Sanità in Calabria, la deriva continua. Ora vogliono impedirci le cure al Nord con i “tetti d’accesso” per i meridionali



DOPO I TETTI D’ACCESSO PER I MIGRANTI, ECCO I TETTI D’ACCESSO PER I MERIDIONALI

di Pino Tassi

L’articolo 55 della legge di bilancio prevede la stipula di accordi tra le Regioni per la mobilità sanitaria. Entro il 28 febbraio il Ministero della Salute dovrà predisporre il format da utilizzare per gli accordi bilaterali obbligatori per le Regioni e le Province autonome. Entro il 30 aprile 2025 devono essere sottoscritti tutti gli accordi bilaterali con le singole regioni che devono avere una validità di almeno 2 anni. La norma in pratica sembra studiata apposta per la nostra regione e per le regioni del Sud.

Nasce il sospetto che non essendo riuscita la nostra regione a diminuire la migrazione sanitaria di calabresi verso altre regioni si voglia mettere un freno con una normativa restringente piena di codicilli e di rimandi. La nostra regione ha avuto nel 2023, secondo i documenti approvati dalla Conferenza Stato-Regioni, una spesa pari a 304 milioni di euro per per la mobilità sanitaria. In realtà la mobilità passiva ha raggiunto la cifra di 336 milioni, da cui vanno detratti 31 milioni di mobilità attiva, cioè di persone fuori regione curate nei nostri ospedali. Sicuramente per la maggior parte turisti che si trovavano qui in vacanza. Nel 2023 avevamo speso 252 milioni, quindi le uscite verso altre regioni sono aumentale di oltre 50 milioni. La situazione è pesante, ragion per cui visto che la sanità non migliora nel Sud si è avuta la brillante idea di alzare un muro e costringerci a curare qui.

In pratica la Regione Calabria, come tutte le altre regioni, in base al comma 2, dovrà sottoscrivere accordi bilaterali con le regioni confinanti, quindi con la Campania, la Basilicata, la Sicilia. Ma non solo: dovrà sottoscrivere accordi anche con le regioni verso cui c’è una mobilità per prestazioni a bassa complessità e con le regioni verso cui c’è una mobilità passiva pari al 20% del fabbisogno sanitario annuale. Siccome la Calabria ha una mobilità sanitaria alta verso la Lombardia, l’Emilia Romagna, il Lazio e il Veneto significa che molto probabilmente con queste regioni ci dovranno essere degli accordi sanitari. Secondo i dati diffusi dalla Fondazione Gimbe nel suo ultimo rapporto nel 2021, la mobilità sanitaria interregionale in Italia ha raggiunto un valore di 4,25 miliardi di euro, cifra nettamente superiore a quella del 2020 (3,33 miliardi), con saldi estremamente variabili tra le Regioni del Nord e quelle del Sud.

Qualcuno mi potrebbe dire che sono esagerato, che nessuna normativa può andare contro il principio costituzionale di limitazione della libertà di cura e di spostamento. Anch’io la pensavo così, ma leggendo le note esplicative dell’art 55 della legge di bilancio c’è da impallidire. A questo proposito si scrive nella legge che è vero che il principio di mobilità è tutelato dall’articolo 32 della Costituzione come libertà di cura ed è rafforzato dall’articolo 3 come principio di uguaglianza sostanziale, però nello stesso tempo, si scrive, che esiste una sentenza della Corte costituzionale (sent. 26 ottobre 2012 n. 236) che stabilisce che “non è vietato al legislatore sacrificare la libertà di scelta del paziente, a condizione che il sacrificio risulti necessitato dall’esigenza di preservare altri beni di rango costituzionale, quale ad esempio un’efficiente ed efficace organizzazione del sistema sanitario”.

Quindi il rischio di una limitazione della libertà di cura non è astratta visto che la stessa legge di bilancio ne prospetta la fattibilità. Siccome sono un ignorante in materia sanitaria e non solo, sono andato a leggere le posizioni di chi ne capisce in materia sanitaria. Il 28 novembre scorso c’è stata una denuncia di Cosmo De Matteis, Presidente nazionale emerito del Sindacato Medici Italiani, che denunciava: “La recente proposta in materia sanitaria di limitare i cosiddetti viaggi della salute in altre regioni, è grave e limitativa della libertà di scelta dei cittadini calabresi a chi affidare, a medici e a strutture capaci di far fronte, nel migliore dei modi, alle personali richieste di salute”.

“La Calabria è una di quelle regioni, che ha il più alto tasso di migrazione sanitaria. Questa è una realtà ormai consolidata. I nostri solerti amministratori, anziché interrogarsi sulle ragioni per cui tanti malati calabresi, spesso indigenti, sono costretti a spostarsi in altre regioni per ricevere cure adeguate, affrontando enormi sacrifici non solo economici, sembrano intenzionati a limitare questa possibilità. Stanno proponendo misure che, di fatto, rischiano di ledere la libertà di scelta degli ammalati calabresi, aggravando ulteriormente una situazione già drammatica”.

L’auspicio di De Matteis era che “questa proposta non vada in porto, perché sarebbe un grave vulnus per tutti i cittadini calabresi”. Purtroppo invece l’articolo 55 è andato in porto e ora siamo davanti ad un governo che spacca l’Italia e tenta di limitare le libertà di ognuno. L’autonomia differenziata è proprio questa: ogni regione ha la propria autonomia e perfino spostarsi per curarsi è sottoposto a vincoli, limiti e autorizzazioni. Siamo trattati come i migranti, per loro ci sono i tetti d’accesso in Italia, per noi meridionali ci saranno i tetti d’accesso per curarsi in altre regioni d’Italia. Tra qualche anno corriamo il rischio di dover munirci di passaporto per andare da una regione all’altra…



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