Sicurezza, in Veneto si allargano le zone rosse. A Venezia rinforzi per il carnevale

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La direttiva Piantedosi, che punta a rendere off limits determinate aree urbane a chi ha precedenti, è al vaglio di Verona e Treviso. Padova è già partita, più cauta sulla misura Vicenza

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Venezia sta vagliando le aree a rischio della terraferma, Treviso metterà mano al regolamento di pubblica sicurezza e nel frattempo, spiega il sindaco Mario Conte, «si valuterà se le “zone rosse” possano essere uno strumento transitorio per far fronte ad alcune criticità». Bocce ferme, al momento, a Verona e Vicenza. Mentre a Padova, per prima in Veneto, il lavoro è già partito (non senza qualche maldipancia in Comune) con la questura che si occuperà di individuare vie e quartieri dove irrigidire i controlli per renderle off limits a chi ha già precedenti con la giustizia.

Riflessioni in corso

Dopo un iniziale freno da parte di alcune amministrazioni (spesso più lessicale che di merito, di fronte al termine «zona rossa» evocativo di situazioni di assoluta emergenza, come la pandemia), in Veneto sempre di più si parla di creare «zone rosse» nei capoluoghi di provincia, come sperimentato a Milano per Capodanno e, soprattutto, in applicazione della direttiva del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, inviata ai prefetti il 17 dicembre «per sottolineare l’importanza di individuare, con apposite ordinanze, aree urbane dove vietare la presenza di soggetti pericolosi con precedenti penali e poterne quindi disporre l’allontanamento», informava prima di Natale il Viminale. Che puntualizzava: «Disposizioni queste contenute anche nel disegno di legge in materia di sicurezza pubblica all’esame del Parlamento che reca un’ulteriore estensione del divieto di accesso a coloro che risultino denunciati o condannati per delitti contro la persona e il patrimonio». Nel documento si sollecitano dunque i prefetti, in sede ci comitato per l’ordine e la pubblica sicurezza (Cosp), di «accrescere gli standard di prevenzione» con appunto le «zone rosse».




















































Treviso

Nel pomeriggio di lunedì 20 gennaio, Conte si è confrontato con il prefetto di Treviso Angelo Sidoti «per approfondire la questione», sottolinea il sindaco. Due settimane fa in sede di Cosp non sarebbe emersa l’urgenza di «zone rosse», ora però qualcosa è cambiato. «Valuteremo se possono essere uno strumento transitorio, il tema però è modificare il regolamento di pubblica sicurezza aggiornandolo alle necessità (permette di inserire in pianta stabile zone sensibili dove l’allontamento, prodromico al daspo, è sempre possibile, ndr)», sottolinea. Resta il fatto che per Conte le «“zone rosse” sono uno strumento utile che si sposa con criticità che non abbiamo qui — precisa — in ogni caso siamo in fase di studio». Il fenomeno che più allarma il capoluogo della Marca sono le cosiddette baby gang: «Ma non sono stanziali, se metto cinque pattuglie in stazione poi vanno altrove». 

Venezia

Come dire che blindare un’unica area potrebbe non risultare efficace. A meno che non si voglia, come ha fatto il Comune di Venezia nell’ultima versione del suo regolamento di polizia urbana, blindare un’intera fetta di città, qual è il centro storico veneziano. «Venezia è già a posto in tal senso — spiega il prefetto Darco Pellos —, stiamo però verificando se esistono altre zone, in terraferma». Il quartiere di via Piave, considerato il Bronx di Mestre, per spaccio e microcriminalità, e in parte Marghera sono già «sorvegliati speciale» oggetto dei controlli interforze di vigili, polizia, carabinieri e finanzieri nell’ambito dei servizi straordinari Alto impatto (caldeggiati, anche questi, dalla direttiva di Piantedosi) ma il raggio di azione potrebbe essere esteso. «Siamo sempre a favore di norme più stringenti per chi è delinquente seriale», fa sapere il Comune. Intanto, Venezia si attrezza per il Carnevale (14 febbraio-4 marzo). «Ci saranno servizi specifici e abbiamo chiesto rinforzi», continua il prefetto. Nelle tre settimane di eventi in maschera le disposizioni del Viminale saranno applicate alla lettera con divieti di accesso e allontanamenti («che già si fanno, nel 2024 sono stati più di mille», conclude Pellos) per i pregiudicati, che quasi sempre a Venezia sono borseggiatori.

Padova e Vicenza

Capitolo a parte, Padova. A inizio anno, in un’intervista al Corriere del Veneto, il prefetto Giuseppe Forlenza aveva definito il provvedimento non necessario. Poi, però, ha chiesto al questore Marco Odorisio «di individuare e delimitare le aree più adatte e più bisognose di interventi eccezionali, partendo da quelle già oggetto di controlli interforze». L’istruttoria, una volta conclusa, sarà portata al Cosp. «In quella sede avremo modo di capire meglio lo strumento», dice il sindaco Sergio Giordani. In seno alla maggioranza di Palazzo Moroni, Coalizione civica si oppone: «Messaggio sbagliato». Bocce ferme, invece, a Vicenza — «Non attueremo “zone rosse” ma al massimo zone di attenzione», dice il prefetto berico Filippo Romano che ha sollecitato i Comuni della provincia a dotarsi o aggiornare il regolamento di polizia urbana — e a Verona. «Si è aperto il confronto — spiega il prefetto Demetrio Martino — l’individuazione di eventuali “zone rosse” va fatta di concerto. E i servizi territoriali sono potenziati». La questione è «aperta» conferma l’assessora alla Sicurezza Stefania Zivelonghi. «Guadiamo alle esperienze di altre città, valuteremo al prossimo Cosp».

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