Il Borno in uno scatto: povertà e conflitti, ma anche tradizioni e forza di volontà. ‘Il Punto sul Mondo’ con Martina Martelloni

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Non solo povertà e conflitti, ma anche un Paese dai colori unici e da meravigliose tradizioni, un paese fatto di persone dalla forza di volontà straordinaria. Martina Martelloni, foto reporter, giornalista e collaboratrice dell’Atlante delle guerre e dei conflitti, nonché operatrice di INTERSOS, racconta per Un punto sul mondo, la nuova rubrica che va in onda su Radio Lady, lo Stato del Borno, uno dei 32 Stati della Repubblica Federale della Nigeria, un Paese che vive un’emergenza umanitaria. Ad intervistarla è stata Alice Pistolesi, giornalista e redattrice dell’Atlante delle guerre e dei conflitti del mondo.

Di seguito potete seguire la puntata completa:

Martina Martelloni inizia il suo racconto parlando del suo interesse, che nutriva fin da piccola, di conoscere ciò che accade nel mondo, una passione che l’ha poi portata a scegliere di raccontare i conflitti meno conosciuti: “Sono sempre stata affascinata da ciò che accade nel mondo, perciò ho intrapreso studi in relazioni internazionali all’università. Ho intrapreso una carriera giornalistica, partendo a livello locale, poi nazionale, fino ad arrivare a interfacciarmi con realtà estere, soprattutto grazie al lavoro che svolgo con INTERSOS, un’organizzazione umanitaria operativa in 23 Paesi e impegnata nelle emergenze. Questo mi ha permesso di recarmi in loco nei luoghi colpiti dalle crisi umanitarie in tutto il mondo. Ho cercato di documentare queste esperienze non solo attraverso la scrittura, ma anche con foto e video”.

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Uno degli ultimi viaggi della giornalista l’ha portata in Nigeria, un paese segnato da conflitti di cui si parla ancora troppo poco, nonostante sia da tempo al centro dell’attenzione dell’Atlante delle Guerre. Grazie alla collaborazione con INTERSOS, ha avuto l’opportunità di recarsi nello Stato di Borno, una delle aree più colpite dalla conflittualità: “Sono stata in Nigeria lo scorso luglio, insieme a una collega. È stato un viaggio molto lungo per raggiungere il Borno, che da 15 anni vive una crisi interna terribile. La popolazione sta affrontando una crisi umanitaria senza precedenti, dovuta alla presenza di numerosi gruppi armati. Tra questi, alcuni sono riuniti sotto la sigla ‘Boko Haram’, che ha iniziato a farsi sentire dal 2014-2015, gli anni dell’ISIS in Medio Oriente. Boko Haram rappresenta una sorta di ‘ramo’ islamico in Africa”.

“La presenza di diversi gruppi nello stesso territorio – spiega Martelloniha generato un conflitto per la contesa del controllo, portando a conseguenze drammatiche: distruzione di villaggi, violenze contro la popolazione, rapimenti, e grandi spostamenti di persone in fuga dalla violenza in cerca di riparo. Il Borno, di per sé, è un territorio molto povero, che basa la propria economia sull’agricoltura. Molti campi e infrastrutture importanti sono stati distrutti dai gruppi armati, aggravando il livello già drammatico di povertà e rendendo quasi impossibile l’accesso a servizi basilari come strutture sanitarie e scolasticheQuesta situazione è ulteriormente peggiorata dal problema della malnutrizione e dall’insicurezza alimentare, che colpisce circa 2 milioni di persone, tra cui in modo particolare i bambini sotto i 5 anni”.

Dall’esperienza in Nigeria, è nato un foto reportage, pubblicato su Atlante delle Guerre, che documenta le condizioni di vita della popolazione e l’impatto devastante della violenza sui villaggi, sulle infrastrutture e sui servizi essenziali: “la prima grande difficoltà è stata legata agli spostamenti, a causa dell’insicurezza dilagante su tutto il territorio. È fortemente sconsigliato transitare su alcune strade, perciò abbiamo dovuto prendere gli elicotteri delle Nazioni Unite. Via terra, infatti, avremmo dovuto attraversare delle foreste, luoghi estremamente pericolosi dove si annidano le bande armate. Il problema della sicurezza è preponderante: immaginate i civili che devono spostarsi a piedi per raggiungere i mercati nelle città vicine”.

Quello che emerge dal foto reportage sull’Atlante delle Guerre, – prosegue – sono per lo più immagini di una condizione umanitaria statica e senza via di fuga: vedere i bambini, il futuro, che vivono sulla loro pelle il dolore provocato dalla malnutrizione e dalle patologie che ne conseguono, è estremamente doloroso. È una condizione che, al momento, non sembra migliorare. Anche dopo un ciclo di cure nelle cliniche, che possono durare settimane o anche mesi, una volta usciti, tornano di nuovo, perché fuori non c’è possibilità di mantenere questo ‘stato di salute’. È una condizione che si ripete costantemente”.

Dal reportage, si coglie la forza di volontà delle persone, quasi in contrasto con il resto: “Nel reportage mostro la forza delle ragazze che stringono i denti e sorridono nonostante tutto, restando al fianco dei loro bambini ricoverati. È l’elemento di contrasto più forte che mostra che, nonostante tutta la loro sofferenza, la vita va avanti. È una zona viva, piena di movimento delle persone che vivono nei villaggi con le loro tradizioni e culture, i loro colori che colorano la Nigeria. Questo vuol farci capire un errore che commettiamo in Occidente e in Europa, di pensare alla Nigeria come un Paese soltanto con problemi economici. In Nigeria non c’è un soltanto conflitto, ma una situazione umanitaria drammatica”.

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