La destra ha fretta di chiudere il caso Ramy

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Non c’è nessuna reale novità sul caso di Ramy Elgaml, morto dopo un inseguimento con la polizia la notte del 24 novembre 2024, se non che la destra ha già stabilito innocenti e colpevoli. Alcune indiscrezioni di stampa, secondo le quali la procura di Milano non avrebbe rilevato infrazioni da parte delle forze dell’ordine nelle modalità del tallonamento, sono state sufficienti ai partiti di maggioranza per gridare all’innocenza dei carabinieri e attaccare chi ha sollevato dubbi sui fatti di quella notte.

L’indagine però è di fatto congelata in attesa dei risultati sulla perizia del cellulare del testimone e dell’analisi cinematica delle fasi finali dell’inseguimento allo scooter guidato da Fares Bouzidi. Si saprà qualcosa i primi giorni di febbraio. Quanto fatto filtrare ieri dalla procura di Milano ha più le sembianze di un intervento nel dibattito pubblico che di una svolta nell’inchiesta che gli stessi inquirenti ribadiscono essere centrata sulla dinamica della caduta della moto e sui possibili depistaggi dei carabinieri, non sull’inseguimento in sé.

NON È LA PRIMA VOLTA che i magistrati milanesi devono intervenire per stoppare indiscrezioni filtrate dal palazzo. Era successo anche con il capo d’accusa (omicidio stradale oppure volontario) dopo che il Tg3 aveva mostrato frammenti del video dell’inseguimento e soprattutto fatto ascoltare gli audio dai quali emergeva la volontà, da parte di almeno una delle gazzelle, di fare cadere i due. Il dibattito pubblico si era infuocato, dalla Tv alle piazze, e la procura era dovuta intervenire per ribadire che il capo di accusa rimaneva quello di omicidio stradale. Di certo però le indiscrezioni sono arrivate come una manna dal cielo per il governo e la maggioranza, impegnati a portare a casa il ddl Sicurezza presto e con poche modifiche.

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C’è un network tra gruppi antagonisti per fare guerriglia contro le forze dell’ordine, è necessario approvare subito il ddl Sicurezza Il titolare del Viminale

E la destra ha avuto buon gioco nell’usarle come grimaldello contro l’opposizione (accusata di aver lanciato campagne d’odio contro le forze dell’ordine) e come prova della necessità del contestato scudo penale per gli agenti. In mezzo ci è finito anche l’ex capo della polizia Gabrielli, oggi delegato alla sicurezza del comune di Milano, colpevole prima di aver contestato il dispositivo delle zone rosse e poi di aver sostenuto che l’inseguimento dello scooter su cui viaggiava Ramy non fosse corretto, soprattutto in base al principio di proporzionalità.

LE DICHIARAZIONI della destra sono state perlopiù sulla falsariga di quella del forzista Maurizio Gasparri: «Il pessimo Gabrielli si dovrebbe dimettere, che incarico svolge a Milano? Chi lo paga? Si vergogni insieme a Sala. Noi siamo con le divise». Toni ancora più accesi dalla Lega e Fdi che si contendono il ruolo di «partito più amico della polizia» e la paternità delle leggi securitarie. «Attendiamo le reazioni di certa vergognosa sinistra che preferisce giustificare chi delinque anziché difendere le nostre forze dell’ordine» dice Salvini, seguito dal capogruppo meloniano alla Camera, Galeazzo Bignami, che accusa la sinistra di aver «alimentato un clima di odio e violenza nei confronti delle nostre forze dell’ordine». Per poi sottolineare: «È anche per questo che FdI sostiene l’approvazione del ddl Sicurezza».

A DARE MANFORTE sull’ineluttabilità delle “garanzie” per gli agenti e del disegno di legge, contestato anche dall’Onu, c’è anche il titolare del Viminale, Matteo Piantedosi, che ieri ha rilasciato due interviste, al Messaggero e Qn, nelle quali per quanto si sforzi di sembrare democristiano (con tanto di citazione della sua passione per De Gasperi) esprime concetti scivolosi: «All’alt bisogna fermarsi, qualunque conseguenza eventuale è meglio che rischiare di perdere la vita».

Una dichiarazione che fa il paio con quella relativa al caso dei presunti abusi in questura a Brescia denunciati dalle attiviste di Extinction Rebellion, costrette a spogliarsi e a piegarsi. Anche in quella circostanza, secondo il ministro degli Interni, gli agenti hanno agito «in piena regolarità»: «Si tratta di una pratica operativa che in determinate circostanze è consentita e anche prescritta». Poi teorizza un «network tra gruppi antagonisti» che utilizzerebbero temi come l’ambientalismo, la scuola, il massacro della popolazione di Gaza e la contrarietà al Ponte sullo Stretto o alla Tav per alzare «il livello di tecnica di aggressione alle forze dell’ordine: dalle bombe carta agli artifizi urticanti, una vera forma di guerriglia». Tutto questo per Piantedosi giustifica la «fretta» sul ddl: «Ci sono una serie di normative importanti, come la tutela legale nei confronti delle forze dell’ordine, con il pagamento delle spese legali»



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