Il vescovo della Diocesi di Bolzano e Bressanone Ivo Muser sul dossier in cui si parla di 67 casi: «C’è stato un insufficiente controllo dei sacerdoti sospetti»
«Deve cambiare molto. Ma una cosa la posso assicurare, senza se e senza ma: non ci saranno più trasferimenti di sacerdoti accusati o sospettati di abusi». La diocesi di Bolzano e Bressanone è stata la prima in Italia a promuovere una dirompente operazione trasparenza, commissionando un rapporto dettagliato sulla piaga delle violenze sessuali in ambito ecclesiastico in Alto Adige. In un’attesa conferenza stampa che ha scosso le coscienze, oggi 24 gennaio, il vescovo Ivo Muser ha scelto la via della verità più dolorosa, assumendosi responsabilità pesanti come macigni e chiedendo scusa alle vittime e alla collettività. «L’abuso è un esercizio perverso del potere. Mi scuso e mi assumo personalmente la responsabilità per le omissioni avvenute precedentemente e durante il mio episcopato: c’è stato un insufficiente controllo dei sacerdoti sospetti».
«Bambini ignorati»
Costato alla diocesi 860mila euro e affidato allo studio legale bavarese Westpfahl Spilker Wastl in collaborazione con lo studio Kofler Baumgartner & Partner di Brunico, il rapporto da 619 pagine rivelato dettagli scioccanti: 67 casi documentati, 59 vittime identificate, 41 sacerdoti accusati dei quali 29 con accuse dimostrabilmente vere. «Numeri sconvolgenti», ammette Muser, che nascondono ancora «un enorme sommerso» e che tradiscono un dolore profondo e sistemico. «I bambini e i giovani vittime di abusi sono rimasti invisibili o sono stati ignorati – ha detto il presule con voce rotta – i colpevoli protetti e trasferiti, mentre famiglie e comunità coinvolte nel dolore sono state semplicemente trascurate. Dinamiche inaccettabili che richiedono particolare rigore; e così faremo».
«Abusi coperti»
La Chiesa altoatesina ha deciso di guardare in faccia la propria vergogna. Il vescovo Muser ha parlato di «una nuova cultura dell’errore» annunciando misure concrete: un gruppo di esperti per definire linee guida vincolanti entro fine 2025, la revisione dei servizi diocesani, un monitoraggio sui sacerdoti accusati ancora in vita. «Ogni caso di abuso è un caso di esercizio perverso del potere – ha sottolineato Muser -. Abbiamo bisogno del coraggio di comprendere perché questi abusi sono stati coperti, minimizzati, perché le vittime non hanno trovato la forza di parlare». Un passaggio cruciale riguarda le donne: il 68% delle vittime erano di genere femminile, come la maggioranza di chi si è rivolto agli avvocati. «Abbiamo già donne qualificate e competenti che già operano in vari settori – ha precisato il vescovo – ma incrementeremo i programmi per promuoverle maggiormente in posizioni dirigenziali».
Il responsabile del servizio tutela minori della Diocesi di Bolzano e Bressanone, Gottfried Ugolini, ha quindi annunciato l’avvio della fase operativa del progetto “Il coraggio di guardare”. «Le ferite non cadono in prescrizione – ha premesso -. Verrà istituito un team di supporto al centro di ascolto e per sostenere le parrocchie divise dagli episodi di abuso, un gruppo direttivo che lavori perché la Chiesa sia un luogo sicuro per minori e persone vulnerabili e gruppi di progetto per la pastorale, la formazione, la Caritas e l’amministrazione. Verranno inoltre definiti criteri stringenti per la selezione del personale ecclesiale e valorizzata la responsabilità della base, perché si passi dal “io so, ma non voglio immischiarmi” a un “io so e agisco».
L’appello alle vittime
Sul sito web della diocesi verranno condivisi materiali e consigli di film, libri, articoli e testi per affrontare il tema anche nelle celebrazioni liturgiche e le sere di giovedì 30 e venerdì 31 gennaio si terranno dei seminari con esperti via Zoom accessibili dal portale diocesano”. L’appello finale del vescovo è un invito accorato alle vittime: «Condividete le vostre storie, anche in forma anonima e attraverso il canale che preferite, anche rivolgendovi direttamente a me. Le vostre esperienze sono di inestimabile valore per questo processo di revisione». Una mano tesa verso il dolore, un tentativo di ricucire ferite profonde. «Non è un passo facile, ma è un passo decisivo. C’è bisogno di tutti noi per creare quel cambiamento culturale che aiuta a lenire le sofferenze e le ingiustizie passate e a prevenire quelle future», ha concluso Muser. Parole che suonano come un impegno solenne: la promessa di una Chiesa che vuole guardarsi allo specchio con coraggio e umiltà.
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