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Roma, 21 gen – Pare brutto criticare il governo proprio ora che ha salvato Cecilia Sala. Sembra infatti di rovinare la festa dopo il rientro in Italia di una reginetta dei salotti buoni. Ma sui dati economici tutti sembrano non sapere dove stanno seduti, in balia di pericolose contraddizioni: vola l’export, vola l’occupazione e crolla la produzione industriale.
Perché volano le esportazioni?
L’unico commento potrebbe essere: “Meglio che se ne stiano a guardare con l’occhio perso senza che ci mettano mano. Non capendoci niente, farebbero solo danni”. Invece servirebbe un’azione del governo con comprensione degli indicatori economici, idee di sviluppo e coraggio. Ma mancano tutte tre.
Il 2024 ha portato esportazioni per 650 miliardi e saranno 679 miliardi nel 2025, con un 4% di crescita nei prossimi 2 anni. Numeri stratosferici, ma provate a chiedere ai nostri ministri perché sta succedendo e vedrete che non lo sanno. Non sanno quali prodotti vengono esportati né perché riscontrano molto favore in vari mercati.
Partiamo da quello che vendiamo all’estero: articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici (+50,7%); articoli sportivi, giochi, strumenti musicali, preziosi, strumenti medici (+53,6%); prodotti alimentari, bevande e tabacco (+19,3%); macchinari e apparecchi n.c.a. (+8,9%). Esportiamo quindi verso Regno Unito (+42,3%), Turchia (+70,6%), Spagna (+12,7%), Belgio (+20,2%), Francia (+5,2%), Paesi OPEC (+18,2%).
La parte migliore del PIL
E con grande nuova spinta imprenditoriale verso paesi come Emirati Arabi Uniti (legno e arredo +18,2% in media nel 2024 e 2025 e sviluppo immobiliare); Arabia Saudita (beni di investimento 8,8% nel 2024 e 2025 e i mezzi di trasporto cresceranno al 17% nel 2025); Serbia (transizione verde ed energetica, agritech, infrastrutture e costruzioni relative all’urbanizzazione); Egitto (sviluppo di nuove linee ferroviarie, metalli cresceranno del 17% nel 2025 e in media al 7,8% nel 2026-2027, mezzi di trasporto a tassi vicini al 13% in media nei prossimi tre anni); Marocco (sviluppo infrastrutturale ferroviario, ricerca dell’indipendenza energetica con le rinnovabili); Vietnam (spinta della meccanica strumentale +19,7%); Singapore (chip e semiconduttori +4,5% nel 2024, +12,2% nel 2025 e +16,7% in media nei due anni successivi); Cina (mobilità sostenibile, energie rinnovabili, tecnologie agricole avanzate e biomateriali); India (aerospazio e difesa, automotive e IT, sviluppo infrastrutturale); Sudafrica (energie rinnovabili spazia 10,2% nel 2025); Messico (macchinari italiani segnerà +6,2% 2024 e +6,6% 2025, mezzi di trasporto +5,1% nel 2024 e +4,7% nel 2025, aerospazio); Brasile (trasporto ferroviario, piattaforme logistiche, eolico, biomassa, apparecchi elettrici 8,8% nel 2024 e dell’8,2% 2025); Colombia, apparecchi elettrici, di alimentari e bevande +11,3% nel 2024 e di +6,7% nel 2025.
Come tutti sanno, l’export italiano è solo merito dei piccoli e medi imprenditori che creano prodotti dal niente. E, con la valigetta in mano, li vanno a vendere nei mercati più difficili, ovvero si cercano il fatturato dove si trova. I governi, non solo questo governo, anche quelli precedenti, niente sanno e niente fanno. E spesso è meglio così, ma ci potrebbero essere varie idee per un supporto concreto alla produzione industriale, per migliorare ancora di più – e dopo ne elencheremo di interessanti. Ricordiamolo, l’export (col turismo) è la parte del PIL migliore di tutte perché aumenta il benessere degli italiani e può distruggere la povertà.
La crisi profonda della produzione industriale
Nonostante la crescita incredibile dell’export, la produzione industriale è in crollo verticale. Siamo a un calo costante del 3%. Con peggioramenti in vista. E’ evidente a tutti che il grosso del calo è dovuto all’automotive che, con la scelta dell’elettrico, subisce la pesante concorrenza cinese. E’ qui arriva la prima domanda: “Perché Bruxelles ha deciso lo stop definitivo ai motori termici per il 2035?”. Da dove si prenderebbe l’energia per il rifornimento, da dove arriverebbero i materiali per costruire le batterie delle auto?
Ma poi arriva subito la seconda domanda: “Come mai Bruxelles ha scelto l’elettrico pur sapendo che in Europa esiste il sistema industriale più avanzato sui carburanti alternativi, sia sintetici (Germania) che biologici (Italia) che poi sono anche fondamentali per decarbonizzare altre importanti voci dei trasporti, come gli aerei, le navi e il trasporto pesante su gomma, che non potranno mai fare a meno dei motori termici?”. Perché Bruxelles voleva dare questo vantaggio alla Cina? Molti funzionari corrotti sono la causa? Follia globalista di interscambio? Insomma, perché Buxelles è intervenuta con una politica dirigista che si sta rivelando insensata? Anche nel caso mostreremo in seguito delle semplici proposte per poter bloccare un fenomeno pericoloso.
L’occupazione cresce
L’Italia ha oggi 24 milioni di occupati, dei quali 16,7 milioni nei servizi e 6,4 milioni nell’industria come non si vedeva dal 2007, prima della crisi dei mutui negli Usa. Solo rispetto al 2019 ci sono 780.000 occupati in più e calano vistosamente persino i famigerati “neet”, not in education, employment or training. Anche la qualità degli occupati sta cambiando: oggi i nuovi occupati nella fascia di età tra venticinque e trentaquattro anni, con un livello di istruzione superiore al diploma, sono oltre il 30%. Mentre quelli a bassa qualifica (low skilled) sono al diciannove per cento. Nel 2007 questi valori erano invertiti.
Questi dati risultano ancor di più impressionanti in presenza di un crollo della produzione industriale e ancora il governo non è in grado di darsi nessuna spiegazione. Ma le spiegazioni ci sono e sono tre.
Come abbiamo visto c’è l’enorme crescita delle esportazioni che il governo non immagina, non conosce e non supporta quasi in niente. Servono giovani tecnici che parlano le lingue straniere e col dinamismo all’italiana. C’è il calo demografico che crea una corsa ad accaparrarsi i giovani italiani. Come si è visto, i precedenti governi incentivavano i ragazzi italiani più vivaci a lasciare l’Italia poiché erano ritenuti, a ragione, i più contrari ai governi di sinistra. Ne partivano centomila all’anno e il ministro del PD, Poletti, dichiarò: “Meglio perderli dei giovani così”. Gli imprenditori italiani si sono invece giustamente preoccupati di chi voleva sostituire quei giovani con gli arrivi dall’Africa e così è iniziata la corsa al giovane laureato italiano. Ci troviamo nel bel mezzo di una transizione tecnologica dovuta all’intelligenza artificiale e bisogna premunirsi di validi giovani italiani per essere innovativi e competitivi. Anche con tutta la migliore volontà, in questo settore l’integrazione vale quasi zero.
Il governo è convito di aver creato occupazione pur in presenza di un crollo della produzione. Ma è inutile spiegare, lasciamoli dormire tranquilli. Ci pensano i piccoli e medi imprenditori a investire nel capitale umano italiano, pur rimettendoci sui margini operativi, come sta succedendo.
La Germania fa stampare moneta per uscire dalla crisi
Ancora una volta c’è da domandarsi se il governo ha capito che la Germania sta facendo stampare dei soldi per risolvere la propria crisi. O se l’hanno capito e stanno zitti perché la loro incapacità genera dei timori reverenziali. Non è solo perché i tedeschi stanno arraffando dei soldi indebitamente, ma anche perché le industrie tedesche si accaparrano dei vantaggi che drogano la concorrenza in generale, con l’Italia in particolare.
Per capire, fino al 2019 come Commissario alla Concorrenza Margrethe Vestager faceva passare poco o nulla come aiuti governativi alle imprese. Mentre, a partire dal 2020 è arrivato un fiume in piena di denaro. La differenza è che prima si doveva controllare che l’Italia non chiedesse soldi, oggi che li chiede la Germania, non si controlla più. Complice la spagnola Teresa Ribera nuovo Commissario scelto tra i fedeli amici della Germania.
Gli “aiutini” ai tedeschi
Vediamo alcuni aiutini ai tedeschi. Nel dicembre 2022, “c’erano da noleggiare quattro enormi piattaforme galleggianti da mettere al largo nel mare del Nord per scaricare il gas naturale liquefatto (Gnl) e per affrancarsi così dalle forniture russe di gas via tubo? Nessun problema”. Hanno costituito la DET, Deutsche Energy Terminal, e si sono fatti dare 4,96 miliardi. E “la tutela del mercato? Perché gli operatori tedeschi devono godere di tale vantaggio rispetto ai loro concorrenti europei, avendo accesso da subito al Gnl trasportato via nave, con strutture pagate dallo Stato? Risposta, non potendo negare l’evidenza, la Commissione parla di «limitato impatto» distorsivo sulla concorrenza. Quindi c’è, ma è irrilevante”. Da ridere.
Germania e Olanda “intendono sostenere il mercato dei combustibili da fonti rinnovabili (idrogeno di origine non organica, soprattutto). Ed ecco che, prontamente, si sono fatti dare “3 miliardi per incentivare la costruzione (anche fuori dalla Ue) di strutture produttive”. Ora arrivano 350 milioni per la tedesca Concrete Chemical “per costruire a Rudersdorf un impianto per la produzione di combustibile (Ptl-kerosene) da fonti rinnovabili per l’aviazione e, anche in questo caso, la Commissione ritiene che gli effetti positivi (cioè la riduzione delle emissioni) superino l’impatto distorsivo della concorrenza”. Sempre con risate da trattenere.
Nel triennio 2020-2022 in cui sono saltate tutte le regole, “mascherate da aiuti Covid o da quadro temporaneo per la crisi Ucraina”. La Germania ha fagocitato aiuti per 315 miliardi, contro i 100 ricevuti dall’Italia; nel triennio precedente si erano fermati rispettivamente a 144 e 22 miliardi. E i governi italiani, compreso quello attuale, se ne stanno muti e divorati dalla paura di dire frasi sconvenienti.
Produzione industriale, suggerimenti per il governo
Bruxelles ha sbagliato tutte le strategie sull’automotive. E allora, in attesa di gente più capace, pur mantenendo gli obiettivi di calo delle emissioni scelga la neutralità tecnologica e lasci spazio sui carburanti sia sintetici (Germania) che biologici (Italia) che sono fondamentali per decarbonizzare. Altri grandi settori industriali hanno vissuto nell’ultimo mezzo secolo mutamenti epocali, ma “nessuno ha dovuto subire questo dirigismo imposto dall’alto”. La telefonia mobile è passata dall’analogico al digitale “senza che le filiere subissero conseguenze perché furono loro stesse a gestire la transizione”. Lo stesso è accaduto con la televisione. La stessa rivoluzione di internet è un qualcosa che dura da più di quarant’anni. Sarebbe molto auspicabile il voler impostare una politica industriale indirizzandola verso un bene collettivo, ma servono persone capaci, con la testa libera dalle ideologie woke o dal desiderio di creare oligarchie con la globalizzazione. I burocrati global di oggi sono quelli che hanno creato il disastro, quindi, per il momento, meglio una neutralità tecnologica che il loro dirigismo corrotto da finalità oscure.
Dopo decenni di accordi sottobanco tra la Germania (e la Francia) e la Cina, l’Italia non deve avere nessuna timidezza nel sostegno alle sue esportazioni e deve trattare liberamente con chiunque l’interscambio commerciale. Bruxelles obbligava a centralizzare il bilanciamento commerciale nelle trattative commerciali extra UE, ma i bilanciamenti valevano solo per Germania, Francia e i loro paesi amici, mentre gli altri subivano l’invasione di prodotti cinesi o indiani senza contropartita. Ne abbiamo visto e sopportato abbastanza. Ora, o si trova un meccanismo valido per evitare le furbizie della Germania, o ognuno deve avere la libertà di trattare per sé i possibili bilanciamenti commerciali. Nel frattempo, crediti agevolati per gli investimenti delle aziende brave a esportare e detrazioni fiscali per i loro dipendenti. La Germania riceve 315 miliardi di sostegni “proibiti” all’industria? L’Italia ne deve ricevere altrettanti in proporzione alla sua capacità di produzione industriale. E, ricordiamolo, l’Italia è comunque la seconda potenza industriale nella UE.
Carlo Maria Persano
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