L’intelligenza artificiale (AI) sta ridefinendo le strategie aziendali a livello globale: il 75% delle imprese nel mondo, e il 69% in Italia, indica questa tecnologia tra le tre principali priorità strategiche entro il 2025, a cui saranno diretti investimenti di milioni di dollari all’anno dll’ordine di oltre 25 milioni di dollari per un’azienda su tre a livello globale. Ma questo non significa che saranno meno indispensabili le persone e infatti il 64% dei dirigenti a livello globale (62% di quelli italiani) si aspetta di mantenere le dimensioni della propria forza lavoro, in un contesto in cui AI ed esseri umani lavorano fianco a fianco, mentre solo il 7% (3% in Italia) si aspetta una riduzione dell’organico a causa dell’automazione. Lo rileva BCG, nel report From Potential to Profit: Closing the AI Impact Gap, basato su un sondaggio condotto su oltre 1800 dirigenti e C-level operanti in 19 mercati e 12 settori, secondo cui un’azienda su tre a livello globale prevede infatti di stanziare oltre 25 milioni di dollari per l’AI nel 2025. Del resto, gli investimenti sono in crescita e si prevede che globalmente aumenteranno del 60% dal 2024 al 2027. In Italia, nello specifico, l’83% delle aziende prevede di spendere fino a 25 milioni di dollari in AI, il 12% tra 26 e 50 milioni, il 3% tra 51 e 100 milioni e il 2% oltre 100 milioni.
“Dal confronto con i leader a livello globale emerge chiaramente come l’AI sia al centro delle priorità per migliorare la produttività,” ha dichiarato Christoph Schweizer, CEO di BCG, “La nostra analisi mette in luce una sfida fondamentale: sebbene il 75% dei dirigenti consideri l’AI tra le tre principali priorità strategiche, solo il 25% riesce a generare un valore significativo dalle proprie iniziative in questo ambito. I leader nell’adozione dell’AI hanno trovato la chiave del successo concentrandosi su un numero selezionato di progetti strategici, scalando rapidamente le soluzioni, trasformando i processi chiave, formando le proprie squadre e monitorando rigorosamente i risultati operativi e finanziari.”
I dirigenti sono infatti consapevoli che l’aspetto intuitivo della GenAI nasconde l’impegno e il duro lavoro necessari per introdurre queste tecnologie sul posto di lavoro. Anche in Italia, ad esempio, per la maggior parte dei dirigenti intervistati (59%), l’AI è promettente ma non ha ancora generato valore. Un problema cruciale è il monitoraggio dei risultati: nonostante l’implementazione, il 60% delle aziende a livello globale non monitora i KPI finanziari delle proprie iniziative di AI, mentre il 32% non tiene traccia di alcun KPI (in Italia il 37% delle aziende).
Come si diventa leader con l’AI
Le aziende leader hanno introdotto tre strategie per massimizzare il potenziale dell’AI: l’hanno implementata nelle attività quotidiane per realizzare un potenziale di produttività dal 10% al 20%, hanno ristrutturato le funzioni critiche per un miglioramento dal 30% al 50% in efficienza ed efficacia, infine hanno inventato nuovi prodotti e servizi per costruire un vantaggio competitivo a lungo termine. In questo contesto, le aziende leader (soprattutto negli Emirati Arabi Uniti, India e Giappone) vanno ben oltre l’implementazione, concentrando oltre l’80% dei loro investimenti nella riorganizzazione delle funzioni chiave e nell’invenzione di nuove offerte, mentre la maggior parte delle aziende punta ancora troppo in basso, dando priorità a iniziative su piccola scala. In Italia il 44% delle aziende ha allocato gli investimenti in AI nell’implementazione, il 29% nella ristrutturazione e il 27% nell’invenzione. BCG evidenzia che le aziende stanno diluendo i propri sforzi su più progetti pilota, ottenendo un ritorno sugli investimenti (ROI) inferiore. Le aziende leader, invece, si concentrano sulla profondità piuttosto che sull’ampiezza: danno priorità a una media di 3,5 casi d’uso rispetto ai 6,1 di altre aziende, prevedendo di generare un ROI 2,1 volte maggiore sulle loro iniziative di AI, rispetto ai loro pari.
Impatto sul lavoro e sui talenti
Il 64% dei dirigenti a livello globale (62% di quelli italiani intervistati) si aspetta di mantenere le dimensioni della propria forza lavoro, in un contesto in cui AI ed esseri umani lavorano fianco a fianco, mentre solo il 7% (3% in Italia) si aspetta una riduzione dell’organico a causa dell’automazione. Ciononostante, dalla ricerca di BCG emerge che la formazione sull’AI rappresenta ancora un problema: in Italia l’83% delle aziende ha difficoltà a reclutare talenti specializzati in AI e a potenziare le competenze della forza lavoro esistente, dato in linea con il 72% rilevato a livello globale. Attualmente, Singapore e il Giappone sono leader nel potenziamento delle competenze relative all’AI, mentre in Italia solo il 20% delle aziende ha più del 25% della forza lavoro formata su questi strumenti. Non è un caso che le organizzazioni più performanti seguano il principio 10-20-70: dedicano il 10% dei loro sforzi agli algoritmi, il 20% ai dati e alla tecnologia e il 70% alle persone, ai processi e alla trasformazione culturale. Questo principio si applica anche quando le aziende introducono gli AI agent: due terzi delle aziende stanno esplorando il potenziale di questi sistemi di intelligenza artificiale che possono percepire, pianificare e agire autonomamente utilizzando strumenti, analizzando dati e lavorando su più sistemi con un input umano minimo. Le aziende sono chiamate a incorporare questi agenti nei flussi di lavoro in modo che completino e migliorino il lavoro degli esseri umani, che dal canto loro hanno capacità di resistenza: l’ottimismo riguardo gli agenti di AI è infatti coerente in tutte le aeree geografiche, ad esempio il 38% delle aziende italiane (vs 32% globale) prevede di esplorarne il ruolo nel 2025, mentre il 18% (vs 35% globale) prevede avranno un ruolo centrale o complementare.
I rischi da affrontare e la strada per il futuro
I leader di tutti i mercati sono concordi sui 3 principali rischi legati all’AI: in primis privacy e sicurezza dei dati (62% in Italia e 66% globale), mancanza di controllo o di comprensione delle decisioni dell’AI (49% in Italia e 48% globale), sfide normative e di conformità (41% in Italia e 44% globale).
La cybersicurezza resta critica, con significativi miglioramenti necessari in tutti i mercati: il 76% delle aziende sia a livello globale che in Italia riconosce che le proprie misure di cybersecurity per l’AI hanno bisogno di essere potenziate. Non di minore importanza è la problematica relativa all’impatto ambientale, in quanto il 78% delle aziende globali e il 76% di quelle italiane non danno priorità a soluzioni di IA energicamente efficienti come parte della selezione dei fornitori. Per sbloccare il potenziale dell’AI, i CEO devono adottare un approccio pratico e mirato, in primis ripensando sia i modi di lavorare che i modelli organizzativi e operativi. Bisogna poi definire delle priorità, concentrandosi su alcune opportunità strategiche e incoraggiando, al contempo, sforzi esplorativi che partano dal basso.
L’AI deve poi essere messa al servizio dell’ambizione aziendale e va gestita come una trasformazione, con risultati chiari e un rigoroso monitoraggio del valore. I leader, inoltre, sono chiamati a guidare il cambiamento culturale e organizzativo reinventando i flussi di lavoro, potenziando le competenze dei team e promuovendo una cultura di innovazione dell’AI.
Infine, è necessario prepararsi al futuro anticipando il valore che avrà l’AI e i rischi associati. Questa tecnologia rappresenta una leva strategica cruciale per il futuro, ma le aziende devono essere consapevoli di quanta strada c’è ancora da fare per sfruttarne appieno il potenziale: il focus sul valore e una forza lavoro pronta ad adattarsi rappresentano i primi passi verso la giusta direzione da percorrere.
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