Il settore dell’intelligenza artificiale è sotto i riflettori a Washington, dove recenti azioni legislative e regolamentari mirano a ripristinare e stimolare la concorrenza e a smascherare le pratiche ingannevoli delle aziende leader.
L’industria dell’intelligenza artificiale, infatti, presenta sfide significative per le normative antitrust, dovute alla concentrazione di risorse chiave nelle mani di pochi giganti tecnologici.
Ma il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca potrebbe determinare una inversione di rotta, in virtù della concorrenza cinese e del fatto le grandi aziende tecnologiche americane svolgono un ruolo cruciale nella sicurezza informatica e, di conseguenza, nella sicurezza nazionale.
La indagini in corso
Le indagini in corso evidenziano chiaramente sia la portata che la complessità di queste problematiche: il Dipartimento di Giustizia sta esaminando il predominio di Nvidia, che controlla il 90% del mercato globale dei chip AI, mentre la FTC indaga su Microsoft per presunte pratiche di auto-preferenza nel suo ecosistema AI. Parallelamente, l’acquisizione aggressiva di startup AI da parte delle Big Tech solleva preoccupazioni sul possibile soffocamento dell’innovazione.
A sottolineare l’urgenza di affrontare queste questioni, nel dicembre scorso, i senatori Elizabeth Warren (D-Massachusetts) ed Eric Schmitt (R-Missouri) hanno presentato un disegno di legge mirato a favorire una maggiore competizione nei contratti per l’IA e il cloud computing del Pentagono, settori attualmente dominati da colossi come Amazon, Microsoft, Google e Oracle.
La proposta di legge per l’assegnazione competitiva dei contratti governativi per l’IA
La proposta, denominata Protecting AI and Cloud Competition in Defense Act, potrebbe rappresentare un punto di svolta nella gestione dei contratti governativi per tecnologie avanzate di intelligenza artificiale, cloud e infrastrutture dati. L’obiettivo principale è assicurare che il Dipartimento della Difesa adotti un processo di assegnazione dei contratti “realmente competitivo”, un elemento che entrambi i senatori ritengono fondamentale ma attualmente insufficiente.
“Il modo in cui i grandi diventano più grandi nell’intelligenza artificiale è succhiando i dati di tutti gli altri e usandoli per addestrare ed espandere i propri sistemi”, ha dichiarato Warren al Washington Post.
Il disegno di legge rappresenta un tentativo concreto di affrontare non solo le sfide poste dalla concentrazione del potere tecnologico, ma anche di favorire una distribuzione più equa delle opportunità e delle risorse nel settore dell’intelligenza artificiale. L’obiettivo dichiarato è quello di creare un ecosistema competitivo che incentivi l’innovazione e renda il settore della difesa meno dipendente da un ristretto numero di colossi tecnologici, promuovendo una maggiore diversificazione tra i fornitori.
Un punto cruciale della proposta riguarda l’impatto geopolitico e la sicurezza nazionale. Con la Cina che si afferma sempre più come un avversario tecnologico, il rafforzamento delle capacità del Dipartimento della Difesa attraverso la concorrenza è visto non solo come un’esigenza economica, ma anche strategica. La proposta di Schmitt di espandere l’industria della tecnologia della difesa al di fuori della Silicon Valley mira, inoltre, a sviluppare poli tecnologici emergenti in altre regioni degli Stati Uniti, valorizzando le potenzialità locali e riducendo la dipendenza da un’unica area geografica.
L’aspetto normativo non si limita alla promozione della competizione: viene posta grande attenzione anche alla protezione dei dati governativi, con regole stringenti sulla loro raccolta e utilizzo, nonché sull’obbligo di trasparenza per le aziende che collaborano con il governo. Spetterà al Chief Digital and Artificial Intelligence Office del Dipartimento della Difesa l’obbligo di garantire che i dati governativi forniti per lo sviluppo e l’implementazione dei prodotti di intelligenza artificiale non possano essere utilizzati o divulgati senza l’autorizzazione preventiva del Dipartimento stesso. Inoltre il Pentagono dovrà pubblicare ogni quattro anni un rapporto dettagliato che valuti lo stato dell’innovazione, le barriere all’accesso, la concorrenza e la concentrazione del potere di mercato nel settore dell’intelligenza artificiale, includendo proposte per interventi amministrativi e legislativi mirati.
Questa combinazione di controllo, incentivazione e protezione intende gettare le basi per un settore più resiliente e inclusivo, capace di rispondere alle sfide del futuro.
In definitiva, la proposta di legge riflette una crescente consapevolezza dell’importanza strategica dell’intelligenza artificiale per gli Stati Uniti, non solo in termini di innovazione tecnologica, ma anche come elemento chiave per la sicurezza nazionale e il posizionamento globale. Tuttavia, resta da vedere se le misure proposte saranno sufficienti a superare le resistenze delle grandi aziende tecnologiche e a garantire un equilibrio tra innovazione e regolamentazione.
IA in campo militare: l’accordo OpenAI-Anduril e la nuova postura delle big tech
È interessante notare che l’iniziativa legislativa dei senatori americani arriva proprio un giorno dopo l’annuncio da parte di OpenAI della sua prima collaborazione con Anduril, finalizzata all’uso della tecnologia AI sul campo di battaglia. Questo segna una netta inversione rispetto alla posizione precedentemente assunta dall’azienda, che si era opposta alla collaborazione con le forze armate. Nel 2018, anche Google aveva deciso di non rinnovare un contratto con il Pentagono per la fornitura di tecnologia di riconoscimento delle immagini, cedendo alle proteste interne dei propri dipendenti contrari a progetti militari. Tuttavia, nel tempo, l’atteggiamento delle aziende della Silicon Valley è cambiato, e molte di esse hanno mostrato una crescente disponibilità a collaborare con il Dipartimento della Difesa.
Attualmente, colossi del cloud come Google, Microsoft e Amazon competono per fornire software di archiviazione file e strumenti di produttività alle complesse burocrazie militari. Simultaneamente, una fiorente ondata di startup sta cercando di proporre hardware militare innovativo, come droni e sistemi di disturbo radar, in un mercato dove la necessità di affrontare minacce emergenti, come la proliferazione dei droni a basso costo, è pressante.
L’approvazione del Protecting AI and Cloud Competition in Defense Act rappresenterebbe dunque un punto di svolta cruciale, non solo per il settore tecnologico statunitense, ma anche per le strategie geopolitiche e di sicurezza nazionale degli Stati Uniti. In un momento storico caratterizzato da una competizione globale serrata nel campo dell’intelligenza artificiale e del cloud computing, la proposta di legge si pone come una risposta tanto necessaria quanto ambiziosa alle sfide poste dalla concentrazione di potere nelle mani delle Big Tech.
Tensioni politiche e complesse implicazioni del disegno di legge
Tuttavia, le implicazioni del disegno di legge sono tutt’altro che semplici. Le aziende tecnologiche più influenti, come Amazon, Microsoft e Google, hanno già iniziato a mobilitarsi per influenzare il dibattito legislativo, evidenziando i rischi di un’eccessiva regolamentazione. Le loro argomentazioni si concentrano sul fatto che limitare la loro capacità di innovare e competere globalmente potrebbe indebolire non solo il settore privato, ma anche la capacità degli Stati Uniti di mantenere un vantaggio tecnologico sui rivali internazionali, in primis la Cina. Inoltre, le Big Tech sostengono che la frammentazione del mercato attraverso norme più stringenti potrebbe rallentare l’adozione di soluzioni avanzate nel settore della difesa, proprio in un momento in cui la rapidità e l’efficienza sono fattori chiave.
L’intesa bipartisan attorno alla proposta, pur dimostrando l’esistenza di un terreno comune, non è esente da tensioni politiche che potrebbero ostacolarne la celere approvazione. I repubblicani, in particolare, hanno espresso preoccupazioni sulla possibile burocrazia che potrebbe derivare da una regolamentazione più stringente. Per loro, l’eccessiva ingerenza statale rischia di rallentare l’innovazione nell’intelligenza artificiale, un settore che al contrario necessita di spazi più ampi per l’iniziativa privata e per la libera concorrenza. Tutti timori che si fondano sul principio che la crescita del settore tecnologico richieda un approccio meno intrusivo, che favorisca la creatività delle aziende, piuttosto che un quadro normativo complesso e oneroso.
In risposta a queste critiche, Elizabeth Warren, ha chiarito che la questione non riguarda l’aggravamento della burocrazia, ma piuttosto una gestione più intelligente e mirata dei contratti pubblici. In un’intervista, ha infatti affermato: “Non è un problema di burocrazia. È un problema di smart contracting. Non conosco nessuno, repubblicano o democratico, che dica di volere che il governo degli Stati Uniti distribuisca valore gratuitamente e promuova i giganti a spese dei concorrenti più piccoli.”
I sostenitori del disegno di legge ritengono infatti che una maggiore regolamentazione non solo promuoverà la concorrenza e l’innovazione tra le piccole e medie imprese, ma contribuirà anche a migliorare la trasparenza e l’equità nell’assegnazione dei contratti federali. Per Warren e Schmitt, l’introduzione di nuovi standard di controllo sui contratti pubblici è fondamentale per impedire che i colossi tecnologici sfruttino la loro posizione dominante per consolidare ulteriormente il loro potere a scapito dell’interesse pubblico e della sicurezza nazionale.
Nel lungo periodo, l’efficacia della legge dipenderà da come verrà implementata e dalle risposte che essa susciterà nel mercato. Se da un lato il Pentagono e il governo federale dovranno adottare meccanismi chiari e trasparenti per garantire che la competizione sia equa e inclusiva, dall’altro le aziende tecnologiche potrebbero dover ripensare il loro approccio, bilanciando meglio gli obiettivi di profitto con la necessità di operare in modo più collaborativo e responsabile.
L’esito della proposta di legge e gli effetti sulla competizione globale
Il disegno di legge, dunque, non è soltanto un provvedimento legislativo: rappresenta una dichiarazione di intenti per un futuro in cui il potere tecnologico non sia concentrato in poche mani, ma distribuito in modo da stimolare la creatività, garantire la sicurezza nazionale e preservare il principio fondamentale di una concorrenza leale. Il risultato di questa battaglia legislativa potrebbe definire il ruolo delle Big Tech nella società americana per i decenni a venire.
La comunità tecnologica e gli osservatori politici sono ben consapevoli delle conseguenze potenzialmente significative che l’approvazione di questa legge potrebbe avere. Da un lato potrebbe modificare radicalmente il modo in cui il governo interagisce con le aziende tecnologiche, creando un precedente che potrebbe portare a un controllo maggiore e più severo sulle loro pratiche, in particolare per quanto riguarda la gestione dei dati e la loro relazione con le forze armate. Dall’altro lato, l’adozione di un simile provvedimento potrebbe avere ripercussioni sull’ecosistema dell’innovazione nel suo complesso, con un potenziale effetto di riduzione della capacità delle grandi aziende di innovare rapidamente, nel timore di essere sottoposte a regolazioni eccessive o multe punitive.
Nel contesto di un dibattito che tocca il cuore del settore della difesa e della sicurezza nazionale, con il coinvolgimento di attori come il Pentagono e le grandi aziende tecnologiche, l’esito di questa proposta potrebbe segnare una delle più rilevanti modifiche alle politiche di regolamentazione del mercato dell’IA e del cloud, influenzando la competizione globale e la strategia di innovazione degli Stati Uniti in un periodo in cui il paese è impegnato a contrastare le sfide provenienti dalla Cina e da altre potenze tecnologiche.
Lotta contro le pratiche ingannevoli nell’IA: la FTC intensifica le indagini
Nel frattempo, mentre le Big Tech affrontano indagini antitrust, tra cui una causa contro Google per la sua posizione dominante nel settore delle ricerche e una nuova indagine della FTC su Microsoft, le autorità di regolamentazione stanno volgendo il loro sguardo inquisitorio anche sulle aziende di IA e sulle relative pratiche ingannevoli. La Federal Trade Commission (FTC) ha recentemente agito contro IntelliVision, una società di telecamere intelligenti, per false affermazioni sulla tecnologia di riconoscimento facciale. In particolare, la FTC accusa IntelliVision di aver pubblicizzato i suoi modelli di IA come privi di pregiudizi di genere o razziali e di averli dichiarati addestrati su milioni di immagini, ritenendo tali affermazioni false e ingannevoli.
Simili accuse sono state mosse sempre dalla FTC contro Evolv, un gigante della sicurezza che vende prodotti di scansione basati sull’IA. La FTC accusa Evolv di aver gonfiato le sue affermazioni di accuratezza e di non essere riuscita a rilevare minacce in casi critici, come un incidente del 2022 in cui un coltello da sette pollici è sfuggito alla scansione.
Nonostante molti critici del settore considerino questi tentativi regolatori e correttivi insufficienti, l’intento è quello di sfruttare l’entusiasmo generato dall’hype nel campo dell’intelligenza artificiale, prima dell’annunciato avvicendamento alla presidenza della FTC, con l’arrivo della nuova amministrazione Trump. Quest’ultimo ha già comunicato che Gail Slater, ex assistente del vicepresidente eletto JD Vance, guiderà la divisione antitrust del Dipartimento di Giustizia e che Andrew Ferguson sarà il nuovo presidente della Federal Trade Commission (FTC), in sostituzione di Lina Khan.
Contestualmente, Trump sta anche valutando la nomina dell’avvocato antitrust Mark Meador come prossimo commissario dell’agenzia. Mark Meador, ex collaboratore del senatore dello Utah Mike Lee, in passato era stato candidato per il ruolo di commissario di minoranza della FTC durante l’amministrazione Biden, ed è noto per essere un repubblicano populista con un approccio rigoroso all’applicazione della legge, in particolare nei confronti del settore tecnologico. Tra i suoi contributi spicca la stesura, per conto di Lee, di una proposta di legge volta a smantellare le attività pubblicitarie di Google, una questione attualmente al centro di una causa antitrust promossa dal Dipartimento di Giustizia.
“Alla FTC porremo fine alla vendetta delle Big Tech contro la concorrenza e la libertà di parola,” ha dichiarato Ferguson su X, sottolineando in primis l’impegno a rendere l’America il leader globale nel settore tecnologico e un luogo ideale per l’innovazione.
Al Dipartimento di Giustizia, anche Gail Slater, esperta in politiche tecnologiche e norme antitrust, sembra orientata verso un approccio selettivo alla regolamentazione, volto a stimolare l’innovazione nazionale pur monitorando attentamente il potere di mercato delle Big Tech. Tra i membri chiave del team tecnologico dell’amministrazione spiccano inoltre David Sacks, co-fondatore di PayPal e investitore della Silicon Valley, designato come zar per l’intelligenza artificiale e le criptovalute, e Michael Kratsios, già direttore tecnico sotto Trump e attualmente consigliere di Scale AI, con un focus sulla difesa.
Tutte nomine che riflettono un’amministrazione pensata per consolidare la leadership tecnologica degli Stati Uniti, tentando di bilanciare il progresso con una supervisione strategica dei giganti del settore.
Gail Slater e Andrew Ferguson, noti per le loro posizioni favorevoli a un approccio meno interventista rispetto all’amministrazione precedente, potrebbero imprimere un cambiamento nella strategia di controllo. Questo potrebbe significare un rallentamento delle indagini antitrust in corso o una maggiore enfasi sulla collaborazione pubblico-privato per promuovere l’innovazione tecnologica.
Tuttavia, il contesto politico e sociale potrebbe limitare la portata di eventuali inversioni di rotta. Con una crescente consapevolezza pubblica delle problematiche legate al potere delle Big Tech e alle pratiche ingannevoli delle aziende di IA, una deregolamentazione troppo marcata rischierebbe di suscitare forti reazioni sia da parte dell’opinione pubblica sia all’interno del Congresso. Non è un caso che le azioni recenti della FTC e del Dipartimento di Giustizia siano state accompagnate da un ampio consenso bipartisan, riflettendo un cambiamento culturale verso una maggiore responsabilità delle aziende tecnologiche.
L’arrivo di Slater e Ferguson, inoltre, potrebbe rappresentare un’opportunità per introdurre nuove strategie che bilanciano l’esigenza di promuovere l’innovazione con quella di garantire una competizione leale e una tutela adeguata dei consumatori. La gestione dei casi emblematici come quelli contro IntelliVision ed Evolv diventerà un banco di prova per capire se le autorità regolatorie saranno in grado di mantenere un approccio rigoroso anche sotto la nuova leadership.
In questo panorama complesso, il ruolo del Congresso diventerà cruciale. Disegni di legge come il Protecting AI and Cloud Competition in Defense Act , già sostenuto da una coalizione bipartisan, potrebbero acquisire ulteriore rilevanza come strumenti legislativi per garantire una supervisione efficace delle pratiche di mercato e una distribuzione più equa del potere tecnologico. Inutile ribadire cge l’industria dell’intelligenza artificiale rimarrà al centro di questa battaglia politica, economica e normativa, delineando il futuro delle relazioni tra tecnologia, governo e società.
Secondo un documento apparso in un post su X, Ferguson avrebbe già delineato un piano per rivedere l’approccio della FTC, promettendo maggiore apertura alle fusioni e meno ostacoli normativi rispetto alla gestione Khan. Tra le sue priorità, ha menzionato la necessità di fermare casi di tutela dei consumatori che considera “legalmente dubbi” e evitare che l’agenzia diventi un regolatore dell’intelligenza artificiale.
La nomina di Ferguson potrebbe dunque apparire come un chiaro segnale di cambiamento nell’orientamento della FTC, con un focus su deregolamentazione e supporto all’industria tecnologica. Tuttavia, resta da vedere se il nuovo presidente riuscirà a bilanciare le pressioni politiche con la necessità di proteggere i consumatori e promuovere una concorrenza equa nel mercato.
Il nuovo ordine tecnologico di Trump: deregolamentazione, innovazione e sfide globali per la Silicon Valley
L’industria tecnologica statunitense si trova ad affrontare un panorama politico complesso e in evoluzione, in cui il secondo mandato di Trump potrebbe riscrivere le regole del gioco. Con Elon Musk emergente come figura di riferimento, l’influenza dell’industria privata sulle politiche governative appare destinata a crescere, con implicazioni significative per il futuro del settore tecnologico.
Musk, con il suo controllo su piattaforme come X (ex Twitter) e le sue aziende di punta, sembra posizionato come interlocutore privilegiato dell’amministrazione. La sua vicinanza a Trump potrebbe favorire un allentamento delle regolamentazioni che riguardano settori chiave come la mobilità elettrica (Tesla), l’esplorazione spaziale (SpaceX) e le comunicazioni (Starlink). Parallelamente, la virata conservatrice dei social media potrebbe alimentare nuove fratture nella società americana, con utenti progressisti che migrano verso piattaforme alternative, creando un ecosistema mediatico sempre più polarizzato. Mentre Trump porta avanti la sua agenda, l’atmosfera nella Silicon Valley appare infatti in pieno fermento evolutivo. Le élite tecnologiche, tradizionalmente reticenti a esprimere sostegno pubblico per Trump, ora sembrano sentirsi più a loro agio nel farlo, rendendo il settore a detta di alcuni meno monolitico e certamente meno progressista.
L’approccio deregolamentativo di Trump potrebbe favorire un rapido sviluppo dell’IA negli Stati Uniti, ma a scapito di linee guida etiche più stringenti. L’eliminazione o modifica dell’ordine esecutivo di Biden sull’IA rischia di compromettere gli sforzi per mitigare discriminazioni e pregiudizi algoritmici, lasciando spazio a un’IA più orientata alla competitività economica e alla sicurezza nazionale. Tuttavia, questo approccio potrebbe incontrare resistenze, sia interne che internazionali, per l’assenza di un quadro normativo chiaro e responsabile.
Allo stesso tempo, la politica sull’IA potrebbe rispecchiare le promesse elettorali di Trump di combattere la “wokeness”, influenzando anche le linee guida federali sullo sviluppo e l’implementazione delle tecnologie emergenti.
Le pressioni antitrust potrebbero essere attenuate per proteggere il ruolo delle Big Tech nella sicurezza nazionale. Tuttavia, le attuali cause, come quelle contro Google e Microsoft, continueranno a rappresentare un banco di prova per il nuovo corso politico. La frammentazione di grandi aziende come Google potrebbe incentivare la concorrenza interna, ma allo stesso tempo ridurre la capacità di queste aziende di rispondere rapidamente alle minacce globali.
È probabile che Trump mantenga un’applicazione coerente ma senza eccessi, e in tal senso proprio l’intelligenza artificiale generativa e i colossi dietro di essa ben potrebbero beneficiare dell’approccio meno restrittivo di Trump.
Alcuni critici avvertono che un approccio antitrust troppo aggressivo contro le aziende leader statunitensi potrebbe favorire i concorrenti cinesi, creando la necessità di un delicato equilibrio tra il sostegno alle piccole imprese e il mantenimento della supremazia tecnologica americana.
Big tech e sicurezza nazionale Usa
Non è tutto oro ciò che luccica e la situazione, molto complessa, potrebbe rivelare risvolti inaspettati.
La nuova amministrazione Trump rappresenta infatti una combinazione di opportunità e sfide per il settore tecnologico. Con meno restrizioni normative e un potenziale focus sull’innovazione, le aziende tecnologiche potrebbero certo prosperare. Tuttavia, le incognite legate alla politica antitrust e alle relazioni commerciali internazionali restano un punto di attenzione cruciale per il futuro delle Big Tech.
Non è da sottovalutare il fatto per cui le grandi aziende tecnologiche americane svolgono un ruolo cruciale nella sicurezza informatica e, di conseguenza, nella sicurezza nazionale. Con un accesso senza precedenti a dispositivi e dati di miliardi di utenti in tutto il mondo, giganti come Google, Microsoft, Amazon e Meta operano come sensori globali, rilevando minacce informatiche, disinformazione estera e attività sospette. Grazie alle loro dimensioni e alla vasta gamma di servizi integrati comprese le applicazioni di IA, le Big Tech offrono capacità uniche di monitoraggio e risposta alle minacce. Google intercetta un terzo delle vulnerabilità informatiche “zero day” monitorate a livello mondiale. Microsoft ha identificato intrusioni cibernetiche critiche, contribuendo alla difesa contro attacchi esteri. Parliamo di informazioni essenziali alle agenzie governative, come la NSA e l’FBI, che utilizzano i loro dati per contrastare minacce di terrorismo, spionaggio e cybercriminalità, migliorando significativamente la risposta alle crisi.
Non ultimo, Il settore delle criptovalute, che in passato aveva incontrato l’opposizione di Trump, oggi potrebbe beneficiare di un approccio più aperto. La promessa di deregolamentare il settore e il licenziamento di figure critiche per l’industria come Gary Gensler potrebbero favorire una crescita significativa del mercato, con Bitcoin e altri asset digitali già in aumento. La vittoria schiacciante di Donald Trump ha già avuto un impatto immediato sui mercati, spingendo al rialzo i titoli tecnologici e le criptovalute. Oltre a Bitcoin anche NVIDIA, leader nella produzione di chip per l’intelligenza artificiale ha registrato forti impennate, mentre le azioni Tesla hanno raggiunto nuovi massimi grazie al sostegno pubblico di Elon Musk per il presidente rieletto.
Un altro fattore chiave di prim’ordine è la competizione tecnologica e geopolitica con la Cina.
Pechino supporta attivamente i suoi “campioni nazionali”, mentre l’UE ha regolamentato aggressivamente le piattaforme americane, creando opportunità per l’espansione cinese. Tanti leggono nella frammentazione delle Big Tech il rischio di indebolire la leadership tecnologica degli Stati Uniti, compromettendo la loro capacità di competere con aziende cinesi nei mercati globali. Le grandi aziende tecnologiche americane non solo rappresentano un pilastro economico e innovativo, ma sono anche un asset strategico per la sicurezza nazionale. Smantellarle potrebbe soddisfare obiettivi politici a breve termine, ma rischierebbe di compromettere la capacità degli Stati Uniti di affrontare minacce globali e di mantenere la leadership tecnologica.
L’approccio antitrust di Trump e la competizione globale
Proprio la competizione globale, in particolare con la Cina, orienterà l’approccio antitrust di Trump.
L’accento sulla leadership tecnologica americana guiderà probabilmente politiche aggressive verso la Cina, mantenendo i controlli sulle esportazioni di chip AI e promuovendo investimenti interni attraverso strumenti come il CHIPS Act. Le tensioni commerciali con Pechino, tuttavia, rischiano di danneggiare aziende fortemente dipendenti dal mercato cinese, come Apple e Tesla, e di alimentare ulteriormente la competizione globale sui semiconduttori e altre tecnologie critiche. Le tensioni internazionali si stanno già riflettendo nell’industria dei semiconduttori: la Cina ha avviato un’indagine antitrust su Nvidia e imposto restrizioni sull’esportazione di minerali critici per i chip.
Volendo tentare uno schema guida basato sulle prime indicazioni e nomine dell’amministrazione Trump emerge un approccio basato su tre principi fondamentali:
- Sostegno alle piccole aziende tecnologiche: riduzione delle barriere normative e ampliamento delle opportunità.
- Supervisione delle Big Tech: monitoraggio del loro potere di mercato e delle questioni relative alla libertà di espressione.
- Mantenimento della leadership tecnologica americana: investimenti strategici e controlli sulle esportazioni.
Navigare in un contesto caratterizzato da regolamentazioni, dinamiche personali e priorità istituzionali, cercando di bilanciare innovazione e concorrenza, mentre si preserva il predominio tecnologico degli Stati Uniti, non sarà affatto un compito semplice.
Dall’intelligenza artificiale alle criptovalute, la Silicon Valley si trova innanzi a un bivio: accettare il nuovo ordine tecnologico guidato da Trump (e Musk) o rischiare di restare ai margini di un’America sempre più polarizzata. Tutto il settore tecnologico osserva con attenzione i possibili cambiamenti politici, compresa la regolamentazione in tema antitrust, sull’intelligenza artificiale e al CHIPS Act.
Volendo azzardare altre previsioni, sin d’ora si prospetta un significativo alleggerimento delle pressioni antitrust in modo particolare per quanto riguarda il campo delle fusioni, accompagnato da un’applicazione antitrust robusta ma probabilmente imprevedibile e selettiva tra obiettivi di deregolamentazione e una persistente critica verso il potere delle Big Tech.
Regolamentazione globale dell’IA: tensioni Usa-Ue nell’era della compliance e innovazione
La traiettoria dell’intelligenza artificiale e delle politiche tecnologiche globali resta incerta, ma è chiaro che la regolamentazione dell’IA è ormai al centro di una contesa geopolitica. L’Unione Europea, il Regno Unito e gli Stati Uniti stanno adottando approcci distinti, ciascuno influenzato da priorità economiche, politiche e strategiche. Il rafforzamento delle normative europee, come l’AI Act e il Digital Markets Act, può da un lato promuovere una maggiore responsabilità delle Big Tech, ma dall’altro rischia di frammentare il mercato globale, creando ecosistemi regionalizzati che favoriscono leader locali. Questo potrebbe essere un vantaggio per Paesi come la Cina, che già operano in un ambiente normativo fortemente centralizzato, incentivando lo sviluppo rapido di “campioni nazionali” senza le stesse restrizioni affrontate dai concorrenti occidentali. Proprio l’AI Act ha, non a caso, suscitato forti critiche da parte delle grandi aziende tecnologiche statunitensi, preoccupate che l’eccessiva regolamentazione del Vecchio Continente possa soffocare l’innovazione e creare sovrapposizioni di oneri di compliance insostenibili, se non addirittura incompatibili tra loro.
L’amministrazione Trump potrebbe concentrarsi sulla deregolamentazione interna e su misure di contrasto rispetto all’approccio normativo extraterritoriale dell’UE. Ciò significherebbe non solo ostacolare la collaborazione tra le autorità antitrust statunitensi ed europee, ma anche rivedere le politiche internazionali sul commercio tecnologico, limitando le concessioni agli alleati e adottando misure più aggressive contro la Cina.
Negli ultimi dieci anni, la Commissione europea ha introdotto vari quadri normativi per imporre la propria visione dell’economia digitale al settore tecnologico globale. Piuttosto che contrastare questa regolamentazione europea, l’amministrazione Biden ha in gran parte supportato o tentato di replicare il loro approccio.
Tra questi, il Digital Markets Act (DMA) dell’UE del 2022 rappresenta un tentativo ambizioso di regolamentare il comportamento delle principali aziende tecnologiche globali, per lo più americane, definendo come “gatekeeper” le grandi piattaforme digitali che detengono una posizione dominante nel mercato. Vi figurano Alphabet (società madre di Google e Android), Amazon, Apple, Meta (che controlla Facebook, Instagram e WhatsApp), Microsoft (proprietaria di LinkedIn) e altre. E certo non sono mancate critiche, con molti che continuano a ritenere il DMA controproducente per la supremazia americana: le pesanti multe multimiliardarie previste rischierebbero infatti di penalizzare aziende statunitensi per pratiche commerciali che, secondo la legge antitrust americana, sono considerate addirittura legittime. Inoltre, alcuni esperti mettono in guardia sul fatto che il DMA potrebbe spingere queste aziende a ridurre i propri investimenti in Europa o a rivedere i loro modelli di business, rallentando l’innovazione e limitando le opportunità di crescita economica. La regolamentazione dell’UE, pur mirata a rafforzare la concorrenza e proteggere i consumatori, potrebbe finire per avere effetti collaterali negativi, non solo per le aziende americane, ma anche per i consumatori europei, che potrebbero trovarsi con piattaforme meno innovative o con servizi a costi più elevati. In tale contesto, il conflitto tra gli approcci normativi statunitensi ed europei potrebbe intensificarsi, influenzando le dinamiche globali del settore tecnologico e creando una vera e propria “guerra normativa” su come le grandi aziende tecnologiche dovrebbero operare a livello internazionale.
I detrattori dell’approccio normativo extraterritoriale europeo citano a tal proposito un recente rapporto della House Oversight Committee su “The Federal Trade Commission Under Chair Lina Khan” , che evidenzierebbe come la FTC non solo abbia adattato la propria applicazione antitrust al modello del DMA, ma abbia anche coordinato le proprie azioni con le autorità europee, applaudendo gli sforzi per colpire le aziende tecnologiche statunitensi. Secondo il rapporto, la FTC si sarebbe persino vantata di avere “fatto affidamento sulle autorità europee per raggiungere i propri obiettivi di applicazione, laddove la legge statunitense non avrebbe garantito i risultati desiderati”.
Tale atteggiamento è considerato da alcuni critici come eccessivo, e viene sostenuto che la nuova amministrazione dovrebbe avvertire fermamente la FTC e il Dipartimento di Giustizia che il loro compito è far rispettare le leggi americane a beneficio dei consumatori statunitensi, piuttosto che fungere da strumenti per efficaci. obiettivi extraterritoriali europei.
In questo contesto, la nuova amministrazione Trump potrebbe quindi adottare misure per ridurre gli interventi antitrust ritenuti non necessari nel settore tecnologico, sia da parte delle autorità statunitensi che europee, al fine di proteggere la leadership degli Stati Uniti nello sviluppo dell’intelligenza artificiale e dei sistemi di apprendimento automatico, settori strategici per l’economia del futuro.
Le stesse aziende che alcuni vorrebbero smantellare sono infatti tra i leader globali nella potenza di calcolo necessaria per garantire la preminenza statunitense nell’IA. Secondo alcuni esperti, concentrare l’attenzione e le risorse di queste aziende in lunghe indagini antitrust rappresenterebbe non solo un grave errore strategico, ma anche un vantaggio inatteso per i concorrenti stranieri, in particolare la Cina. E questo è un rischio che Trump non sembri intenzionato ad accollarsi.
Verso di nuove tensioni tra Usa e Ue?
Certo è che le politiche previste dalla nuova amministrazione americana potrebbero avere un impatto significativo sulla politica dell’Unione Europea e sulle sue ambizioni globali. Di fronte a un partner imprevedibile, l’Europa sarà molto probabilmente costretta a ricalibrare le sue strategie, puntando su una maggiore indipendenza e resilienza nei settori chiave, come l’energia, il clima, il commercio (con la tregua commerciale sui dazi tra UE e USA che scade nel marzo 2025), dalla difesa alla tecnologia.
In particolare, per quanto riguarda la tecnologia e la concorrenza, l’amministrazione Trump potrebbe smantellare il Consiglio UE-USA per il Commercio e la Tecnologia, compromettendo la collaborazione su standard tecnologici, inclusi quelli per l’intelligenza artificiale.
Inoltre, la vicinanza di Trump a Elon Musk, proprietario di X, potrebbe acuire ulteriormente le tensioni con l’UE, che ha già sanzionato piattaforme tecnologiche americane per violazioni delle normative sui contenuti.
Un esempio concreto di queste frizioni è il possibile “accordo” tra il governo di Giorgia Meloni ed Elon Musk per l’implementazione di Starlink in Italia, un tema che ha suscitato ampio dibattito e implicazioni che spaziano dalla politica tecnologica alla geopolitica, fino alle questioni di sicurezza nazionale e sovranità digitale.
Mentre l’UE si orienta verso una regolamentazione stringente, anche il Regno Unito merita particolare attenzione in quanto il suo abbordaggio flessibile all’IA potrebbe offrirgli un ruolo centrale in questo scenario complesso.
La strategia del Regno Unito
Con un approccio “basato sui principi”, il Regno Unito, guidato da Keir Starmer, punta a posizionarsi come mediatore globale nella regolamentazione dell’IA. Se da un lato questo potrebbe attrarre investimenti e talenti, dall’altro la sua capacità di influenzare in modo significativo il panorama globale dipenderà dalla forza delle sue partnership strategiche. La cooperazione trilaterale con UE e Stati Uniti, o una maggiore apertura verso la Cina, potrebbe rivelarsi cruciale per mantenere rilevanza.
Intanto uno dei passi significativi più recenti compiuti dal governo britannico nella regolamentazione dell’intelligenza artificiale, è stato la consultazione pubblica su come affrontare l’uso di contenuti protetti da copyright nell’addestramento dei modelli di IA generativa. Un tema, particolarmente rilevante per i modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM) che tocca questioni fondamentali di proprietà intellettuale e giustizia per creatori, editori e artisti.
Prospettive per il futuro dell’IA
Il panorama normativo dell’intelligenza artificiale (IA) è in rapida evoluzione, con cambiamenti significativi previsti a livello globale, a partire dalle direttive europee alle politiche statunitensi, fino alla crescente competizione tra Stati Uniti e Cina. Questi sviluppi non solo modificheranno il ruolo dell’IA nell’economia globale, ma anche nella società, sollevando interrogativi cruciali su regolamentazione, innovazione e sicurezza. In tale contesto, l’adozione dell’IA nelle forze armate e nelle infrastrutture strategiche potrebbe avere implicazioni durature, soprattutto negli Stati Uniti, dove le politiche riguardanti la tecnologia stanno per subire cambiamenti significativi.
Alla fine di dicembre 2024, gli Stati Uniti hanno assistito a una transizione politica significativa, con il cambio di amministrazione e l’arrivo del nuovo Congresso. Mentre tradizionalmente questo mese potrebbe essere stato visto come un periodo di calma, numerosi sviluppi rilevanti per il settore dell’intelligenza artificiale hanno suscitato particolare attenzione. Oltre allo slittamento della pubblicazione di un rapporto sul copyright riguardante l’IA, alle dispute antitrust, alle disposizioni dell’intelligenza artificiale da includere nella nuova legge sulla difesa, fino alle nomine per il team dell’IA della seconda amministrazione Trump, un aspetto che sta guadagnando sempre più rilevanza è l’implementazione dell’IA nelle nuove leggi sulla difesa, tra cui il Protecting AI and Cloud Competition in Defense Act .
La sua approvazione potrebbe segnare un cambiamento fondamentale nelle dinamiche di concorrenza nel settore della difesa, in particolare, nell’ambito delle tecnologie avanzate dal Pentagono.
La concorrenza internazionale, in particolare con la Cina, e le implicazioni di sicurezza nazionale rappresentano un altro aspetto cruciale. Un settore in cui le tecnologie avanzate , inclusi i droni, i sistemi di difesa automatizzati e la cyber-sicurezza, sono sempre più cruciali, e l’accesso alle tecnologie giuste può fare la differenza.
Parallelamente, il contesto politico statunitense è stato segnato dalla nomina di David Sacks come White House AI & Crypto Czar nell’amministrazione Trump, che evidenzia una chiara intenzione di adottare un approccio pro-industria e deregolamentato nei settori dell’IA e delle criptovalute. Sebbene l’amministrazione Trump tenda a privilegiare l’innovazione aperta e non regolamentata , la crescente pressione per affrontare la competizione globale, in particolare con la Cina , rende chiaro che l’IA sarà al centro delle politiche di sicurezza e difesa nazionale . Il ruolo di Sacks suggerisce che, sotto la sua supervisione, gli Stati Uniti potrebbero vedere un rafforzamento degli investimenti in ricerca e sviluppo nell’IA , senza che vi sia un’ingerenza eccessiva da parte del governo, ma piuttosto incentivando l’evoluzione del mercato in un contesto libero da restrizioni burocratiche.
Tuttavia, la combinazione di queste due forze politiche (una favorevole a un mercato aperto e l’altra a una maggiore regolamentazione) potrebbe creare una tensione che influenzerà l’evoluzione futura delle politiche sull’IA. È importante notare che, sebbene gli Stati Uniti siano al centro di un dibattito acceso su come bilanciare competizione, innovazione e sicurezza nazionale, le politiche future, incluse le scelte relative al Protecting AI and Cloud Competition in Defense Act, potrebbero avere un impatto significativo non solo sulle dinamiche politiche interne, ma anche sulla posizione globale degli Stati Uniti nel campo delle tecnologie emergenti, in un’era di rapida evoluzione dell’intelligenza artificiale.
Il futuro dell’IA e della tecnologia è infatti al centro di una competizione tra visioni globali. Mentre l’UE privilegia una regolamentazione rigorosa, gli Stati Uniti cercano di proteggere la propria leadership con un approccio più deregolamentato, e il Regno Unito esplora un equilibrio tra innovazione e responsabilità. Resta da vedere se i principali attori saranno in grado di trovare un terreno comune o se la frammentazione diventerà la norma, ridisegnando i confini del potere tecnologico mondiale.
Le decisioni prese nei prossimi anni avranno implicazioni profonde.
L’interrogativo centrale rimane: quale sarà il costo a lungo termine di una deregolamentazione accelerata e di un riassetto delle priorità strategiche nel nome della competitività globale e dell’innovazione?
Il 23 dicembre, il presidente Biden ha firmato la legge di autorizzazione alla difesa per l’anno fiscale 2025 (NDAA), che include varie disposizioni relative all’intelligenza artificiale. Tuttavia, queste disposizioni non stabilizzano una regolamentazione completa sull’IA, ma si concentrano sull’accelerare l’adozione di tecnologie di intelligenza artificiale da parte delle agenzie di difesa attraverso programmi pilota. L’IA in ambito difensivo continua ad essere un tema di rilevante importanza, ma la mancanza di una legislazione dettagliata lascia il campo aperto per future discussioni in seno al Congresso. ↑
L’indagine esaminerà in dettaglio le pratiche di Microsoft relative alle licenze software, al cloud computing e alle tecnologie emergenti, come la sicurezza informatica e l’intelligenza artificiale, alla luce delle preoccupazioni sulla sua posizione dominante nel mercato. Questa inchiesta si aggiunge a una serie di procedimenti che coinvolgono altre grandi aziende tecnologiche, tra cui Alphabet, Apple, Meta e Amazon. Ciascuna di esse sta affrontando sfide antitrust e regolamentari sia negli Stati Uniti che in Europa, con potenziali ripercussioni significative sulle loro strategie operative. ↑
All’inizio della sua carriera, Meador ha trascorso circa cinque anni lavorando su casi antitrust presso la FTC, per poi passare alla divisione antitrust del Dipartimento di Giustizia, dove ha operato per oltre due anni prima di unirsi all’ufficio di Lee. ↑
Gail Slater ha precedentemente ricoperto il ruolo di consulente per le politiche economiche del senatore JD Vance, noto per sostenere una regolamentazione ridotta del settore dell’intelligenza artificiale, bilanciata da una maggiore supervisione delle grandi aziende tecnologiche. Prima di lavorare nell’ufficio di Vance, Slater ha maturato esperienza presso Roku, Fox Corp. e il disciolto gruppo commerciale The Internet Association, che rappresentava molte delle principali aziende tecnologiche. Il 4 dicembre 2024, è stata nominata a capo della divisione antitrust del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti. ↑
Michael Kratsios ha ricoperto in passato il ruolo di Chief Technology Officer presso l’Office of Science and Technology Policy della Casa Bianca e successivamente quello di sottosegretario alla Difesa ad interim per la ricerca e l’ingegneria durante il primo mandato di Donald Trump. È stato uno degli autori dell’ordine esecutivo del 2020 sull’intelligenza artificiale, in cui Trump ha richiesto maggiori investimenti nell’IA in diversi settori, incoraggiando le agenzie a sviluppare approcci sicuri e affidabili per l’adozione di nuove tecnologie basate sull’intelligenza artificiale. Durante l’amministrazione Biden, Kratsios ha lavorato come consulente generale per Scale AI, una startup specializzata in intelligenza artificiale che collabora con il settore della difesa. Il suo ritorno nell’amministrazione Trump riflette l’attenzione costante dell’ex presidente sull’intersezione tra IA e difesa. Nel 2023, Kratsios ha sostenuto che le agenzie federali dovrebbero adottare un approccio specifico per settore, basato sui casi d’uso e sulla gestione dei rischi, integrando rigorosi test e valutazioni per garantire l’efficacia e la sicurezza delle applicazioni di IA. ↑
https://www.whitehouse.gov/briefing-room/presidential-actions/2023/10/30/executive-order-on-the-safe-secure-and-trustworthy-development-and-use-of-artificial-intelligence/ ↑
L’idea è quella di introdurre un’eccezione al copyright per l’addestramento dei modelli di IA. Questa deroga permetterebbe alle aziende tecnologiche di utilizzare contenuti protetti senza dover ottenere un consenso esplicito, a condizione che i titolari dei diritti abbiano la possibilità di escludere i loro contenuti. ↑
Il 16 dicembre, il direttore dell’Ufficio per il Copyright degli Stati Uniti ha annunciato che la pubblicazione delle parti 2 e 3 dell’attesissimo rapporto riguardante il copyright e l’intelligenza artificiale è stata posticipata al 2025. Questo rapporto è stato commissionato nell’ ambito dell’Executive Order on AI dell’amministrazione Biden, e si concentra su questioni legali come la protezione del copyright per i contenuti generati dall’IA e l’uso di opere protette per addestrare i modelli di IA. La parte 1, già pubblicata il 31 luglio, si concentrava sulle “repliche digitali”, ma i resoconti successivi saranno fondamentali per comprendere come gli Stati Uniti potrebbero affrontare i rapidi sviluppi dell’IA dal punto di vista legale. Con la nuova amministrazione, però, resta da vedere se il rapporto vedrà effettivamente la luce o se verrà modificato, dato che il presidente eletto Trump ha espresso l’intenzione di abrogare molte delle iniziative dell’era Biden. ↑
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