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PNIEC al 2030: obiettivi a rischio. Serve un impegno corale

Gli obiettivi fissati nei PNIEC al 2030 sono un elemento essenziale per comprendere come l’Italia e gli altri Paesi dell’UE intendono raggiungere gli obiettivi energetici e climatici dell’UE per quella data. Mancano meno di cinque anni. A che punto siamo oggi?

Secondo quanto emerso dal Monitor PNIEC di AGICI, presentato al GSE lo scorso 16 gennaio, il raggiungimento dei target sarà un’impresa complessa, non solo a livello nazionale, ma comunitaria. Considerando alcune principali dimensioni del PNIEC, quali emissioni ESR (Effort Sharing Regulation), quota delle fonti energetiche rinnovabili nei consumi finali di energia ed efficienza energetica, lo scenario di raggiungimento dei target non è del tutto incoraggiante.

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Presentazione Monitor PNIEC di AGICIPresentazione Monitor PNIEC di AGICI
Un momento della presentazione

Per quanto riguarda la penetrazione delle FER nei consumi di energia, nel documento di analisi si legge che:

«Italia e Spagna stimano di raggiungere il target nazionale, per una quota complessiva pari a rispettivamente 39% e 48%, al contrario di Germania, Francia e Paesi Bassi, che prevedono di non traguardare gli obiettivi nazionali, sebbene quest’ultimi abbiano fissato quote target inferiori».

Sul fronte delle emissioni, sebbene sia stato rivisto lo sforzo delle politiche correnti per i settori che ricadono nel Regolamento UE sulla condivisione degli sforzi ESR, «non sarà comunque raggiunto il target 2030 che prevede una riduzione delle emissioni climalteranti del 43,7% rispetto al 2005».

La dimensione dell’efficienza energetica risulta comunemente la più critica: eccetto la Francia, «lo sforzo a politiche correnti dell’Italia, insieme a quello di Germania, Spagna e Paesi Bassi risulta insufficiente per conseguire i rispettivi obiettivi nazionali di riduzione dei consumi primari e finali al 2030».

Monitor AGICI: aggiornamento target PNIEC al 2030 su emissioni, FER e consumi finali di energia Monitor AGICI: aggiornamento target PNIEC al 2030 su emissioni, FER e consumi finali di energia
Monitor PNIEC – AGICI

L’importanza dei Piani nazionali energia e clima

Perché sono importanti i piani nazionali per l’energia e il clima lo ha spiegato la Commissione Europea nel documento di valutazione delle proposte di aggiornamento dei piani nazionali, pubblicato nel 2023.

Essi sono il principale strumento di pianificazione strategica delle politiche, consentono agli Stati membri di descrivere in che modo conseguiranno gli obiettivi e i traguardi fissati nel contesto dell’Unione dell’energia e come intendono procedere verso la neutralità climatica e la resilienza entro il 2050.

“Offrono prevedibilità per gli investimenti a breve, medio e lungo termine e costituiscono uno strumento fondamentale per mobilitare gli ingenti investimenti necessari a conseguire l’obiettivo collettivo della neutralità climatica”.

Inoltre, contribuiscono a far sì che la transizione dell’UE sia socialmente giusta e garantisca la sicurezza e l’accessibilità economica dell’energia.

Detto questo, è bene sottolineare – come ha fatto il Monitori PNIEC di AGICI – che l’Italia è tra i pochi Paesi europei che si è dotato del nuovo Piano Nazionale Integrato Energia e Clima entro le tempistiche previste dall’UE. Ha consegnato l’aggiornamento definitivo della bozza PNIEC a giugno dello scorso anno, insieme a Germania, Francia, Spagna e Paesi Bassi. Non tutti i Paesi hanno rispettato la scadenza. Lo scorso novembre, la Commissione Europea ha deciso di avviare una procedura di infrazione, inviando una lettera di costituzione in mora a Belgio, Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Grecia, Croazia, Cipro, Malta, Austria, Polonia, Portogallo, Slovenia e Slovacchia per non aver presentato i loro piani nazionali per l’energia e il clima aggiornati definitivi e li ha invitati a presentarli urgentemente.

PNIEC al 2030: la situazione in Italia

Detto questo, è bene considerare gli obiettivi nazionali del PNIEC al 2030 e le effettive difficoltà nel centrarli. Per quanto riguarda l’Italia, a pesare sulle sorti del conseguimento del traguardo sono diversi fattori limitanti.

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PNIEC al 2030: la situazione in ItaliaPNIEC al 2030: la situazione in Italia
Monitor PNIEC – AGICI

«Il quadro fornito dall’Italia è caratterizzato da luci e ombre. Vi sono problemi atavici, come la burocrazia e un’iper legislazione e regolamentazione che rende tutto difficile. Emergono delle spinte a livello a livello locale di forte opposizione al processo di transizione energetica. E dall’altro vanno rilevate anche delle condizioni di mercato che penalizzano alcuni interventi», afferma Marco Carta, Amministratore Delegato di AGICI e co-responsabile del progetto.

Le difficoltà sono varie. Le risorse pubbliche, dopo gli eccessi del Superbonus, andranno gestite con grande oculatezza. A ciò si aggiungono le forti opposizioni locali incontrate dalle rinnovabili (l’esempio della Sardegna è il più significativo, ma non l’unico), il quadro legislativo e i processi autorizzativi, che risultano ancora poco chiari e inefficienti. Anche il percorso della mobilità sostenibile sta incontrando sfide forse inaspettate.

Il Monitor PNIEC di AGICI e lo scenario

Nel lavoro di analisi svolto dal Monitor PNIEC di AGICI entrano in gioco diversi fattori. Uno degli elementi che vanno a incidere sul conseguimento degli obiettivi PNIEC al 2030, riguarda l’accettazione sociale. «La possibilità di riuscire a tramutare in concreto i desiderata al raggiungimento concreto dei traguardi attesi nel Piano passa attraverso la revisione dei modelli di produzione, ma anche di consumo delle persone. Quindi, c’è un tema di importanza crescente di accettazione delle misure che costituiscono un cambiamento di modello e di consumo. Tali misure risentono di un’accelerazione, dato che stiamo parlando del 2030, ovvero meno di cinque anni, e si scontrano con problematiche complesse. Detto questo, il lavoro condotto come Monitor PNIEC intende cercare di contribuire a questo processo e al dibattito in maniera propositiva e proattiva, offrendo un supporto alla valutazione delle politiche pubbliche utile per capire se c’è un allineamento fra le misure che si vogliono attuare e ciò che effettivamente si sta realizzando», spiega Barbara Antonioli, direttrice Monitor PNIEC di AGICI e co-responsabile del progetto. Il valore aggiunto di questo lavoro di analisi e del metodo sotteso è il coinvolgimento dei partner, in quanto partecipanti alla co-costruzione e validazione degli indicatori di analisi da selezionare, e dell’affidabilità dei dati da utilizzare per il monitoraggio.

La condivisione delle esperienze degli operatori ha permesso di individuare efficacemente gli ambiti di monitoraggio «e permetterà di formulare proposte migliorative per il superamento di eventuali criticità o in caso di modifica dello scenario iniziale nel quale sono stati pensati gli indicatori».

Obiettivi e impegni corali: cosa serve fare ora

Cosa emerge dall’analisi? «Siamo ben posizionati dal punto di vista della produzione di energetica da rinnovabili, malgrado l’innalzamento degli obiettivi nel tempo abbia risentito di una dinamica dei target in un’ottica sempre più sfidante – rileva Antonioli –. In ogni caso, dal punto di vista delle FER, è il fattore su siamo meglio posizionati. A ciò si aggiunge la progressiva riduzione della dipendenza dal gas, complice anche la crisi innescata con il conflitto in Ucraina». Più sfidante, invece, è il tema dell’efficienza energetica.

Quali leve vanno attivate per riuscire a raggiungere gli obiettivi PNIEC al 2030? «La prima e più importante è la sburocratizzazione – afferma Carta –. È noto a tutti dei tempi annosi per riuscire a realizzare e installare un impianto rinnovabile. Inoltre, occorre coinvolgere gli stakeholder e le comunità locali. Serve uno sforzo congiunto e corale, dagli enti pubblici alle imprese fino ai cittadini. Occorre poi rivolgere debita attenzione al revamping e repowering degli impianti FER realizzati, dal fotovoltaico all’eolico. È necessario sbloccare l’impasse delle concessioni idroelettriche. Anche in quest’ultimo caso, il tempo passa e va ricordato che nel 2029 scadranno le concessioni per le grandi centrali idroelettriche. Occorre, quindi cercare un modo per sbloccare subito gli investimenti, perché hanno impatti importanti sulla filiera italiana e perché revamping e repowering consentono di produrre più energia senza nuova occupazione di suolo».

Occorre anche porre attenzione alle biomasse, una tecnologia che sta arrivando a fine incentivi. «Bisogna fare attenzione a non far chiudere quegli impianti, anch’essi importanti, produzioni pregiate, costanti e che non richiedono backup. Infine, vanno concertate politiche di supporto alle famiglie, alle imprese per le soluzioni di efficienza energetica, mettendo a punto delle strategie e metodi per suddividere le spese e far sì che non sia gravosa per famiglie e imprese», è la conclusione dei due responsabili del Monitor PNIEC AGICI.

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