In un mondo pieno di contraddizioni, anche i temi di tendenza delle collezioni di tessuti per la stagione primavera/estate 2026 oscillano tra diversi estremi. Mentre alcuni puntano sulla sicurezza e sui capi essenziali con temi classici, altri cercano specificamente look e stili che enfatizzano l’individualità e l’unicità. E soprattutto, domina un altro tema: la trasformazione sostenibile e conforme alle normative Ue della produzione tessile.
Il 22 gennaio, si è conclusa la fiera internazionale dei tessuti Munich Fabric Start con i suoi concept show-in-show Bluezone, Keyhouse e The Source. Sono stati 625 gli espositori internazionali hanno presentato le loro circa 1.200 collezioni con le più recenti innovazioni in termini di materiali per la primavera estate 2026, accompagnate da un ampio programma di conferenze su temi di attualità dell’industria tessile e della moda.
E come negli anni precedenti, si è parlato soprattutto di sostenibilità e di come il settore possa riuscire ad attuare con successo la legislazione Ue esistente e futura. Dopotutto, le scadenze per le nuove leggi Ue si avvicinano sempre di più. Il 2030 è una tappa importante sulla strada verso l’obiettivo zero emissioni nette nel 2050, in cui dovranno essere raggiunti obiettivi importanti.
Tendenze: un gioco tra anticonformismo rischioso e capi basic
Oltre ai nuovi tessuti per l’estate 2026, il tema del controllo dei costi ha giocato un ruolo principale alla fiera. “Si nota che il settore è insicuro”, afferma un designer che preferisce rimanere anonimo. “Sempre meno brand investono nella creatività, tutti vogliono solo capi basic e sicurezza”. Allo stesso tempo, però, sta andando molto bene ciò che non è basic, ma sorprende e diverte. Ma questo è difficile da pianificare.
Anche le aree tendenze del Munich Fabric Start presentano in questa contraddizione, puntando da un lato su temi di tendenza come “Unorthodox”, “Limitless” o “Not Reproducible” con look curati individualmente, radicali rotture di stile, mix di fantasie selvagge e tutto ciò che sorprende, e dall’altro su temi di tendenza come “Lasting”, “Emotional heritage”, “From the archive” o “Timeless modernity” che celebrano colori, fantasie e contrasti classici. In generale, il tema della definizione delle tendenze sta diventando sempre più difficile, poiché i fornitori di fast fashion come Shein copiano immediatamente ogni tendenza, che si tratti di tendenze dalle passerelle o dalla strada.
Nel settore del denim, gli street style continuano a dettare legge. “Credo che la silhouette super oversize rimarrà a lungo”, afferma Tilmann Wröbel, designer e proprietario del Monsieur-T. Denim Lifestyle studio, che ha progettato le aree tendenze del Bluezone e ha tenuto la presentazione sulle tendenze. Mentre anche nel denim la moda standard sta attraversando un momento difficile, il settore è alla ricerca di modi per attirare l’attenzione senza correre grossi rischi. Importanti impulsi provengono quindi da interessanti collaborazioni, come per esempio Levi’s con Lego o Diesel con Coca-Cola. “Reconstruct” è un altro tema di tendenza per il denim, che visivamente ricorda l’upcycling, ma gioca con i segni iconici dei brand. Wröbel vede anche buone opportunità per i brand di denim degli anni 2000, il cui momento per un revival è giunto. True Religion è un buon esempio. A ciò si collega anche il tema del secondhand, la cui attrattività continua a crescere perché non è riproducibile. Wröbel racconta del brand parigino Coperni, che ha inviato capi di seconda mano in passerella insieme alla propria collezione. “Cinque o dieci anni fa sarebbe stato impensabile che i capi di seconda mano fossero tanto di moda quanto i capi nuovi e avessero lo stesso valore”.
Il fornitore di denim Isko ha portato a Monaco nuovi look con la sua nuova collezione Multitouch. Solo con l’aiuto del calore, i tessuti possono essere dotati di effetti molto diversi, come pieghe o goffrature. “I designer vogliono avere più possibilità con lo stesso tessuto”, ha spiegato Keith O’Brien di Isko. La collezione Isko Luxury by Pg si è presentata opulenta come sempre, con per esempio quadri e altri motivi intessuti con veri fili d’argento.
Denim: nuove tecnologie per ridurre il consumo di risorse
Proprio il settore del denim ha sviluppato negli ultimi anni numerose nuove tecnologie che aiutano a ridurre l’impronta ecologica del denim, dall’uso di fibre riciclate fino ai processi di tintura senza acqua. Ulteriori novità nel campo della tintura sono state presentate dalle aziende Sonovia Tech di Israele e Synovance di Francia. La tecnologia di tintura di Sonovia si basa sugli ultrasuoni e non utilizza sostanze chimiche tossiche e l’85% di acqua in meno. Sonovia necessita di un solo bagno di tintura, il che consente di risparmiare energia e ridurre la complessità del processo di tintura e quindi, in definitiva, i costi. “Questa tecnologia rivoluzionerà la produzione del denim”, è convinta Annabelle Evenhaime di Sonovia. La tecnologia funziona già su scala industriale e quest’anno dovrebbe essere implementata in almeno cinque sedi, anche in collaborazione con Kering.
Il metodo dell’azienda francese di biotecnologie Synovance si basa sulla ricostruzione biologica del colorante indigo del denim mediante l’ingegneria genetica. A differenza dei processi di tintura sintetica, che si basano sul petrolio come materia prima e che oggi sono principalmente utilizzati, con questo metodo di tintura non si verificano reazioni chimiche pericolose con molti substrati intermedi tossici. Il colorante è ancora più costoso del colorante sintetico, “ma tra cinque o sei anni vogliamo essere in grado di competere con i prezzi dell’indigo sintetico”, afferma Efthimia Lioliou, co-fondatrice e coo di Synovance. “Crediamo che tra dieci anni i coloranti prodotti biologicamente saranno l’opzione standard per la maggior parte delle applicazioni tessili”.
Nearshoring del denim: è un’alternativa?
Le catene di approvvigionamento nell’industria tessile e dell’abbigliamento globale sono state messe a dura prova negli ultimi anni. Con l’insediamento del presidente statunitense Donald Trump, si moltiplicano nuovamente le preoccupazioni su come si svilupperanno in futuro le rotte di produzione globali. Sotto il motto “Blue made in the EU”, gli esperti del settore hanno discusso di come la catena di approvvigionamento del denim potrebbe essere nuovamente utilizzata maggiormente in Europa. Perché esiste ancora: dalla coltivazione del cotone europeo (in Grecia e Spagna) alle filature, tessiture, tintorie e lavanderie. In Europa c’è anche molto know-how che aiuterà il settore nel suo percorso verso una maggiore sostenibilità. Ad esempio, il rinomato tessitore italiano di denim Candiani ha sviluppato un materiale composto per il 70% da filato post-consumo e per il 30% da cotone rigenerativo, che è comunque robusto e resistente.
“Dobbiamo orientarci all’industria automobilistica”, afferma Stefano Tessarolo dello specialista di finissaggio Jeanologia, che grazie all’automazione e alla digitalizzazione riduce i costi, aumenta l’efficienza e può quindi operare in Europa. Inoltre, una catena di approvvigionamento europea facilita la trasparenza. George Kitas di Nafpaktos Textile Industry in Grecia lavora a stretto contatto con i coltivatori di cotone locali e può offrire alle aziende locali piena trasparenza e tracciabilità. Proprio la futura legislazione potrebbe aiutare in questo, concordano tutti, se verrà attuata. “Il 77% dei prodotti venduti in Europa è stato importato”, afferma Simon Giuliani di Candiani. “Tutto ciò dovrebbe essere prodotto secondo le stesse direttive Ue dei prodotti nazionali, ma non viene controllato”.
Nuovi materiali per l’economia circolare
L’economia circolare è diventata parte integrante del processo di progettazione e produzione, non più solo in teoria, ma anche in pratica. Numerose start-up, istituti e aziende consolidate hanno presentato le loro soluzioni su come chiudere i cicli dei materiali in futuro. Oltre alle nuove fibre riciclate e alle miscele di fibre, sempre più aziende si dedicano alla questione di come migliorare le condizioni nelle aziende per far progredire la trasformazione. Il progetto “Retrakt” di Dtb e dell’università RwthW di Aquisgrana, avviato di recente e finanziato per tre anni, si occupa della questione di come integrare la sostenibilità nei processi aziendali. Partecipano come aziende partner il marchio tedesco di outdoor Ortovox e il fornitore giapponese di tessuti Toray.
“Vogliamo esaminare quale contesto è necessario e quali strumenti di gestione sono utili per garantire la conformità tessile”, spiega Nicole Espey della Rwth di Aquisgrana. La Texroad foundation dei Paesi Bassi, invece, lavora alla generazione di dati per il mercato del riciclo post-consumo. “Poniamo domande molto semplici”, afferma Traci Kinden, fondatrice di Texroad, e intende ad esempio: quanta merce viene raccolta e dove? Quanto di essa può essere riutilizzato come secondhand, quanto viene spedito, quanto viene riciclato, quanti rifiuti vengono prodotti? “Queste informazioni sono molto importanti per la trasparenza, ma anche per determinare, per esempio, le sedi degli impianti di riciclo o per scoprire quali dati sono necessari per il Digital product passport per semplificare il riciclo”, afferma Kinden. A causa di alcuni scandali legati al riciclo, negli ultimi anni molte persone sono diventate diffidenti nei confronti del riciclo dei tessili. “Una maggiore trasparenza nella catena di approvvigionamento del riciclo rafforzerebbe la fiducia”.
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