Franceschini pensiona Prodi e lancia la non-alleanza di centrosinistra

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Il più volte ministro, tra i principali sostenitori di Elly Schlein nel Pd, bolla come superata e irriproponibile l’idea di coalizione su cui in questi giorni è più volte tornato l’ex premier. Meglio correre da soli, dice, prendendo in contropiede buona parte del gruppo dirigente

«Mi sono convinto che la destra la battiamo marciando divisi». Dario Franceschini, più volte ministro e fra i principali “big” del Pd che hanno sostenuto Elly Schlein al congresso, sgancia quella la “bomba” politica dalle colonne di Repubblica, con un’intervista al vicedirettore Stefano Cappellini.

Non ha senso dannarsi a cercare di riproporre un nuovo centrosinistra, dice in sostanza: «Serve realismo. I partiti che formano la possibile alternativa alla destra sono diversi e lo resteranno. È inutile fingere che si possa fare un’operazione come fu quella dell’Ulivo. L’Ulivo non tornerà, da quella fusione è già nato il Pd. E nemmeno l’Unione del secondo Prodi, con le sue 300 pagine di programma assemblato a tavolino prima delle elezioni».

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Meglio rinunciarci: «Dobbiamo evitare di commettere gli errori già fatti in passato. Passare i prossimi tre anni ad avvitarci in discussioni: primarie sì o primarie no, Renzi sì e Conte no, o viceversa, tavoli di programma, discussioni sul nome. Si dice spesso che la destra si batte uniti. Io, se mi passa la provocazione, mi sono convinto che la destra la battiamo marciando divisi». 

«I partiti di opposizione vadano al voto ognuno per conto suo, valorizzando le proprie proposte e l’aspetto proporzionale della legge elettorale. È sufficiente stringere un accordo sul terzo dei seggi che si assegnano con i collegi uninominali per battere i candidati della destra».

Il ragionamento, che ha tutta l’aria della proposta di un cambio di linea rispetto a quella di Elly Schlein, di fatto bolla come superata e irriproponibile l’idea di alleanza su cui in questi giorni è più volte tornato Prodi, chiamando inutilmente la segretaria a dare una risposta. Ma corregge anche la strada perseguita dalla stessa segretaria Pd, che da quest’estate prova a proporre agli alleati, a partire da Giuseppe Conte, un programma essenziale, fatto di pochi ma qualificanti punti comuni.

Segretaria a cui comunque viene confermato l’appoggio: «Schlein è solida e vincente», dice l’ex ministro, «si sottovaluta la sua scelta di non partecipare al chiacchiericcio di giornata e parlare solo di temi concreti. Questo talvolta la fa apparire assente mentre, secondo me, alla gente arriva proprio il contrario».

Ma il tavolo della coalizione è impossibile, sembra dire Franceschini, meglio che ciascuno faccia il pieno dei propri voti e l’accordo si limiti all’indispensabile intesa sui seggi uninominali. La proposta ha preso in contropiede buona parte del gruppo dirigente, difficile trovare un democratico che commenti, tanto meno la segretaria che oggi e domani è impegnata in una serie di iniziative in Veneto.

Fin qui solo Debora Serracchiani, un tempo franceschiniana, giudica «interessanti» le parole dell’ex ministro, «invece di costruire a tavolino alleanze, cerchiamo di metterci insieme sui temi che ci tengono uniti e di battere questa destra con una proposta alternativa. Che poi lo si faccia sul campo ognuno con la propria forza credo sia un’opzione da non sottovalutare».

Fra i possibili interlocutori del patto per l’uninominale, Carlo Calenda fa capire che è interessato: «Intervista intelligente e realistica. Oggi la linea politica di Azione, Pd, 5S e AVS è troppo diversa per portare a una coalizione credibile». Matteo Renzi segnala un altro passaggio dell’intervista, in cui l’ex ministro si rivolge a Forza Italia: «Franceschini è un volpone, dice una cosa oggettivamente intelligente: se Forza Italia accettasse di avere il sistema proporzionale, cioè cancellare quella parte della legge elettorale che prevede il premio alla coalizione, Forza Italia governerebbe per anni».

Nessuna dichiarazione ufficiale dal lato di M5s, per ora: ma un deputato vicino al presidente Conte spiega che quella di Franceschini è una linea compatibile con l’autodefinizione di «progressisti indipendenti» varata nell’ultima assemblea nazionale, insomma sulla proposta di Franceschini «ci si può assolutamente confrontare, ci si può lavorare».

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