Il corteo di auto del Capo dello Stato, Sergio Mattarella, è arrivato rispettando la programmazione del cerimoniale. Negli ultimi 2 chilometri e mezzo, quelli che separano il teatro Efebo dal Pirandello, lungo via La Malfa, tutto è filato liscio. L
’asfalto del resto era stato rifatto nuovo di zecca. Le squadre di operai avevano finito di lavorare la notte precedente, chiudendo le decine buche che stavano lì da anni ed evitando l’ennesima figuraccia; 48 ore prima il governatore Schifani aveva trasferito in gran fretta 500 mila euro al comune di Agrigento per fare sistemare almeno il percorso presidenziale.
Anche i lavori di impermeabilizzazione del tetto del teatro hanno retto: l’immagine dell’acqua che cadeva all’interno durante un concerto, qualche giorno fa, avevano fatto innervosire, e parecchio, Schifani e il ministro Alessandro Giuli, entrambi avevano reagito disertando la presentazione di Agrigento Capitale della cultura 2025 alla stampa estera a Roma. Intanto Agrigento capitale è partita.
A INAUGURARE l’evento è stato ieri Mattarella, che ha catalizzato l’attenzione lanciando messaggi inequivocabili nel suo intervento applauditissimo in sala. Menzionando le «maschere eterne» di Luigi Pirandello, il Capo dello Stato ha lanciato un monito contro l’omologazione sul fronte della cultura e una riflessione sulla tecnologia dominante: «Viviamo un tempo in cui tutto sembra comprimersi ed esaurirsi sull’istante del presente, in cui la tecnologia pretende, talvolta, di monopolizzare il pensiero piuttosto che porsi al servizio della conoscenza», mentre «la cultura, al contrario, è rivolgersi a un orizzonte ampio, ribellarsi a ogni compressione del nostro umanesimo, quello che ha reso grande la nostra civiltà».
Attraverso il pensiero di un grande filosofo come Empedocle, Mattarella ha evidenziato che «l’unità degli elementi era la scintilla della nascita di ogni cosa, la separazione invece era causa di morte». Fuoco, terra, aria e acqua racchiusi nel logo della Capitale della Cultura: per il presidente «un simbolo che ripropone la necessità di ricomporre, rigenerare coesione, di procedere insieme».
E lo chiede, ha aggiunto, il ricordo «dei morti delle guerre che insanguinano l’Europa, il Mediterraneo e altre regioni del pianeta; lo impongono le tragiche violazioni dei diritti umani che cancellano la dignità, e la stessa vita; lo esigono le diseguaglianze crescenti. Le povertà estreme, le marginalità».
La coesione sociale è stato uno dei temi che ha segnato come un filo rosso l’intervento di Mattarella, insieme a quello della valorizzazione delle pluralità del Paese. Per il capo dello Stato «natura, storia, cultura sono elementi del nostro patrimonio genetico; le metropoli italiane, mete di turismo crescente, non sono i soli centri di gravità; la ricchezza del nostro Paese sta nella sua pluralità, nella sua bellezza molteplice».
Ai tanti amministratori locali che lo hanno applaudito, ha ricordato che «le inestimabili risorse rischiano di deperire senza cura adeguata» e, citando il poeta britannico Thomas Eliot, ha proseguito: «Se smettiamo di credere al passato, il passato cesserà di essere il nostro passato: diventerà il passato di una civilizzazione estinta».
«SONO EMOZIONATO, questa è una giornata irripetibile» il commento del sindaco Francesco Miccichè, ancora turbato dalle forti critiche ricevute nei giorni scorsi e rientrate per non rovinare la grande cerimonia di apertura. Sottolineando che «Agrigento ha vinto con una proposta credibile», il ministro Giuli però ha avvertito: «Agrigento ha la possibilità di divenire il cardine della rinascita di un territorio ricco di complessità, in un’isola eletta come la Sicilia; ecco la grande occasione da non fallire».
TROPPO RECENTI le polemiche e troppi i problemi sul campo. Lo sa benissimo Schifani: «Abbiamo fatto una grande scommessa per Agrigento e per l’intera Sicilia, la vinceremo», ha detto il governatore, conscio che a partire da oggi si dovranno cominciare a prendere decisioni rispetto alle criticità emerse due giorni fa in un vertice in Prefettura: infrastrutture, ospitalità ricettiva, smaltimento dei rifiuti, carenza di acqua soprattutto nel centro città. «Siamo una squadra, ce la faremo», ha ripetuto Schifani che ha dato mandato a quattro suoi assessori di affiancare l’amministrazione comunale: «Non possiamo fallire».
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