Anapi, come tutela gli imprenditori del mare

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Articolo tratto dal numero di gennaio 2025 di Forbes Small Giants. Abbonati!

Tutelare e promuovere un’attività che affonda le proprie radici nella tradizione come la pesca, guardando al futuro e alla possibilità di diversificare il lavoro attraverso nuove opportunità. Tra queste il turismo esperienziale, la trasformazione del prodotto made in Italy, la commercializzazione a miglio zero e in particolare il rilancio sulla sostenibilità. Al pari della rappresentanza istituzionale della categoria, questa è la mission principale di Anapi Pesca, Associazione Nazionale Autonoma Piccoli Imprenditori della Pesca, che associa e tutela i pescatori autonomi, le piccole e medie imprese, singole o associate, le organizzazioni di produttori, gli operatori della pesca marittima e delle acque interne, dell’acquacoltura e maricoltura, della trasformazione del pescato, dei servizi marittimi, portuali e subacquei, delle attività di studio e ricerca, dell’ittiturismo e pescaturismo, ovvero del piccolo imprenditore di tutte le attività della filiera pesca. Una flotta che attualmente conta 1.952 imbarcazioni distribuite in 924 imprese di pesca, che occupano circa 2.500 addetti tra dipendenti, pescatori autonomi, armatori e proprietari, quando si è in presenza della cosiddetta figura mista, in cui il proprietario è anche un imbarcato e titolare della sua impresa di pesca.

Come tutelare il futuro della pesca

Il fine è quello di guardare al futuro di questo settore, che nei propositi di Anapi Pesca passa oggi attraverso due obiettivi collegati a un piano triennale: da un lato, appunto, la sostenibilità come opportunità di crescita, ponendo le basi per una strategia che vada incontro alle esigenze del comparto e contribuisca a migliorare la qualità di vita e di lavoro dei pescatori, per dare anche nuove prospettive ai giovani e alle donne. Dall’altro la formazione professionale per la sicurezza sui luoghi di lavoro e l’introduzione delle conoscenze finalizzate alla diversificazione dello sforzo di pesca. Una progettualità che si concretizza anche attraverso l’accompagnamento dei propri associati nell’acquisizione di finanziamenti fondamentali per la modernizzazione dell’attività e il conseguimento di nuovi obiettivi strategici per il settore. 

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Annamaria Mele, direttore generale di Anapi Pesca

“Il nostro ente si propone come capofila di una cordata finalizzata a rispondere a bandi, call for paper, call for ideas, call for proposal europei e gare di appalto in ambito di acquacoltura, formazione professionale, opere a favore della pesca professionale e della ricerca scientifica negli ambiti di pertinenza di ognuno degli aderenti”, racconta Annamaria Mele, direttore generale e rappresentante legale di Anapi Pesca. “Le attività di progetto saranno di volta in volta sottoposte all’attenzione dei partner, verranno discusse le modalità e condivise le finalità a ogni proposizione. Lo scouting dei bandi e delle call sarà effettuato dal nostro ufficio marketing e messo a disposizione dei partner attraverso i canali già promossi della smart community di Anapi Pesca. Laddove necessiti, per eventuali progetti di interesse collettivo, ci occupiamo anche della formalizzazione del partenariato, ampliando il target dei partecipanti, partendo sempre da una governance dal basso verso l’alto, ossia composta in prevalenza dalle imprese di pesca quali portatori di interessi”. 

La Fattoria del Mare

In collaborazione con il gruppo di ricerca di Emilio Sperone, docente all’Università della Calabria, Anapi Pesca avanza due proposte di progetto su tutte le linee in fase di sviluppo. La prima di queste è la Fattoria del Mare: “Anapi Pesca percorre da anni l’idea della Fattoria del Mare intesa come luogo fisico sia di attività produttiva che di implementazione di un’area portuale e di tutela della biodiversità marina, legandola all’ecoturismo, sulla scorta del programma di filiera condiviso nel 2022, il cui progetto si denomina ‘Blue Wave Farm – Sistemi di coltura ripopolamento e produzione in 3D’. In sintesi, il principale obiettivo è creare nuove forme di sviluppo sostenibile della pesca mediante l’incremento e il potenziamento dell’attività di acquacoltura e maricoltura già esistente”. 

Insomma, valorizzazione e innovazione: “Negli impianti già esistenti, l’idea è quella di avviare, parallelamente alla produzione polispecie, altre produzioni di stock ittici autoctoni di pregio, ma che negli ultimi decenni risultano essere quasi in via di estinzione (ostriche, ricci di mare, rombo). La nostra visione dell’insieme fa sì che gli attuali impianti monospecie o polispecie di soli sparidi o soli molluschi e mitili possano ampliarsi, diventando delle vere e proprie fattorie del mare, sfruttando tutte le aree in concessione per una produzione più ampia di stock ittici”.

Il progetto HydroWhale

A questo si affianca il progetto HydroWhale, che nasce dalla volontà di creare imbarcazioni più sostenibili, con un minore impatto sull’ambiente e che siano allo stesso tempo efficienti da un punto di vista delle prestazioni di lavoro. Imbarcazioni che possano essere disponibili sia per la pesca che per utilizzi di altro genere. “L’applicazione del modulo a idrogeno prodotto dalle aziende partner”, spiega Mele, “permetterebbe all’imbarcazione di ridurre l’uso del combustibile e dunque l’immissione in ambiente degli scarti provocati dalla combustione stessa. Questa miglioria consentirebbe anche di ridurre in maniera importante l’emissione di rumore: il motore, con il modulo applicato, sarebbe sottoposto a minori vibrazioni e di conseguenza risulterebbe più silenzioso nel rispetto dell’ambiente sottomarino, migliorando l’habitat dei mammiferi che lo abitano. L’attenzione all’ambiente per noi è di prioritaria importanza e i combustibili alternativi devono essere una scelta per il futuro. Inoltre un combustibile alternativo può portare ad un risparmio per il pescatore stesso”.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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