Il cessate il fuoco a Gaza probabilmente non durerà

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AGGIORNAMENTO 

Il premier israeliano Netanyahu ha lanciato una nuova offensiva “Muro di Ferro”, in Cisgiordania. Jenin è assediata e già 7 palestinesi sono stati uccisi e 35 feriti. Ogni città, paese e villaggio è isolato con posti di blocco che impediscono i movimenti. I coloni israeliani invece sono liberi di muoversi nonostante negli ultimi due giorni siano stati autori di numerosi attacchi contro i villaggi palestinesi. Il movimento islamico Hamas ha chiamato i palestinesi a resistere alla nuova offensiva isareliana.

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Intanto, tra la soddisfazione della destra estrema, il capo di stato maggiore Halevi e il comandante della regione meridionale, Yaron Finkelman, hanno annunciato le loro prossime dimissioni per il “fallimento del 7 ottobre 2023”, il giorno dell’attacco di Hamas nel sud di Israele.

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da Responsible Statecraft

di Paul R. Pillar

(Traduzione di Federica Riccardi)

Pagine Esteri, 21 gennaio 2024. L’accordo di cessate il fuoco sulla Striscia di Gaza può essere accolto come una modesta tregua alle immense sofferenze che i residenti del territorio hanno sopportato negli ultimi 15 mesi.

L’assalto militare israeliano alla Striscia ha inflitto morti che, secondo il conteggio ufficiale, hanno superato le 46.600 persone. Questo conteggio probabilmente sottostima di oltre il 40% le morti effettive, con la maggior parte delle vittime costituite da donne, bambini e anziani.

Questo si aggiunge a tutte le altre sofferenze dovute alle continue operazioni militari. Sono stati riportati più di 111.265 feriti, comprese disabilità che cambiano la vita, in un contesto in cui Israele ha ampiamente distrutto il sistema sanitario.

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L’accordo impegna inoltre Israele a consentire l’ingresso nella Striscia di Gaza di un maggior numero di camion che trasportano aiuti umanitari di cui c’è estremo bisogno. Altri benefici includono il rilascio di un certo numero di ostaggi israeliani che Hamas ha preso durante l’attacco dell’ottobre 2023. Saranno rilasciate anche diverse centinaia di palestinesi che Israele ha imprigionato. Anche i palestinesi possono essere considerati ostaggi. Sebbene ad alcuni di coloro che verranno rilasciati siano state inflitte pene detentive, molti dei palestinesi incarcerati da Israele sono detenuti a tempo indeterminato senza accuse, in isolamento e senza rappresentanza legale.

Al di là di queste misure positive, l’accordo appena raggiunto non offre molti spunti per sperare in un progresso significativo verso la pace e la stabilità in quella parte del mondo. Sebbene la cessazione delle operazioni militari interrompa alcune delle sofferenze immediate, non annulla gli enormi danni che hanno trasformato quella che era già una prigione a cielo aperto in una landa desolata in gran parte inabitabile. Secondo quanto riferito, l’accordo prevede il ritiro israeliano dai principali centri abitati e dal corridoio di Netzarim, consentendo in linea di principio alle famiglie della parte settentrionale della Striscia di Gaza di tornare alle loro case, ma molte di esse torneranno solo alle macerie.

Ci sono poche ragioni per essere ottimisti sul fatto che i negoziati successivi avranno successo e che le bombe non riprenderanno a cadere. Hamas è stato sufficientemente colpito al punto che la sua leadership quasi certamente considera nel suo interesse un’estensione indefinita del cessate il fuoco, ma continuerà a resistere cedendo tutta la sua merce di scambio – gli ostaggi israeliani rimasti – senza ottenere in cambio altre concessioni da parte di Israele. I maggiori ostacoli all’estensione del cessate il fuoco si trovano dalla parte di Israele, dove le tendenze politiche e strategiche vanno nella direzione di una continuazione indefinita della guerra.

Il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha avuto ragioni personali e politiche per mantenere Israele in guerra. Il proseguimento della guerra ha ritardato il fatto che egli debba affrontare pienamente le conseguenze delle accuse di corruzione a suo carico e l’inevitabile inchiesta ufficiale sulle carenze politiche che potrebbero aver contribuito all’attacco di Hamas dell’ottobre 2023. La sua tenuta al potere dipende anche dal mantenimento di una coalizione con l’estrema destra la cui unica idea di politica su Gaza è la completa eliminazione della comunità palestinese.

Il Ministro della Sicurezza Nazionale Itamar Ben-Gvir, il più importante dell’estrema destra, ha minacciato di lasciare il governo a causa della sua opposizione al cessate il fuoco a Gaza. Netanyahu probabilmente crede di poter gestire le pressioni contrastanti a cui è sottoposto. Combinerà l’aumento del sostegno che otterrà dalla restituzione di alcuni ostaggi israeliani con il raggiungimento di intese private con Ben-Gvir e il suo collega estremista di destra, il Ministro delle Finanze Bezalel Smotrich. Parte di questa intesa potrebbe essere la prospettiva che, dopo un cessate il fuoco temporaneo che riesca a rimpatriare alcuni degli ostaggi, l’assalto militare israeliano a Gaza riprenda.

La ripresa dell’assalto potrebbe avvenire dopo la scadenza del cessate il fuoco di sei settimane e il fallimento dei negoziati sulle fasi due e tre. Oppure, Israele potrebbe trovare delle scuse per riprendere l’assalto prima. Netanyahu ha una lunga storia di mancato rispetto degli accordi internazionali, che risale al Memorandum di Wye River raggiunto durante il suo primo mandato come Primo Ministro nel 1998, che prevedeva ritiri parziali in Cisgiordania che Israele non ha mai attuato. Più recentemente, Israele ha ripetutamente e ampiamente violato l’accordo di cessate il fuoco in Libano raggiunto lo scorso novembre.

Anche se entrambi i protagonisti degli estenuanti negoziati su Gaza continueranno a girare la storia a proprio vantaggio, il cambiamento di posizione che ha permesso di raggiungere un accordo ora e non qualche mese fa è avvenuto principalmente da parte israeliana. Netanyahu aveva ripetutamente insistito sulla necessità di “distruggere” Hamas per porre fine alla guerra a Gaza. Negoziare con qualcuno che si è giurato di distruggere è sempre stato ossimorico, ma ora il governo di Netanyahu ha raggiunto un accordo negoziale con un Hamas che non è affatto stato distrutto.

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La politica statunitense, le relazioni israelo-statunitensi e il prossimo cambio di amministrazione a Washington spiegano la posizione israeliana. Lo scenario che si è delineato è l’ultimo capitolo dell’alleanza politica tra Netanyahu e Donald Trump e tra la destra israeliana e il Partito Repubblicano.

Netanyahu ha aiutato Trump – il suo candidato favorito alle elezioni americane – mantenendo la guerra di Gaza in ebollizione e compromettendo così le possibilità della candidatura democratica e poi, con Trump ormai eletto, togliendo la pentola in ebollizione poco prima che Trump stesso entrasse in carica. L’episodio del passato che più richiama alla mente questo scenario è l’accordo di Wiliam Casey con l’Iran per trattenere gli ostaggi americani fino a dopo la vittoria di Ronald Reagan su Jimmy Carter nelle elezioni del 1980.

La dichiarazione di Trump di una settimana fa, secondo cui “scoppierà l’inferno” se Hamas non rilascerà gli ostaggi israeliani, difficilmente poteva cambiare le posizioni negoziali, dato che l’inferno è una buona descrizione di ciò in cui tutti nella Striscia di Gaza, incluso Hamas, stavano già vivendo. Nonostante questo fatto e lo sforzo dell’amministrazione uscente di Biden di prendersi il merito dell’accordo di cessate il fuoco, Trump potrà affermare di essere l’artefice dell’accordo.

Rimane la possibilità che una nuova guerra a Gaza, a decorrere da poche settimane, diventi un problema per Trump così come lo è stato per Biden. Ma due fattori principali indurranno il Presidente Trump a non esercitare alcuna pressione sul governo israeliano affinché rinunci a rinnovare la devastazione e la pulizia etnica nella Striscia di Gaza. Uno è il rapporto di Trump con la sua base politica evangelica interna, con il suo sostegnoincondizionato alla maggior parte delle azioni di Israele. L’altro è che il suo alleato Netanyahu gli ha fatto un grande favore con la sua gestione dei negoziati per il cessate il fuoco, e ora Trump deve a Netanyahu dei favori in cambio.

Coerentemente con ciò, il nuovo consigliere per la sicurezza nazionale di Trump sta esprimendo una posizione di “Hamas deve essere distrutto”, in totale sintonia con Israele.

Questa prospettiva per i mesi a venire sottolinea come il nuovo accordo di cessate il fuoco non faccia nulla per ridurre i conflitti a lungo termine nella parte del mondo in cui si trova Gaza, fino a quando ai residenti della Striscia e agli altri palestinesi sarà negata l’autodeterminazione.

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