Castelli e tartan. Bardi, cavalieri e vichinghi. Il che si traduce, nel codice aggiornato della moda 2025, in bardcore, castlecore e “neo-medievalismo”. Nel suo avanti-e-indietro lungo la dorsale dei secoli, la Fashion Industry ha indugiato più volte sui tesori dell’età moderna, dal Quattrocento al Settecento, con molteplici scorse al contemporaneo. D’altro canto, in pochi sono arretrati fino all’ “età oscura”: il Medioevo. Il gioco citazionista, quel taglia-e-cuci temporale tipico di Madama Moda, lo ha escluso, per lo più. E fino a ora. Secondo quanto riportato dalla piattaforma Pinterest, l’ultimo trimestre del 2024 ha infatti registrato un aumento del 110% in merito alle ricerche del termine “medievalcore”. Le immagini definite dall’hashtag neo-medievale sono cappucci metallici, gioielli in bronzo, abiti-armatura, silhouette a mezza luna a ricalcare la geometria di un arco o di una freccia pronta a scoccare. Il rapporto Pinterest Predicts relativo al 2025 riferisce che la tendenza si estenderà anche all’interior design, con una predilezione per legni naturali, mattoni a vista, opere a tema regale e decor metallurgico. Si riscoprono i castelli medievali, i loro giardini di rose, i candelabri e le tavole in legno massiccio. Quel “Medioevo prossimo venturo” ipotizzato nel 1970 da Roberto Vacca all’indomani del grande blackout che aveva colpito la costa Est degli USA è qui – sostiene la Mode.
In un dipinto del 1838 firmato da Thomas Cole e intitolato The Past – Il Passato – due cavalieri bianco-vestiti indossano una pelisse. Si tratta di un abito-cappotto foderato di pelliccia, con rigonfiamenti di tessuto intorno al colletto e maniche a palloncino. Abiti simili sono raffigurati in bozzetti della rivista ottocentesca Godey’s Lady’s Book, dove motivi Rococò del Diciottesimo secolo si mescolano a una palette sanguigna, tipica dell’età vittoriana. “Non dovremmo strappare, ma selezionare”, si legge in un editoriale del 1830. Un mantra che, a distanza di oltre un secolo, farà suo Paco Rabanne, primo fra i medievalisti sul campo di battaglia della moda contemporanea. Come non citare, allora, gli abiti indossati da Jane Fonda in Barbarella (1969). La protagonista veste tute metalliche aderenti, giacche lamé, stivali risvoltati e corpetti. Forme già note, certo, ma ora intrise di un medievalismo di forma e di posa che subito ci riporta al The Past di Thomas Cole.
“Vestire le donne con il metallo, coprirle con cotte di maglia, era un po’ come farne delle novelle Giovanna d’Arco, delle amazzoni, delle guerriere”, sosteneva allora Rabanne. Le maglie metalliche e gli zecchini, così frequenti nelle sue “selezioni” passatiste, richiamavano ai giachi protettivi di un cavaliere templare, ma con qualche aggiunta – un twist potremmo dire. Pensiamo, ad esempio, alla Primavera Estate del 1969, di cui rimane celebre l’immagine di una modella in volo d’angelo cosparsa di scaglie di alluminio policrome e piumaggi. Il lavoro del Metallurgico – questo l’epiteto dichiarato di Rabanne – anticipa le corazze di un altro “oscurantista” della moda: Alexander McQueen.
Nella sua riscrittura dell’età medievale e delle dinastie regali della vecchia Scozia, McQueen monta il cavallo nero dei tempi andati e ritorna col disegno stravolto del tartan. Un motivo dalla forte connotazione storico-culturale che nella collezione del 1995, controversa quanto il suo titolo Highland Rape, diventa simbolo della devastazione della Scozia da parte dell’Inghilterra. Così sfigurato, il tartan si proietta su baveri appuntiti, gorgiere e uniformi da battaglia, in silhouette definite dalla resa metallica dei corpetti. Con il suo fregio al perbenismo rinascimentale, in favore del tragico medievale, McQueen accenderà l’interesse del colosso LVMH, che lo chiamerà a occupare la poltrona vacante di direttore creativo di Maison Givenchy.
Date le premesse, non è un caso che, nel generale recupero del Medioevo, le collezioni Primavera Estate 2025 di Rabanne e Alexander McQueen abbiano attinto ai propri archivi. Sciami di tessere metalliche, fibre extra-corporali in pelle, fibre ottiche scolpite a suon di incudine e martello hanno calcato le passerelle di settembre. Forse per angosciosa vicinanza, forse per desiderio di fuga in una storia quanto mai lontana, forse per ribellione estetica – la stessa che negli anni Novanta aveva spinto McQueen a prediligere un giardino di spine alle immagini sorridenti del neo-pop – il Medioevo si è presentato anche al numero 30 di Avenue Montaigne.
Per la collezione Cruise 2025 Maria Grazia Chiuri si è rivolta a una delle opere meno note di Monsieur Dior: quella del 1955, presentata nella sala da ballo del Gleneagles Hotel, nel Perthshire, in Scozia. Nella cornice del Castello di Drummond, Chiuri ha intessuto una cartografia del tartan – “probabilmente l’unico tessuto elegante che resiste alla moda”, sosteneva Christian Dior – su kilt, kaban, bustier in metallo, pizzi e arricciamenti. Un mélange di cornamuse, tartan e motivi argyle forse scontato – considerato il contesto – ma che certo riflette quel cabinet de curiosité che è stata la Scozia medievale.
Sorprende che di Medioevo si sia parlato anche in merito all’ultima sfilata di Balenciaga, realizzata da un designer – Demna Gvasalia – di matrice streetwear. Eppure, anche qui erano presenti cappe monastiche e motivi tartan. Nel mixage di opposti della Primavera Estate 2025 di Prada l’oscurantismo di una calzamaglia grigio piombo tappezzata di squame metalliche, o quella di un mini abito con ganci a sospensione, cacofonici rispetto alle paillettes presenti altrove, parlavano, ancora una volta, di Medioevo.
Scattata da Juergen Teller, la campagna della pre-collezione Primavera Estate 2025 di Loewe, proponeva, nel suo cast di “tipi umani”, due cavalieri. Su uno sfondo bianco da sala operatoria, l’umorismo asciutto di Teller si è scagliato anche sul duo di templari con borsetta alla mano – forse l’immagine meglio riuscita di un neo-medievalismo 2025 che non vuole prendersi (troppo) sul serio.
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