Qualcosadisinistra.info – Trump appare a Davos: l’Ue si prepara allo scontro

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Il conflitto In un clima da guerra commerciale i vertici europei si schierano. Il commissario Ue all’economia Dombrovskis: “Pronti a rispondere ai dazi”, Lagarde (Bce): “È una sfida esistenziale”. . E il premierr spagnolo Sanchez attacca da solo le Big Tech: “La democrazia è limitata dal potere delle élite che, essendo ricche, si sentono al di sopra della legge. I miliardari delle Big Tech vogliono rovesciare la democrazia”

 Donald Trump su uno schermo della sala del World Economic Forum di Davos

In attesa che Donald Trump si manifesti oggi in video-collegamento a Davos, il Commissario europeo per l’Economia Valdis Dombrovskis e la presidente della Banca Centrale Europea Christine Lagarde hanno chiarito ieri al forum mondiale dell’economia che si sta tenendo in Svizzera che l’Europa è pronta a partecipare alla guerra commerciale e a rispondere «in maniera proporzionata». «Gli Usa sono un importante partner strategico – ha detto Dombrovskis – ma è chiaro che siamo pronti a difendere i nostri valori e i nostri interessi se necessario».

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UNO DEI PORTAVOCE della Commissione Ue, Olaf Gill, ieri ha esplicitato il contenuto polemico del confronto con gli Usa che, «pragmaticamente», è stato diluito nell’intervento di Dombrovskis, e in quello dell’altro ieri della presidente della commissione Ue Ursula von Der Leyen. Trump sostiene la «verità alternativa» per cui esiste un surplus commerciale europeo di 350 miliardi di dollari. «Non esiste – ha risposto Gill – Abbiamo quindi un surplus nel commercio di beni per noi e un surplus nel commercio di servizi. Non commenteremo le uscite del presidente Trump». Secondo il Census Bureau l’attivo europeo per il 2024 sarebbe stato di oltre 213 miliardi.

STA DI FATTO che i dazi sono dati per certi in uno scenario di guerra commerciale generalizzata. Per la presidente della Bce Lagarde Trump sta studiando misure «più selettive e mirate». «È un approccio molto scaltro – ha detto Lagarde – perché i dazi generalizzati non danno necessariamente i risultati che si attende. Ma questo non significa che non li avremo, nei prossimi giorni o settimane». Lagarde ha contestato la teoria che sta alla base dei ragionamenti di Trump. «Questa teoria della sostituzione, in cui abbasso le importazioni dall’Europa per aumentare la produzione interna negli Usa, è opinabile. L’idea che puoi fabbricare quello che non importi è qualcosa che richiederà un po’ di tempo».

LA PRESIDENTE BCE ha sollecitato l’Ue a partecipare alla «competizione» lanciata da Trump completando gli strumenti che la renderebbero un attore capitalistico più agguerrito. «Dobbiamo essere preparati – ha detto – Ma abbiamo ancora barriere nel mercato interno che bisogna eliminare. Abbiamo un enorme mercato, con tanti consumatori pronti a attivare il loro potere di acquisto e a usare i loro risparmi».

L’IDEA DI LAGARDE andrebbe verificata: gli alti tassi di interesse della Bce da lei diretta e l’inflazione hanno falcidiato il potere di acquisto, mentre i risparmi sono usati per sopperire alla crisi economica che morde. Probabilmente Lagarde, come la stessa von Der Leyen che ha evocato la stessa prospettiva l’altro ieri a Dav os, pensano ai grandi fondi di investimento che dovrebbero finanziare un mercato unico dei capitali. Un’idea condivisa nel piano sulla «competitività» commissionata dalla Commissione Ue a Mario Draghi.

LA GUERRA DEI DAZI potrebbe rialzare l’inflazione, Ciò potrebbe rallentare il percorso di riduzione dei tassi d’interesse da parte della Federal Reserve americana, A tale proposito ieri Lagarde ha lasciato intendere che la Bce proseguirà sul suo cammino. «È un problema loro» ha tagliato corto. Espressione brusca che dà l’idea del clima politico. In fondo anche le politiche monetarie, che sono un campo di battaglia nel nuovo conflitto inter-capitalistico. Se nel 2025 la Bce continuerà a tagliare i tassi di interesse come ha detto ieri Lagarde si dovrà comunque fare i conti con il dollaro che si va rafforzando. Trump potrebbe imbizzarrirsi con un euro debole che aiuta l’export europeo.

PEDRO SANCHEZ, il primo ministro spagnolo, ieri a Davos ha sferrato un attacco a tutto campo contro le Big Tech da X a Facebook, che si sono allineate all’estrema destra trumpiana. Hanno in mano uno «strumento di oppressione – ha detto Sanchez – Bisogna costringerli all’apertura della scatola nera dei social media e rendere personalmente responsabili gli amministratori delegati dei social media». Sanchez è l’unico europeo a sostenere queste elementari soluzioni che, insieme a una disciplina fiscale e antimonopolistica, servirebbero a spezzare l’arma del nuovo fascismo tecnologico del Capitale. Ai pari grado di Sanchez non passa per la testa che la plutocrazia che accompagna Trump possa essere colpita usando gli strumenti degli Stati costituzionali di diritto, per di più uniti. L’Europa è però uno spettro che pensa all’unione dei capitali e alla «competitività» senza avere i mezzi. Il ritiro di Trump dagli accordi sulla tassa «minima» delle multinazionali, che colpirebbe i suoi amici smanettoni, lo conferma. Su questo, come su altri fronti, l’Europa mantiene per ora un silenzio imbarazzato.



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