Industria e commercio, adesso in Friuli è allarme rosso: perse 400 imprese

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Il Friuli Venezia Giulia ha chiuso anche il 2024 con numeri positivi rispetto alle aziende presenti sul territorio, con una crescita dello 0,19% rispetto all’anno precedente, l’equivalente cioè di 184 imprese in più. Tuttavia, questo andamento, se messo sotto la lente, mostra un tessuto economico in forte trasformazione: protagonisti della crescita, infatti, non sono né la manifattura né l’agricoltura, settori tipici della storia economica della regione. Ha chiuso l’anno in leggera flessione anche il commercio. Resta in terreno positivo, invece, l’edilizia e poi si mostra particolarmente dinamico il settore dei servizi, comprendente attività professionali scientifiche, finanziarie, assicurative, noleggio, agenzie di viaggio, servizi di supporto alle imprese. Di rilievo, inoltre, la crescita delle società di capitale, aumentate del 2, 38% rispetto all’anno precedente, con un incremento, cioè, di 612 unità.


 
I dati

Il Friuli Venezia Giulia, pur in terreno positivo, cresce comunque un po’ meno del Nordest (+0,23%), che a sua volta è l’area italiana che ha avuto meno intraprendenza imprenditoriale lo scorso anno. L’aggiornamento lo offrono i dati Movimprese che sono stati elaborati per il Friuli Venezia Giulia dal Centro Studi della Camera di Commercio Pordenone-Udine e diffusi ieri. «Il momento complesso per i settori che costituiscono l’ossatura tradizionale della nostra economia si conferma, così come abbiamo avuto modo di rilevare anche con le previsioni occupazionali Excelsior e tenendo conto della situazione internazionale in continua evoluzione e con molti fronti caldi – ha rilevato il presidente della Cciaa Giovanni Da Pozzo -. Importante in questo contesto sottolineare ancora la tenuta e anzi la continua crescita dei servizi, che presentano dinamiche trasversali e con significativi risvolti occupazionali e d’innovazione». A restare ai macrodati, le imprese del Friuli Venezia Giulia confermano una sostanziale tenuta, con il saldo tra chiusure e aperture che si mantiene in terreno positivo dal 2021. L’anno scorso ci sono state 5.314 nuove inscrizioni di attività economiche, ma è stato ugualmente sostenuto il numero delle cessazioni, pari a 5.130 attività esistenti che hanno abbassato le saracinesche. La differenza non è grande, tuttavia sufficiente a scrivere per il quarto anno consecutivo un segno «più» Il punto è che «più della metà della crescita annuale si concentra in soli tre macro-settori», ha rilevato il presidente Da Pozzo, ricordando i dati: costruzioni con 215 imprese in più, corrispondenti a una crescita dell’1,4%, ancora la maggior crescita in termini assoluti, attività professionali scientifiche e tecniche con +109 imprese, pari a un tasso di crescita del 2,5% su base annua, e infine altre attività di servizi con +103, pari a +2 per cento. Crescono in maniera significativa anche le attività di noleggio, agenzie di viaggio e servizi di supporto alle imprese (+70, +2,3%) e le attività immobiliari, finanziarie e assicurative.

 
Preoccupazione

In modo quasi speculare, altri grandi comparti hanno pesato sul saldo con una riduzione del proprio dei propri numeri: commercio (259 imprese in meno, pari a -1,3%), agricoltura, silvicoltura e pesca (-245, pari a -1,9%) e attività manifatturiere che hanno ceduto un 1,1%, pari a 112 unità. Quanto alle forme organizzative delle imprese, alla fine del 2024 il tessuto imprenditoriale del Friuli Venezia Giulia ha visto una «significativa» espansione delle società di capitali, cresciute del 2,38% rispetto al 2023, ha rilevato Movimprese. Questo cambiamento societario avviene a scapito delle altre forme, il cui numero si è complessivamente ridotto di 428 unità: calano di 242 unità le società di persone; di 175 unità le imprese individuali e ci sono 11 unità in meno delle altre tipologie organizzative previste dalla norma. La crescita più importante lo scorso anno è stata appannaggio del Sud Italia (+13.684 imprese), mentre in termini relativi l’area più dinamica si è rivelata quella del Centro Italia, con un +0,80% rispetto a una media italiana del +0,62 per cento. 





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