«Non passerà il vaglio della Commissione europea, vi spiego perché»

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Durante la puntata di “Dentro La Notizia”, il confronto sull’opera simbolo della discordia ha rivelato i nodi irrisolti del progetto e le sue implicazioni future. L’intervista ad Aurora Notarianni e il parere di chi dice Sì alla mega opera

Nella puntata odierna di “Dentro La Notizia”, condotta da Francesca Lagoteta in collegamento con il vicedirettore de ilReggino.it Elisa Barresi, dagli studi di Reggio Calabria. Si è tornati a parlare del Ponte sullo Stretto di Messina, un tema che da decenni accende il dibattito pubblico e politico. L’opera, spesso definita il simbolo di un’ambizione incompiuta, continua a dividere le opinioni tra chi la considera una necessità strategica e chi ne sottolinea i costi ambientali e sociali. L’argomento è stato affrontato con particolare attenzione ai dettagli, rivelando aspetti che spaziano dalle implicazioni economiche e ambientali fino al risvolto umano.

Tra gli interventi più incisivi, quello dell’avvocato Aurora Notarianni, ospite della trasmissione, che ha tracciato un quadro netto e approfondito delle criticità legate alla possibile realizzazione del Ponte. Secondo l’avvocato, il progetto attuale è «un’anacronistica fuga in avanti», priva dei presupposti necessari per ottenere una deroga dalla Commissione Europea in merito alla Direttiva Habitat, una normativa cruciale per la tutela delle aree protette.

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«Le deroghe sono ammesse solo quando un’opera pubblica è indispensabile per ragioni di salute o sicurezza. La mobilità non rientra tra questi diritti fondamentali», ha precisato la Notarianni, aggiungendo che le alternative esistenti, come il trasporto dinamico, offrono una soluzione più sostenibile e praticabile. L’assenza di un interesse pubblico nazionale dimostrabile rende difficile giustificare il sacrificio di aree protette come la ZPS – Zona di Protezione Speciale – Costa Viola e l’Area Marina dello Stretto, già al centro di studi che ne sottolineano l’importanza unica a livello ambientale.

L’avvocato ha inoltre richiamato l’attenzione sull’«opzione zero», ovvero l’esplorazione di alternative meno invasive: «Con sistemi di trasporto marittimo veloce e taxi via mare si potrebbe attraversare lo Stretto in un quarto d’ora, senza stravolgere l’equilibrio ambientale e sociale del territorio». Ha poi ribadito che l’opzione dinamica, già in fase di sviluppo in altre parti d’Europa, potrebbe rappresentare una risposta moderna e innovativa a una questione che rischia di cristallizzarsi su vecchi paradigmi infrastrutturali.

L’impatto ambientale e sociale del Ponte è uno dei temi più dibattuti. È stato ricordato come Villa San Giovanni, ad esempio, porti ancora le cicatrici della cosiddetta “variante di Cannitello“, un’opera incompiuta legata al vecchio progetto del Ponte, ribattezzata «un ecomostro». La paura è che si aprano nuovi cantieri che possano trasformarsi in un’altra incompiuta, lasciando nuovamente segni indelebili sul territorio. Tra i residenti, infatti, intervistati sul posto ed ascoltati nei servizi andati in onda, risalta come l’assenza di una chiara pianificazione aggravi l’incertezza per gli stessi, molti dei quali rischiano di subire gli effetti negativi senza alcun beneficio diretto.

Ma tra i favorevoli al Ponte le aspettative restano alte. Agli imbarcaderi del porto di Villa San Giovanni, molti cittadini sperano che l’opera possa ridurre i tempi di percorrenza, migliorare la qualità della vita e rilanciare il turismo. «Un Ponte come quello sul Bosforo potrebbe connettere la Sicilia al mondo e portare uno sviluppo inimmaginabile», ha dichiarato un sostenitore, richiamando esempi internazionali di infrastrutture simili. Altri hanno sottolineato l’importanza strategica di un’opera che potrebbe rappresentare un simbolo di modernità per l’intera nazione, contribuendo a rafforzare la competitività della Sicilia e della Calabria.

Di contro, chi vive nelle aree interessate dagli espropri è meno ottimista. Gli abitanti della frazione di Cannitello temono di perdere le loro case senza avere certezze sul futuro. «Viviamo in un limbo. Non sappiamo cosa ci aspetta e questa situazione ci sta logorando», ha dichiarato uno dei residenti, dando voce a un sentimento di ansia diffuso tra la popolazione locale. I cittadini colpiti dagli espropri lamentano la mancanza di comunicazione e chiarezza da parte delle istituzioni, alimentando un clima di sfiducia e preoccupazione che rischia di esasperare ulteriormente il tessuto sociale del territorio.

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Aurora Notarianni ha concluso il suo intervento con una riflessione che racchiude il cuore della questione: «Questo territorio ha già subito troppo. La Commissione Europea deve valutare soluzioni alternative, perché questo progetto non dimostra di avere alcun interesse pubblico imperativo. Siamo di fronte a un’opera che rischia di cancellare identità, vocazioni e prospettive, senza offrire garanzie concrete». Ha poi aggiunto che una riflessione più approfondita sul concetto di sviluppo sostenibile sarebbe necessaria per evitare di replicare errori del passato.

Rimane dunque aperto il dibattito su un progetto che continua a sollevare più domande che risposte. Mentre i cittadini e le istituzioni attendono di sapere quale sarà il futuro dello Stretto, emerge chiaramente la necessità di un confronto più ampio e trasparente che metta al centro non solo le infrastrutture, ma anche le persone e il territorio.



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