Vaccini anti-Covid, in Sicilia sprecati 20 milioni

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La premessa è doverosa, non è colpa della Regione, che le ha ricevute di default da Roma in base al numero dei siciliani residenti e ai contratti stipulati con le aziende farmaceutiche di riferimento, e non c’entrano nemmeno le campagne di sensibilizzazione, che non sono mancate, anche se con un ritmo e un’incidenza imparagonabili al periodo nero dell’emergenza.

Ma tant’è: nell’Isola restano in giacenza, da considerare ormai inutilizzabili, almeno 250 mila dosi di vaccino Covid per un valore di circa 5 milioni di euro, che aggiunti all’ammontare economico delle 700 mila unità scadute tra il 2022 e il 2023, arrivano a quota 19 milioni.

Il calcolo è stato fatto incrociando i dati relativi alla quantità di siero inoculato durante l’autunno-inverno 2023-2024 con i numeri dei lotti consegnati dal ministero al sistema sanitario regionale per coprire quel periodo, ed è piuttosto semplice: se le persone che hanno fatto il richiamo o si sono vaccinate per la prima volta ammontano a circa 50-60 mila a fronte di 350 mila dosi di Pfizer ricevute da Roma, al netto di un 10% di fiale (ognuna delle quali sufficienti per sei iniezioni) aperte e parzialmente consumate, restano ancora più di 250 mila dosi, che nessuno, ormai, userà più visto che quel prodotto era stato «tarato» sulla penultima variante del virus, mentre il sistema sanitario è obbligato a smaltire il nuovo farmaco, distribuito per l’annata 2024-2025, perché rispondente all’ultimissimo ceppo di SarsCov-2.

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Risulta invece più complicato stabilire quanto denaro pubblico andrà perso insieme al prodotto, visto che sui contratti stipulati con le compagnie pende ancora la clausola di riservatezza, e solo ai vertici del ministero sanno con esattezza quanto i Paesi Ue hanno sborsato per singola fiala.
Tuttavia, in base alle voci istituzionali raccolte dal nostro giornale, si può ipotizzare che, tra un’oscillazione di prezzo e l’altra, l’asticella si è mantenuta, in media, sulle 20 euro per singola inoculazione: una tariffa che moltiplicata alle giacenze di siero inutilizzate fa, per l’appunto, 5 milioni di euro, che schizzano a quasi 20 se si considerano le 700 mila dosi scadute tra il 2022 e il 2023, di cui abbiamo già reso conto su queste pagine 12 mesi fa.

Fatti i calcoli, resta in piedi la domanda: perché acquistare queste quantità di vaccino dopo la fine degli anni bui dell’emergenza, oltretutto a fronte di una evidente decelerazione nelle adesioni alla campagna vaccinale? Quel che è certo, è che la Sicilia non rappresenta un’eccezione, ma se è vero che le fiale sono state ordinate da Roma in base alla densità demografica dei vari territori e agli accordi Ue, l’Isola, essendo la quinta regione più popolosa d’Italia è tra le più interessate all’overbooking, anche perché, tra i residenti, le somministrazioni in terza, quarta e quinta dose procedono sempre più a rilento, con un trend fanalino di coda del Paese. L’altra certezza, è che, proprio per evitare altri sprechi, dalla stagione 2024-2025 il sistema è cambiato: a questo giro dal ministero sono arrivate circa 100 mila dosi, aumentabili solo in base alle richieste della Regione, che per sicurezza, per arrivare all’obiettivo nazionale del 10% di inoculazioni sulla popolazione (oggi fermo al 2%) ha chiesto altre 50 milla unità, per un totale di 150 mila.

«Forse, comunque troppi», commenta Bruno Cacopardo, direttore del reparto di Malattie infettive dell’ospedale Garibaldi di Catania e già componente della task force anti-Covid istituita dal governo Musumeci durante l’emergenza, «non solo e non tanto perché le ultime varianti di SarsCov-2 sono come dei “gattini” rispetto alla “tigre” che fu un tempo fa il virus, ma perché ormai i siciliani si sono disaffezionati all’idea di vaccinarsi. È in atto una sorta di saturazione, di rifiuto, per vari motivi, che non sono tutti opinabili.

Per esempio, a mio avviso si è ecceduto con i richiami: potevamo benissimo fermarci a tre, come accade per altre infezioni virali, ma siamo andati oltre, fino alla quinta somministrazione. Per questo, considerando che oggi le complicazioni patologiche del Covid sono sempre più rare, non caldeggerei più l’inoculazione annuale, tranne che ai soggetti fragili e immunocompromessi, per i quali il vaccino è sempre consigliato». Ma il rifiuto, continua il professore, sta avendo anche un altro effetto, «impattando sulla vaccinazione tout court, a cominciare da quella contro il morbillo, tanto che i casi in Sicilia sono nettamente cresciuti. Va meglio per la campagna contro l’influenza stagionale, ma fino a un certo punto».

 

 



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