Cassano: “Con l’ipertrofia legislativa, più difficile rendere giustizia. Rispetto tra le istituzioni”

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«I dati restituiscono un’immagine della magistratura diversa da quella oggetto di abituale rappresentazione e posta a base di progetti riformatori. Una magistratura che, conscia delle sue responsabilità, cerca di assolvere al meglio i propri doveri con spirito di collaborazione, tensione ideale, impegno professionale, senso del limite e della misura, ascolto attento delle ragioni altrui nella convinzione che un confronto costruttivo costituisce un prezioso stimolo a migliorare». Margherita Cassano, Prima Presidente di Cassazione apre l’anno giudiziario, alla presenza del Capo dello Stato Sergio Mattarella, con una relazione che, numeri alla mano, ricorda come siano stati centrati gli obiettivi del Pnrr rispetto allo smaltimento dell’arretrato, arrivato, per le corti di Appello al 99 per cento. E che disegna un quadro della giustizia per il quale non si ravvede la necessità di una ulteriore riforma. Dal Canto suo il ministro della Giustizia Carlo Nordio, ha incentrato la sua relazione quasi esclusivamente sulla difesa della riforma della giustizia con la separazione della carriere dei giudici sottolineando che «la riforma si presenta, per quanto riguarda l’indipendenza e l’autonomia della magistratura, con una chiarezza cartesiana di rocciosa solidità. Ogni fantasia speculativa su variazioni futuribili è un’arbitraria interpretazione divinatoria». Inoltre, ha ribadito che «il legislatore procederà senza esitazione, nella fiduciosa ma incondizionata acquiescenza al referendum popolare che suggellerà questo iter complesso».

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Il magistrato, invece, ha messo l’accento, da un lato su una «ipertrofia legislativa che recepisce le istanze di un corpo sociale sempre più dilacerato, incapace di darsi autonomamente regole di civile convivenza fondate sulla condivisione dei valori costituzionali e alla costante ricerca di un intervento esterno che rischia, però, di elidere il ruolo di cittadinanza attiva e solidale delineato dall’art. 2 della Carta fondamentale», dall’altro su «istanze di tutela cui il legislatore non ha voluto o saputo dare risposta» e che «trovano come primo interlocutore il giudice». Basti pensare alle problematiche del fine vita e dell’eutanasia, del testamento biologico, del trattamento terapeutico per malati terminali o incoscienti, cita come esempio. «In presenza di una linea di tendenza così complessa», spiega Cassano, «sussiste il pericolo che la dilatazione della categoria dei diritti fondamentali, senza la preventiva mediazione formale del legislatore, attribuisca impropriamente alla magistratura compiti di sintesi, bilanciamento, armonizzazione». Ma, mentre restano ampi spazi in cui la legislazione è carente, con la frequente conseguente accusa al potere giudiziario di essersi «espanso moltissimo negli ultimi cinquant’anni», per dirla con le parole di Fabio Pinelli, vicepresidente del Csm, in altri settori «le molteplici normative speciali, in alcuni casi non coordinate fra loro e collocate in provvedimenti contenenti previsioni sui temi più disparati, sono talora frutto di decretazione d’urgenza destinata a riflettersi sulla qualità del dato normativo con conseguente ampliamento dell’attività interpretativa del giudice». In Il magistrato snocciola le criticità, da quella di un sistema penitenziario dove aumentano i suicidi, alla sicurezza sul lavoro con «il numero inaccettabile di infortuni con esito mortale che continuano a verificarsi con drammatica periodicità». Su questo punto, denuncia, «logiche economiche di esasperata flessibilità tralasciano il profilo della “qualità” dei posti di lavoro, disattendono la “sintonia tra le caratteristiche specifiche del lavoratore e i requisiti richiesti per svolgere una determinata attività”, generano occupazioni precarie, non garantiscono la necessaria protezione, favoriscono il lavoro irregolare, creano le condizioni di tragici epiloghi per la vita del lavoratore». Senza considerare che, quando il lavoro è irregolare, si eludono «le imposte e i contributi previdenziali» ci si sottrae «al rispetto dei diritti sociali (salario minimo, legislazione a tutela del lavoro, ferie)», si evitano «i costi legati alla tutela della salute e della sicurezza» e si determina «il cosiddetto dumping sociale, perché crea forme di impropria concorrenza alle attività svolte nel rispetto delle norme, giungendo a metterle fuori mercato. Il lavoro “irregolare” è una delle cause principali delle lesioni o delle morti sul lavoro.

Parla dei femminicidi «Nell’anno 2024, su un totale di 314 omicidi volontari (in calo dell’8% rispetto ai 340 dell’anno precedente e ai 328 del 2022), quelli maturati in ambito familiare o affettivo ammontano a 151 e in 96 casi hanno come vittima una donna». Dati che continuano a essere allarmanti «in quanto espressione di una perdurante, angusta concezione della donna quale oggetto di possesso e dominio da parte dell’uomo». E ancora mette in guardia da uno spregiudicato uso dei social nella fascia più giovane della popolazione che favorisce «la produzione e diffusione di immagini sessualmente esplicite di minori (cosiddetto sexting) con conseguente effetto moltiplicatore, causa di comportamenti lesivi della loro dignità o di azioni persecutorie che possono spingere la vittima al compimento di gesti di autolesionismo». Ma attenzione anche a quando, a mettere in rete foto e filmati, sono i genitori. È «la nuova pratica del cosiddetto sharenting consistente nella diffusione on line, da parte di genitori ignari, di immagini dei figli minori oggetto poi di manipolazione, improprio utilizzo e condivisione in rete da parte di soggetti operanti nel mondo della pedo-pornografia, con conseguente, obiettiva esposizione a pericolo dell’integrità psico fisica del minore stesso». Su questi fronti è «urgente l’adozione di iniziative di ampio respiro per promuovere un utilizzo informato, maturo e consapevole delle nuove forme di comunicazione».

Infine, sullo scontro tra poteri, concludendo la sua relazione, Cassano ha citato l’opera “Le città invisibili”, di Italo Calvino. Quando «l’imperatore dei tartari Kublai Kan chiede a Marco Polo quali siano le pietre che sorreggono l’arco del ponte», ricorda il magistrato, «Marco Polo risponde che non è sostenuto da determinate pietre, ma dall’intera linea dell’arco che esse formano. Il mio auspicio per il nuovo anno giudiziario è che tutti noi possiamo recuperare la consapevolezza di essere parti dell’unico arco su cui poggia il ponte dello Stato di diritto».





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