fondi europei alle lobby ambientaliste


Roma, 23 gen – Una pioggia di soldi versati segretamente nelle tasche di gruppi ambientalisti per promuovere il tanto contestato Green Deal europeo (o imbroglio verde, come forse dovremmo chiamarlo). A riportare la notizia è il quotidiano olandese De Telegraaf: miliardi di euro gestiti dall’UE che sarebbero serviti per drogare il dibattito pubblico. Sostenendo così la linea intransigente dell’ex Commissario europeo per il clima Frans Timmermans.

Chi è Frans Timmermans?

Il nome probabilmente dirà poco al lettore. Eppure il politico dei Paesi Bassi – dimessosi dalla carica un anno e mezzo fa – è il firmatario di due direttive comunitarie ben più famose – e impopolari. Ovvero la norma sul divieto di immatricolare nuove auto con motore endotermico (benzina, diesel) a partire dal 2035 e quella relativa all’efficienza energetica delle abitazioni

L’inchiesta del popolare giornale di Amsterdam parla di diversi contratti riservati, con centinaia di associazioni ambientaliste coinvolte. Denaro – a quanto pare – proveniente da “un fondo multimiliardario”. Soldi utili al conseguimento di obiettivi prefissati (e da rendicontare), “risultati concreti di lobbying presso eurodeputati e Paesi membri”. Il controverso giro d’affari si è quindi prestato per mantenere il green come argomento primario – con accenti talvolta emergenziali o catastrofici – nelle agende politiche del Vecchio Continente.

Le reazioni della politica

Sembra proprio che ancora una volta – pensiamo ad esempio al Qatargate – qualcuno abbia beccato i paladini della democrazia con le mani nella marmellata. Sulla questione è intervenuto Carlo Fidanza, capo delegazione di Fratelli d’Italia. “Se tali evidenze venissero confermate saremmo di fronte a un vero e proprio Timmermans-gate. Una gravissima interferenza e un utilizzo scandalosamente improprio da parte della Commissione Ue di risorse che avrebbero dovuto essere utilizzate a beneficio degli agricoltori“. 

Il coordinatore del gruppo Ecr (Conservatori e riformisti europei) chiede che venga fatta immediata chiarezza su “tutte le somme ad ogni titolo versate a soggetti non istituzionali per condizionare il dibattito pubblico”. Lo scandalo in effetti potrebbe assumere enormi proporzioni. Interessante poi l’interrogativo posto da Dirk Gotink del Partito Popolare Europeo: “e se questo tipo di attività fosse avvenuto anche su altri temi come l’immigrazione?

Green Deal o imbroglio verde? L’attacco di Coldiretti

Un “progetto” in particolare (qualcosa come 700 mila euro) avrebbe dovuto orientare il discorso sull’agricoltura. Dal Green Deal all’imbroglio verde, pure Coldiretti va all’attacco del “falso ambientalismo”, sostenuto da “multinazionali che hanno interessi economici legati ad altre forme di business come quello dei cibi fatti in laboratorio, su cui sta investendo una lobby di oligarchi multimiliardari”. Sempre con le parole della confederazione: “Per anni sono stati criminalizzati i produttori agricoli e i coltivatori diretti di tutta Europa come il male assoluto, ergendo alcune delle associazioni ambientaliste più importanti a giudici di un tribunale della storia che pretendeva di condannarli, in particolare quelli italiani”. 

L’inchiesta, insomma, non sorprende l’associazione, da sempre critica verso il Green Deal. È stato svelato “ciò che avevamo denunciato con fermezza già anni fa sollevando ripetutamente dubbi su presunti conflitti di interesse”. Quanto emerso insomma darebbe ragione a Coldiretti: “si nascondeva un’agenda politica a senso unico, capace solo di favorire interessi di parte e non di garantire l’equilibrio tra la sostenibilità ambientale e la necessità di proteggere la nostra agricoltura, infliggendo gravi danni alle filiere agricole in nome di un ambientalismo ideologico”.

La nota – va detto – è ineccepibile anche nelle conclusioni. “Per anni è stata demonizzata la figura dell’agricoltore e del coltivatore diretto che invece ancora adesso, in un momento storico segnato dagli effetti devastanti del cambiamento climatico, restano i veri custodi del territorio, dell’ambiente e del patrimonio agroalimentare. Per non parlare di quello che è stato fatto ad altri settori, pensiamo all’automotive e all’intera manifattura”. 

Un’ecologia futurista

Il Diavolo, come sempre, ha fatto le pentole ma non i coperchi. E i nodi – puntualmente – sono arrivati al pettine. Il rischio, adesso, lo conosciamo: un rifugiarsi per rigetto nel conservatorismo retrogrado e altrettanto fanatico. Un po’ trumpiano, se vogliamo. Ma l’ecologismo che sogna la decrescita e il depotenziamento dell’Europa non si combatte con l’altra faccia della medaglia

Si sconfigge per affermazione, prendendo coscienza che l’uomo ordina, armonizza e tutela la natura. Lo fa in un’ottica di potenza, in un processo virtuoso che – al contrario di quanto si possa pensare – richiede più tecnologia. Né primitivismo, né disinteresse. Serve un’ecologia futurista.

Marco Battistini





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