Cass., n. 444/2025 – Osservatorio Giustizia Tributaria

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Finanziamenti e agevolazioni

Agricoltura

 


La Corte di cassazione con l’ordinanza n. 444/2025, depositata lo scorso 9 gennaio, ha affermato il principio secondo il quale il giudice tributario ha il potere di riqualificare autonomamente una contestazione di elusione fiscale in evasione fiscale, con la conseguenza che non è censurabile il mancato rispetto del contraddittorio preventivo, di cui all’art. 37-bis D.P.R. del 29 settembre 1973, preordinato alla formulazione della contestazione abusiva.

***

Il caso

Finanziamo agevolati

Contributi per le imprese

 

La vicenda origina dalla notifica ad una società contribuente di un avviso di accertamento avente ad oggetto maggior IRAP, emesso dall’Ufficio all’esito delle verifiche.

Con l’atto impositivo, l’Agenzia delle Entrate contestava la realizzazione di un comportamento antielusivo, a norma del soppresso art. 37-bis del DPR n. 600 del 29 settembre 1973, per avere la società artificiosamente moltiplicato i propri costi servendosi di società satellite.

In sintesi, l’operazione consisteva nella creazione di società ad hoc, alle quali solo formalmente venivano assegnate risorse umane, in parte provenienti dalla stessa contribuente, le quali – di fatto – svolgevano alle sue dipendenze plurime prestazioni d’opera, trasformate in prestazioni di servizi. I costi del personale dipendente venivano quindi maggiorati e trasferiti in capo alle società satelliti, le quali emettevano fatture per i servizi prestati alla contribuente. Dai controlli effettuati risultava inoltre che sistematicamente, dopo alcuni anni, dette società venivano dismesse mediante trasferimento delle quote sociali.

L’Ufficio riteneva che tale costruzione permettesse alla contribuente di ottenere plurimi vantaggi fiscali indebiti, disvelando pertanto una condotta elusiva.   

La contribuente impugnava l’avviso di accertamento, contestandone l’illegittimità per avere l’Ufficio omesso l’invio della preventiva richiesta di chiarimenti, previsto dall’art. 37-bis co. 4 del DPR n. 600/1973 (c.d. contraddittorio “rafforzato”). In base a tale norma, a pena di nullità, l’avviso di accertamento deve essere preceduto dalla richiesta, avanzata al contribuente, di eventuali osservazioni e dalla successiva motivazione dell’Amministrazione circa il ravvisato fine elusivo delle operazioni attuate.

Accertato il mancato adempimento dell’Ufficio, la CTR competente in primo grado annullava l’avviso di accertamento. I giudici del gravame – chiamati a pronunciarsi sull’appello promosso dall’Agenzia delle Entrate – ritenevano invece non necessario il contraddittorio preventivo e confermavano pertanto la legittimità dell’atto impositivo.

La contribuente ricorreva in Cassazione deducendo, con l’unico motivo, la violazione da parte dell’Amministrazione finanziaria dell’obbligo di contraddittorio previsto dal citato articolo 37-bis.

La decisione della Suprema Corte.

Finanziamenti personali e aziendali

Prestiti immediati

 

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso per le ragioni che seguono.

In primo luogo, la Suprema Corte ha osservato che la ricostruzione del fatto alla base dell’avviso di accertamento, confermata dal giudice d’appello, era logica e coerente e non suscettibile di rivalutazione in sede di legittimità. Ciò posto, tuttavia, il Collegio ha ritenuto di non condividere la qualificazione giuridica della condotta contestata in termini di abuso del diritto.

Alla stregua dell’elaborazione giurisprudenziale, affinché operi la clausola antielusiva (art. 37-bis del DPR 600/1973, oggi tradotta in una norma generale, non applicabile alla fattispecie, per mezzo dell’art. 10-bis L. 27 luglio 2000, n. 212) occorre che il contribuente faccia un utilizzo improprio dello strumento negoziale e che tale impiego sia preordinato, in modo predominante e assorbente (seppur non esclusivo), ad eludere la norma tributaria e realizzare un vantaggio fiscale indebito.

Valorizzando tale assunto, la Suprema Corte ha rilevato come nella fattispecie de quo non emergesse alcun uso distorto della normativa fiscale, posto che le prestazioni d’opera (rectius, servizi) risultavano tutte effettivamente realizzate, sebbene tra soggetti diversi rispetto a quelli emergenti dalla relativa documentazione contabile. Pertanto, i giudici di legittimità hanno ritenuto “non pertinente la riconduzione della fattispecie alla disciplina dell’abuso del diritto/elusione” operata dai giudici di merito, e ancor prima dall’Amministrazione finanziaria nel provvedimento impugnato.

Dal momento che l’operazione economica posta in essere dalla società “segue lo schema tipico del fenomeno evasivo”, i giudici di legittimità hanno ritenuto che le disposizioni di legge e i principi elaborati dalla giurisprudenza in tema di abuso del diritto non potessero trovare applicazione nel caso di specie e, per l’effetto, hanno rigettato la censura promossa dalla contribuente.

Con questa pronuncia la Cassazione ha ribadito il principio secondo cui l’operazione di riqualificazione giuridica della fattispecie non determina alcun nocumento al diritto di difesa del contribuente (cfr. Cass. Sez. 5, sentenza n. 27550 del 30.10.2018), atteso che essa è destinata ad incidere esclusivamente sulla sussunzione giuridica della condotta, mentre resta invariata la ricostruzione dei fatti posti alla base della contestazione.

La decisione, benché riferita ad un accertamento antielusivo ai sensi del soppresso articolo 37-bis del D.P.R. n. 600/1973, appare di piena attualità, in quanto astrattamente estensibile alle contestazioni di abuso del diritto promosse ai sensi dell’articolo 10-bis della legge n. 212/2000.

Conto e carta

difficile da pignorare

 

A.G.



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link