ecco a chi spetta, requisiti e quali sono le novità

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La pensione a 70 anni fa gola agli statali, ma per la maggior parte dei dipendenti pubblici rimarrà un miraggio. La Funzione pubblica ha deciso di restringere il canale di accesso alla misura introdotta dalla legge di Bilancio per permettere alle amministrazioni pubbliche di trattenere in servizio i lavoratori anche dopo i 67 anni di età, così da tamponare i buchi di organico e agevolare nel contempo la formazione dei nuovi assunti.

La novità è a poter essere chiamati a restare saranno solo i dipendenti con una «pagella» brillante, ovvero quelli con una valutazione delle performance ottima o eccellente.

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LA SELEZIONE

Questo però è solo uno dei paletti introdotti da Palazzo Vidoni con una direttiva ad hoc per evitare, da un lato, che si verifichi un assalto alla diligenza e, dall’altro, per far sì che la Pa, che con un’età media di poco al di sotto dei 50 anni ha già la chioma sufficientemente argentata, diventi ancora più vecchia. Per questo non potrà essere richiamato il personale che è già andato in pensione.

La possibilità di trattenere in servizio i dipendenti migliori, inoltre, non sarà concessa alle amministrazioni che non hanno redatto il Piao, il Piano integrato di attività e organizzazione.

Non sorprende che la possibilità di restare più tempo al lavoro piaccia ai dipendenti dello Stato. Innanzitutto perché in questo modo si ha l’opportunità di incrementare l’assegno previdenziale a cui si ha diritto una volta detto definitivamente addio all’ufficio. E poi perché le attività che gli statali saranno chiamati a svolgere dopo i 67 anni non sembrano così faticose: dovranno, sostanzialmente, fare da tutor alle nuove leve. Tanto guadagno per poco sforzo, insomma.

In compenso non è prevista la possibilità per i dipendenti che lavoreranno fino a 70 anni di riscattare il cosiddetto «bonus Maroni», l’incentivo riservato a chi rinuncia alla pensione anticipata che, nel pubblico, porta a un aumento in busta paga del 9 per cento circa. A prevedere la possibilità di trattenere in servizio il personale delle pubbliche amministrazioni è l’articolo 1 comma 165 dell’ultima legge di Bilancio. Da questa opzione resta escluso il personale delle magistrature, gli avvocati e i procuratori dello Stato, nonché le Forze armate, di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

Sempre la manovra stabilisce che la misura si applica in un limite massimo pari al 10 per cento delle facoltà di assunzioni delle amministrazioni pubbliche coinvolte. Un tetto fissato per garantire un’applicazione mirata della misura e soddisfare precise esigenze funzionali delle pa.

Nelle indicazioni applicative del ricorso al trattenimento in servizio del personale, dirigenziale e non dirigenziale, delle amministrazioni pubbliche, firmate dal ministro per la Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo, viene poi ribadito che «il ricorso alla misura non è possibile oltre il compimento del settantesimo anno di età».

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I dipendenti pubblici che aspirano a restare in servizio non potranno farsi avanti spontaneamente: spetta infatti al datore di lavoro selezionare quelli di cui ha effettivamente bisogno e chiedere loro la disponibilità a rimanere in servizio. Senza il consenso dell’interessato, chiaramente, non sarà possibile procedere. Coloro che già sono stati oggetto di deroghe al pensionamento, come i dirigenti rimasti al lavoro per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, sono esclusi dalla misura.

IL DOCUMENTO

Il periodo del trattenimento in servizio varierà a seconda delle esigenze delle singole amministrazioni e non durerà sempre fino a 70 anni. Le amministrazioni pubbliche devono segnalare nel Piao, il documento con la strategia di gestione del capitale umano e di sviluppo organizzativo, la sussistenza e la dimensione delle proprie esigenze funzionali, e la loro durata. Solo così, precisano da Palazzo Vidoni, potrà essere efficacemente individuato il personale a cui chiedere la disponibilità per il trattenimento in servizio.

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