo ha sempre detto che «se fossi stata rinviata a giudizio, cosa che per adesso non c’è, avrei fatto sicuramente un passo indietro».

Così Santanchè ha aggirato anche la questione dell’eventuale trasferimento del procedimento da Milano a Roma: se ciò che conta per lei è il rinvio a giudizio, la data del 29 gennaio diventa ininfluente, e bisognerà dunque aspettare, in ogni caso, ancora parecchie altre settimane. Nel frattempo Santanchè intende continuare a lavorare normalmente: ha infatti confermato la sua agenda istituzionale e i suoi impegni, compresa una missione a Gedda, in Arabia Saudita, tra il 27 e il 30 gennaio, alla quale parteciperà proprio insieme a Meloni.

Resta insomma una certa tensione nel partito. Santanchè è un’esponente di primo piano: da quando, nel 2017, è tornata con Meloni dopo essere stata per anni in Forza Italia, ha portato in dote alla destra la sua rete di relazioni, amicizie e consuetudini con importanti imprenditori, soprattutto lombardi. Proprio partendo da questioni lombarde ha costruito nel tempo un’alleanza solidissima con il presidente del Senato La Russa. Questo rapporto privilegiato è vissuto con crescente fastidio dagli esponenti più vicini a Meloni, romani, che hanno come principale riferimento in Lombardia l’europarlamentare Carlo Fidanza.

Costringere Santanchè alle dimissioni significherebbe ridimensionare il suo peso in vista delle trattative per decidere il candidato presidente della destra alle prossime regionali in Lombardia, nel 2027, dopo che già nel novembre del 2023 era stata di fatto costretta a rinunciare alla carica di coordinatrice nel partito.

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Daniela Santanchè e Ignazio La Russa insieme alla festa di Atreju, a Roma, il 16 dicembre 2023 (Alessandra Tarantino/Ap Photo)

La Russa in questi giorni si è assunto con Meloni e gli altri dirigenti di FdI il ruolo di mediatore con Santanchè: è lui che dovrebbe convincerla a dimettersi senza ulteriore rumore intorno al suo caso. Ma il compito è più difficile del previsto: nonostante La Russa abbia più volte fatto capire in questi giorni che anche per lui sarebbe il caso che Santanchè si dimettesse – l’ultima, proprio venerdì, intervenendo a Un giorno da pecora su Rai Radio1 – lei ha ribadito la sua determinazione a restare.

– Leggi anche: Le vicende giudiziarie di Daniela Santanchè, in fila





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